domenica, Maggio 19, 2024
No menu items!
Home Blog Pagina 1431

Fase 2, il report: pochi tamponi in Regioni a più alta incidenza contagi 

[CORONAVIRUS NEWS – Adnkronos]

I tamponi per la diagnosi di Covid-19 non vengono sempre effettuati dove ‘servono’: non c’è chiara correlazione, infatti, tra incidenza dei nuovi casi e numero di tamponi effettuati. Le Regioni italiane con maggiore incidenza settimanale dell’infezione sono Liguria e Lombardia (26 casi ogni 100.000 abitanti), con un valore sensibilmente in diminuzione della Lombardia rispetto alla scorsa settimana (42 casi ogni 100.000 abitanti). Entrambe però effettuano un numero di tamponi per 1000 abitanti pari a quelli della Basilicata, in cui l’incidenza è di appena 7 casi ogni 100.000. Sono alcuni dei dati dell’ottavo Instant Report Altems Covid-19, il report settimanale dell’Alta Scuola di Economia e management dei servizi sanitari dell’Università Cattolica, campus di Roma. 

Eppure, soprattutto in fase 2 – rileva il documento – è fondamentale il rapporto tra numero delle persone positive e il numero di persone testate ogni settimana. Si passa da valori prossimi allo zero (Umbria, Sardegna, Basilicata e Calabria) fino al 6% della Liguria. La Lombardia è al 5%, la media italiana al 2%. “In Liguria e Lombardia – sottolinea Americo Cicchetti, ordinario di Organizzazione aziendale presso la Facoltà di Economia (campus di Roma) dell’Università Cattolica, che coordina lo studio – la quota della popolazione testata sembra molto bassa considerando l’alta incidenza dei contagi registrata nell’ultima settimana: anche se il numero di nuovi casi è in calo, questo non deve portare ad abbassare la guardia. Veneto, Friuli Venezia Giulia, Province Autonome di Bolzano e Umbria sono le Regioni più previdenti sotto questo punto di vista. Infatti, a fronte di una incidenza settimanale di nuovi casi sotto la media nazionale, associano un elevato rapporto tra popolazione e tamponi”.  

Le Regioni continuano a differenziarsi in termini di strategia di ricerca del virus attraverso i tamponi, anche se il trend nazionale è in crescita: rispetto alla settimana scorsa, in Italia il tasso per 100.000 abitanti è passato da 7,07 a 7,14.  

Il tasso settimanale più basso si registra in Puglia (3,06 tamponi per mille abitanti nell’ultima settimana); il tasso più alto si registra nella Pa di Trento (28,38 per mille abitanti) subito dopo la Valle d’Aosta con 17,89 per mille abitanti. Il Lazio si ferma a 4,90, sotto la media nazionale (7,14 tamponi per mille abitanti). Osservando il dato dall’inizio dell’epidemia a livello nazionale il 3,31% ha ricevuto il tampone. Il valore massimo in Valle d’Aosta con il 7,85, il minimo in Campania (1,19%). 

70% REGIONI HA PIANO PER FAR RIPARTIRE SANITÀ – Il 70% delle Regioni italiane ha definito pratiche e raccomandazioni che stanno consentendo di far ripartire l’attività ambulatoriale e chirurgica in elezione, sospese durante la Fase 1 dell’emergenza dovuta alla diffusione del Covid-19, stando a quanto rivela l’ottavo Instant Report Altems Covid-19.  

Nella Fase 2 assume estrema rilevanza l’analisi della ‘readiness’ delle Regioni. Sale a 9 il numero di quelle che hanno definito, seppure con diverso grado di dettaglio, l’assetto della rete ospedaliera per il Covid-19. L’analisi ha messo in risalto la netta differenziazione tra il Centro-Nord del nostro Paese e il Sud. Infatti, al momento solo la Sicilia sembrerebbe aver definito le modalità organizzative per l’assistenza ospedaliera da dedicare ai pazienti con coronavirus tra le Regioni del Sud.  

 

 

image_printStampa Articolo

Coronavirus, altri 156 morti in Italia  

[CORONAVIRUS NEWS – Adnkronos]

L’ultimo bilancio dell’emergenza coronavirus in Italia riporta altri 156 morti. In totale le vittime nel nostro Paese sono 32.486. E’ quanto si sottolinea nel bollettino della Protezione civile sulla situazione dei contagi nel nostro Paese. Il totale delle persone che hanno contratto il coronavirus è di 228.006, con un incremento rispetto a ieri di 642 nuovi casi. 

I dati dell’emergenza in Italia 

Il numero complessivo dei dimessi e guariti sale a 134.560, con un incremento di 2.278 persone rispetto a ieri. Mentre il numero totale di attualmente positivi è di 60.960, con una decrescita di 1.792 assistiti. 

Dal bollettino emerge inoltre che da ieri non si è registrato nessun decesso per il coronavirus in otto Regioni: Puglia, Sicilia, Umbria, Valle d’Aosta, Calabria, Molise, Basilicata e Trentino Alto Adige. Sempre dalla giornata di ieri si sono registrati ‘zero’ contagi in Calabria e in Provincia di Bolzano. 

 

 

 

image_printStampa Articolo

Corona virus e moda: tra difficoltà e ripartenza. Ecco l’intervista al brand “Isabella Romei”

AVERSA. Corona virus e moda. In questo periodo di emergenza tutti i settori sono stati molto colpiti, soprattutto sotto un punto di vista economico. Tra questi, ad aver riscontrato molte difficoltà è stato il settore della moda e in generale, tutto il settore tessile. In particolar modo, i brand di moda che producono abiti cerimoniali hanno trovato un ostacolo non indifferente, data la sospensione di tutte le cerimonie, eventi, gala. Diversi sono stati anche gli interrogativi circa questo settore, e per tale motivo abbiamo pensato di intervistare la casa di moda  “Isabella Romei” couture, brand di moda che produce abiti sartoriali, completamente made in Italy.

Intervista di Carla Caputo al brand “Isabella Romei”

Come ha vissuto e come sta, ancora, vivendo il mondo della moda questo periodo? Quali le difficoltà maggiori?

Il settore moda non fa eccezione rispetto alla crisi generata dal Covid-19, specialmente il settore in cui opera il nostro brand ovvero il Wedding. Per aver chiaro le difficoltà della filiera basti pensare a tutte le consegne della collezione in corso, precedentemente ordinata e confezionata per gli atelier, poi bloccate e rimaste in deposito, data la chiusura delle attività ordinata dai diversi DPCM. Inoltre, essendosi posticipati e annullati matrimoni ed eventi all’anno prossimo, c’è un blocco di acquisti non indifferente. Ciò genera, inevitabilmente, un clima di incertezza e ansie per tutta la filiera che, tradotto in chiave economica, significa posti di lavoro a rischio. Un’altra difficoltà importante per il nostro settore, ma soprattutto per le Startup, è stato l’accesso al credito, in quanto gli indennizzi previsti per autonomi ed artigiani non sono certamente sufficienti per un settore come il nostro. I finanziamenti offertici prevedono comunque la presentazione di bilanci o fatturati precedenti, cosa impossibile e paradossale per aziende che, avendo aperto nel 2020, non rientrano in queste categorie.

Ripartenza: come si sta riorganizzando il brand Isabella Romei?

La ripartenza sarà sicuramente graduale e differita. C’è anche da chiedersi quale sarà, a questo punto, il nostro target di riferimento, considerando che matrimoni ed eventi in genere sono vietati, come del resto tutto ciò che prevede, inevitabilmente, assembramenti.

Sta pensando ad una ripartenza anche attraverso l’inserimento dei suoi capi sul mercato online?

Il mercato on-line non è il più indicato per la ripartenza del mio brand, sia per il costo stesso del prodotto, sia per una questione culturale; in quanto i nostri abiti sono legati ad una tradizione sartoriale con delle fasi di costruzioni ancora manuali. Siamo lontani da prodotti fabbricati in qualche posto del mondo a costi bassissimi. Noi siamo ancora convinti che le eccellenze siano una garanzia per chi produce, ma soprattutto per chi le acquista. Il cliente sceglie i nostri abiti entrando in un atelier e vuole godere a pieno delle emozioni che un capo italiano può dare. Vuole indossarlo, specchiarsi, farsi consigliare dalla consulente di immagine del negozio  oppure da chi è con sé. Questo non è solo comprare un abito, ma vivere un’esperienza; cosa impossibile da provare attraverso lo schermo di un computer.

Una domanda più personale. Quali riflessioni le ha portato il Covid-19?

Carla Caputo

Ritengo che da qualsiasi esperienza si possa trarre un insegnamento. Per  troppo tempo abbiamo ceduto alla tentazione di correre, di produrre collezioni quasi in modo schizofrenico, per essere nelle vetrine prima degli altri. Abbiamo dato per scontato qualsiasi cosa e non abbiamo mai messo in conto il fatto che i nostri piani lavorativi o sociali potessero essere messi in discussione da eventi estranei alla nostra volontà. Un bel colpo all’arroganza umana. Penso che da questa esperienza dovremmo trarre un insegnamento fondamentale: non sempre quello che ci accade nella vita dipende direttamente da noi. Possiamo solo scegliere il modo di vivere, di lavorare e di amare, facendo in modo che sia unico ed irripetibile. Proprio come noi cerchiamo di fare con i nostri abiti.

Carla Caputo

image_printStampa Articolo

Coronavirus, bambini non contagiano? Ecco l’ipotesi 

[CORONAVIRUS NEWS – Adnkronos]

“Bambini untori? Che bambini e adolescenti si ammalino più raramente di Covid-19 è evidente, ma ancora non è ben noto quale sia il loro ruolo nella diffusione dell’infezione. La domanda è: i bambini hanno minore probabilità di infettarsi (e conseguentemente trasmettere l’infezione) rispetto agli adulti? Una comunicazione a ‘Jama’ contiene una prima evidenza importante: i bambini esprimono poco il recettore Ace2 – quello che il Sars-CoV-2 usa per infettare le cellule – nell’epitelio nasale”. A spiegarlo in un post su Facebook è l’epidemiologo Pierluigi Lopalco. 

“Il fatto di avere pochi recettori per il virus in quella che è la porta di ingresso delle infezioni respiratorie – evidenzia l’esperto – giustifica da solo la minore suscettibilità dei bambini all’infezione. Se fosse così, dunque, i bambini oltre ad ammalarsi di meno si infetterebbero anche di meno e sarebbero meno contagiosi. Una buona notizia. Attendiamo ulteriori conferme”, conclude Lopalco. 

image_printStampa Articolo

Coronavirus, 10 motivi contro ‘passaporto d’immunità’: analisi su Nature 

[CORONAVIRUS NEWS – Adnkronos]

L’idea di un passaporto d’immunità a Covid-19 ha conquistato più la stampa degli scienziati. Ora un team dell’Harvard Medical School di Boston elenca su ‘Nature’ dieci motivi per cui i passaporti immunità sono, alla fin fine, una cattiva idea. Questa sorta di certificati rilasciati a persone che hanno avuto Covid-19 e presumibilmente sono immuni dalla malattia finirebbero infatti per causare più problemi di quanti ne risolvano, secondo le due bioeticiste Natalie Kofler e Françoise Baylis.  

“Qualsiasi certificato che limiti le libertà individuali in base alla biologia rischia di diventare un modo per ridurre i diritti umani, aumentare la discriminazione e minacciare piuttosto che proteggere la salute pubblica”, spiegano.  

In primo luogo, questi ‘certificati’ non funzioneranno, precisano le esperte. Gli scienziati non sanno ancora se e per quanto tempo l’infezione con Sars-CoV-2 conferisca immunità. I test sierologici che misurano gli anticorpi nel sangue, aggiungono le bioeticiste, sono ritenuti inaffidabili: molti danno falsi positivi o falsi negativi. Inoltre il livello di test da fare per assicurare alle persone che sono libere di lavorare potrebbe non raggiungere mai una percentuale importante di popolazione, tale da permettere di rilanciare l’economia. 

Peggio ancora, i passaporti di immunità potrebbero portare a nuove forme di discriminazione, scrivono Kofler e Baylis. Inoltre questi esami devono essere abbinati a sistemi “track and trace”, che ‘eroderanno’ la privacy. I test per di più non sono infiniti, quindi è probabile che saranno accessibili a gruppi privilegiati e non a quelli che ne hanno più bisogno: gli emarginati e i poveri. Concentrandosi sull’individuo, concludono le autorici, i passaporti d’immunità agiscono in definitiva contro quello che è un principio cardine della salute pubblica: quello della responsabilità collettiva. 

image_printStampa Articolo

 Coronavirus, in Gran Bretagna superati i 36mila morti  

[CORONAVIRUS NEWS – Adnkronos]

Le autorità sanitarie britanniche hanno riferito che nelle ultime 24 ore sono stati registrati 338 nuovi decessi da coronavirus. In totale, le vittime del Covid-19 nel Regno Unito sono finora 36.042. E’ tuttavia accettato che le vittime reali siano sensibilmente di più, poiché nelle prime settimane di emergenza il bilancio dei decessi teneva conto solamente dei morti negli ospedali e non di quelli nelle case di cura per anziani o nelle abitazioni private.  

image_printStampa Articolo

Gismondo: “Da tampone di Codogno 3 mesi come 300 anni”  

[CORONAVIRUS NEWS – Adnkronos]

Dal tampone di Mattia, il ‘paziente 1′ che svelò l’ingresso dell’epidemia di nuovo coronavirus in Italia, “sono passati 3 mesi che sembrano 300 anni. Covid-19 ci ha traghettato da un pianeta a un altro e ancora non sappiamo se sul pianeta di prima ci torneremo mai”. Descrive un viaggio di sola andata verso un mondo nuovo Maria Rita Gismondo, a capo del Laboratorio di Microbiologia clinica, Virologia e Diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano. E’ nel suo padiglione, il 62 in fondo al labirinto della storica struttura, centro di riferimento nazionale per le malattie infettive insieme allo Spallanzani di Roma, che il campione arrivato da Codogno fu analizzato. “Lo processò una mia collaboratrice, la grande Valeria, che non credeva ai suoi occhi”, racconta Gismondo all’Adnkronos Salute.  

“Era la sera del 20 febbraio – ricorda la microbiologa – Valeria mi ha chiamata, mi sono precipitata in ospedale e ho ripetuto il test: positivo”. La notizia arrivò nelle redazioni in piena notte e il giorno dopo tutto era diverso. Per i media, per la gente, la ‘data X’ è il 21 di 3 mesi fa. “Nella mia vita, professionale e personale, non c’è stato un evento che abbia sconvolto tanto la mia normalità”, confessa Gismondo. La sua e quella di tutto il suo staff: “Qui sono 3 mesi che i miei collaboratori lavorano non meno di 11 ore al giorno – dice – Non si è più contato il numero delle notti in cui sono rimasti e rimangono tuttora, a lavorare”. Senza pause e senza ruoli, come in tantissimi altri ospedali d’Italia in prima linea contro Sars-CoV-2, “tutti disposti con generosità senza fine a fare qualunque cosa sia necessaria in ogni momento”.  

“Ricordo – racconta ancora la direttrice del laboratorio del Sacco – che tutta la notte del 21 febbraio e tutta quella del 22 sono stata in piedi a mandare fax di risposta” sull’esito delle analisi che si moltiplicavano di ora in ora. “Ricordo un laboratorio invaso da tamponi da esaminare”, pieno di provette, ma anche di “grande, immensa solidarietà. C’è stato supporto da parte di tutti”, sottolinea Gismondo. La vicinanza dei cittadini, dei commercianti, delle associazioni, “dei parenti delle persone che lavorano qui. Genitori, mariti che in continuazione ci hanno portato di tutto: dal bagnoschiuma alla pizza, dai fiori ai cioccolatini”.  

Tre mesi densi “come 3 secoli anche dal punto di vista scientifico – osserva la microbiologa – Da quel giorno sono stati fatti tantissimi progressi, dal punto di vista della comprensione del virus e quindi delle possibilità di trattamento dei malati. Con la conoscenza dei vari farmaci, con l’esperienza del loro impiego sulle diverse tipologie di paziente, oggi assistiamo allo svuotamento delle terapie intensive e alla guarigione di un numero sempre maggiore di persone. Tiriamo un sospiro di sollievo – conclude Gismondo – Lo tiriamo, anche se ancora non sappiamo quanto tempo durerà”.  

“Credo che per un aperitivo in più, per un amico che giustamente vogliamo incontrare e magari abbracciare, non sia davvero giusto sprecare i molti sacrifici fatti da tutti: dalle persone che sono state chiuse in casa, con pesanti limitazioni alla libertà individuale, e da noi che abbiamo lavorato tanto”, ha detto ancora invitando tutti alla “responsabilità” in questa fase 2 dell’emergenza coronavirus.  

“Adesso ce ne vuole tanta perché il sacrificio non venga sprecato”, spiega all’Adnkronos Salute. “Per strada vedo ragazzi, persone” non solo giovani, “con la mascherina abbassata e la trovo una cosa molto brutta: la porti perché qualcuno te lo impone, ma fai il furbo e la tieni giù per poi tirarla su quando vedi dei controlli. Allora è più coerente chi non ce l’ha”. La leggerezza della movida post-lockdown “mi dà molto fastidio”, ammette la scienziata.  

“Assolutamente non è così che si può sconfiggere la pandemia”, avverte Gismondo ribadendo il suo invito alla “responsabilità. Servono responsabilità individuale e rispetto per chi Sars-CoV-2 l’ha visto in faccia e ha avuto paura. L’ho provata anche io”, confessa la microbiologa. “Anche io ho temuto di essere positiva – racconta – Il risultato del tampone era incerto, poi lo abbiamo controllato ed era negativo. Ho sperimentato le emozioni di chi aspettava un risultato del genere quando le terapie intensive erano stracolme” e la gente moriva. “Io lo so e chiedo a tutti: non sprecate i sacrifici fatti”. 

image_printStampa Articolo