NAPOLI. Oggi è scoppiato un incendio alle 5 del mattino che ha distrutto la “Venere degli stracci” di Michelangelo Pistoletto, installazione inaugurata dal sindaco Gaetano Manfredi il 28 giugno a Piazza Municipio nell’ambito del programma ‘Napoli contemporanea’ organizzata dal Comune di Napoli e a curata da Vincenzo Trione, consigliere per l’arte contemporanea e i musei. Il fuoco ha sciolto la statua e incenerito gli abiti vecchi che erano parte dell’opera d’arte. Molti i video postati dai passanti che hanno ripreso l’incendio, ancora sono sconosciute le cause del rogo ma è stata esclusa l’autocombustione. Sul luogo sono intervenuti la Polizia Municipale e i Vigili del fuoco che hanno spento l’incendio.
Si ipotizza una challenge sui social. Il sindaco Manfredi ha dichiarato: ” La rifaremo”.
E’ uscito in questi giorni per i tipi della Mazzanti Libri di Venezia, Fazendas, café, cana-de-açúcar, vinha e uvas- Marchigiani in Brasile’ della giornalista pesarese Paola Cecchini. Secondo posto al Premio Letterario Nazionale ‘Dispatriati per opere inedite sulle migrazioni’ (Jesolo, 2022)’-organizzato dall’editrice suddetta, assieme alla Fondazione Italo-Americana Filitalia International con sede a Filadelfia -il libro si immerge nel Brasile, dove molti milioni di migranti si sono diretti nei secoli scorsi e dove più di un milione di italiani (1.423.243 dal 1876-1984) hanno ricostruito e talvolta perduto la loro vita. Attualmente il Paese (27 Stati e 1 distretto federale) vanta circa 30 milioni di oriundi italiani (la maggior popolazione di discendenti di connazionali fuori dal Bel Paese), circa il 15% della popolazione totale.
Partendo dai cartografi e bandeirantes del XVI secolo, il libro racconta la colonizzazione del Paese, l’emigrazione di massa con le sue leggi e decreti vari, soffermandosi sul cammino verso la libertà degli schiavi neri, fino ad arrivare alla Lei Visconde do Rio Branco (Lei do Ventre Livre) del 1871 (che garantiva ai figli di madre schiava la libertà al 21° anno di età) e alla Lei Aurea del 1888 tramite cui la Principessa Imperiale Reggente Isabella Gonzaga d’Orléans-Braganza (figlia e erede del erede dell’imperatore Pietro II) ‘declara extinta a escravidão no Brasil” guadagnandosi il titolo di Redentora. L’autrice si addentra infine nell’era del caffè che segue quella dello zucchero (engenho de açúcar) e dell’oro (con il ritrovamento di giacimenti alluvionali nel Minas Gerais) e che finirà per dominare la vita economica, culturale e sociale dell’intero Paese conferendo a Sao Paulo il titolo di centro dell’immigrazione europea e italiana in particolare, grazie alle aziende di valenti imprenditori (Rodolfo Crespi, Alessandro Siciliano, Egidio Pinotti Gamba, Geremia Lunardelli, il re del caffè) e soprattutto del salernitano Francesco Matarazzo che rappresentava ‘dal punto di vista economico e finanziario il 2° Stato brasiliano’.
La seconda parte del libro è dedicata alla storia di 25 famiglie marchigiane che – attraverso un’agenzia privata accreditata dallo Stato Italiano – comprarono nei primi anni Cinquanta, alcuni appezzamenti di terreno nello Stato di Bahia, sperando di realizzare il sogno della proprietà fondiaria, impossibile nell’Italia dell’epoca (inimmaginabile il boom economico che avverrà 15 anni dopo). Tutto si rivelerà un bluff: catapultati in una realtà completamente diversa dalla loro, vivranno per mesi in regime di semi-schiavitù nelle fazendas di caffé e canna da zucchero negli Stati di Paranà e São Paulo. Soprattutto in queste ultime la situazione era oltremodo pesante, tanto che – in un clima torrido, ‘coperti dalla testa ai piedi’ (perché la canna taglia), ‘con la faccia nera come quella dei carbonari’ (perché occorre bruciarla prima di tagliarla) – dubitarono fin dall’inizio di essere nell’America che in Italia tutti sognavano ma di aver raggiunto ‘quella sbagliata’. Fuggiti di notte con l’aiuto di un prete veneto, si rimboccheranno le maniche e, nelle varie cittadine attorno a São Paulo, costruiranno una seconda vita, godendo di un Paese ospitale e pieno di bellezze naturali, e mai dimenticando le parole del leader della loro avventura ‘ I primi dieci anni sono sempre terribili, si sa, ma dopo passa!’
E’ uscito (in libreria e su Internet) per i tipi della Mazzanti Libri di Venezia, Fazendas, café, cana-de-açúcar, vinha e uvas- Marchigiani in Brasile’ della giornalista pesarese Paola Cecchini. Secondo posto al Premio Letterario Nazionale ‘Dispatriati per opere inedite sulle migrazioni’ (Jesolo, 2022)’-organizzato dall’editrice suddetta, assieme alla Fondazione Italo-Americana Filitalia International con sede a Filadelfia -il libro si immerge nel Brasile, dove molti milioni di migranti si sono diretti nei secoli scorsi e dove più di un milione di italiani (1.423.243 dal 1876-1984) hanno ricostruito e talvolta perduto la loro vita. Attualmente il Paese (27 Stati e 1 distretto federale) vanta circa 30 milioni di oriundi italiani (la maggior popolazione di discendenti di connazionali fuori dal Bel Paese), circa il 15% della popolazione totale.
Partendo dai cartografi e bandeirantes del XVI secolo, il libro racconta la colonizzazione del Paese, l’emigrazione di massa con le sue leggi e decreti vari, soffermandosi sul cammino verso la libertà degli schiavi neri, fino ad arrivare alla Lei Visconde do Rio Branco (Lei do Ventre Livre) del 1871 (che garantiva ai figli di madre schiava la libertà al 21° anno di età) e alla Lei Aurea del 1888 tramite cui la Principessa Imperiale Reggente Isabella Gonzaga d’Orléans-Braganza (figlia e erede del erede dell’imperatore Pietro II) ‘declara extinta a escravidão no Brasil” guadagnandosi il titolo di Redentora. L’autrice si addentra infine nell’era del caffè che segue quella dello zucchero (engenho de açúcar) e dell’oro (con il ritrovamento di giacimenti alluvionali nel Minas Gerais) e che finirà per dominare la vita economica, culturale e sociale dell’intero Paese conferendo a São Paulo il titolo di centro dell’immigrazione europea e italiana in particolare, grazie alle aziende di valenti imprenditori (Rodolfo Crespi, Alessandro Siciliano, Egidio Pinotti Gamba, Geremia Lunardelli, il re del caffè) e soprattutto del salernitano Francesco Matarazzo che rappresentava ‘dal punto di vista economico e finanziario il 2° Stato brasiliano’.
La seconda parte del libro è dedicata alla storia di 25 famiglie marchigiane che – attraverso un’agenzia privata accreditata dallo Stato Italiano – comprarono nei primi anni Cinquanta, alcuni appezzamenti di terreno nello Stato di Bahia, sperando di realizzare il sogno della proprietà fondiaria, impossibile nell’Italia dell’epoca (inimmaginabile il boom economico che avverrà 15 anni dopo). Tutto si rivelerà un bluff: catapultati in una realtà completamente diversa dalla loro, vivranno per mesi in regime di semi-schiavitù nelle fazendas di caffé e canna da zucchero negli Stati di Paranà e São Paulo. Soprattutto in queste ultime la situazione era oltremodo pesante, tanto che – in un clima torrido, ‘coperti dalla testa ai piedi’ (perché la canna taglia), ‘con la faccia nera come quella dei carbonari’ (perché occorre bruciarla prima di tagliarla) – dubitarono fin dall’inizio di essere nell’America che in Italia tutti sognavano ma di aver raggiunto ‘quella sbagliata’. Fuggiti di notte con l’aiuto di un prete veneto, si rimboccheranno le maniche e, nelle varie cittadine attorno a São Paulo, costruiranno una seconda vita, godendo di un Paese ospitale e pieno di bellezze naturali, mai dimenticando le parole del leader della loro avventura ‘ I primi dieci anni sono sempre terribili, si sa, ma dopo passa!’
NAPOLI. Giovedì 29 giugno ore 15.45 nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano, in Largo Banchi Nuovi, si è tenuto il primo seminario del ciclo di incontri promosso dall’Ordine degli Ingegneri di Napoli ideato per i giovani ingegneri che si avvicinano al mondo del lavoro.
Il seminario dal titolo “Marketing, postura, public speaking e approccio ai colloqui: saper comunicare oltre che saper fare”, è stato è stato organizzato dalla Commissione “Giovani”, coordinata da Vittorio Piccolo, presieduto da Gennaro Annunziata, in collaborazione con la commissione “Soft Skills” dell’Ordine, coordinata da Francesca Fonderico e la FIBART.
Il seminario si inquadra nell’ambito del ciclo “Strumenti per l’accesso ed esercizio della professione”, l’incontro è stato aperto dai saluti di Luigi Vinci, presidente della Fondazione Ingegneri per i Beni culturali, Arte e Tecnologia (Fibart), sono seguite le relazioni di Rossana Piccolo (docente di Marketing all’Università di Teramo) e di Ilaria La Mura (psicologa psicoterapeuta cognitivo comportamentale e giornalista televisiva) che ha trattato i temi della comunicazione, programmazione neuro-linguistica (PNL), public speaking, colloqui di lavoro.
Vittorio Piccolo al termine dell’incontro ha dichiarato: “Come ordine degli ingegneri siamo molto soddisfatti della riuscita di questo evento organizzato dai nostri giovani ingegneri. Al tempo d’oggi saper comunicare e valorizzare il proprio lavoro è fondamentale, così come approcciarsi alle nuove tecnologie ed alle comunità virtuali. Seguiranno altri eventi su altrettanti interessanti argomenti, utili all’avvio alla professione e dunque rivolti principalmente ai giovani. Nel frattempo ringrazio gli intervenuti e le bravissime relatrici di oggi nonché il presidente della FIBART ing. Vinci per averci ospitati nella bellissima chiesa di SS Cosma e Damiano.”
Riparte il bando per il Premio Letterario di Poesia “MVautore” –Seconda Edizione 2023. Dopo il grande successo per la Prima Edizione 2022, dal 20 Gennaio 2023 al 30 Marzo 2023 ritorna il Premio Letterario di Poesia “MVautore”. Ci saranno delle importanti novità e tanti premi – spiega il prof. Michele Vario,Presidente e organizzatore del concorso di Poesia.La partecipazione è gratuita e aperta a tutti, quattro le categorie premiate e ulteriori riconoscimenti per i classificati in graduatoria di merito. Inoltre, saranno poi selezionate per la pubblicazione del libro speciale, un’antologia che rappresenterà una forma letteraria di poesie d’autore, le opere che risulteranno idonee rispetto al regolamento del Premio di Poesie d’Autore. La selezione delle opere sarà gestita da una giuria tecnicache osserverà le forme note per l’assoluta imparzialità. Verranno rispettati i valori che valorizzeranno l’eccellenza, indipendentemente dalla provenienza dei partecipanti – continua il Responsabile del concorso.Il bando e il modulo di iscrizionesono disponibili sul sito web www.mvautore.com nell’area dedicata al Premio Letterario e sul prestigioso portale www.concorsiletterari.net tra i siti più visitati sul web. Meritocrazia e trasparenza saranno le basi per una giusta competizione, la poesia tiene viva la mente, resta l’arte raffinata, un lusso da proliferare, l’incantesimo… eterna! – conclude il prof. Michele Vario.
Chi conosce Berchidda? Pochi. E’ un comune italiano di circa 2.500 abitanti della provincia di Sassari. ai piedi del Monte Limbara che- per posizione, linguaggio e cultura- fa parte della sub-regione storica del Monte Acuto, sebbene il territorio comunale comprenda, per ampi tratti, terreni della Gallura. Da anni questo piccolo paese è diventato la capitale sarda del jazz :Paolo Fresu – che qui è nato – vi ha costituito Insulæ Lab , ‘un’officina creativa aperta al mondo’ cui l’Associazione Time in Jazz ha donato impegno ed attenzione, linfa e cure che hanno dato sostanza e forma al primo centro di produzione del jazz e della creatività artistica del Mediterraneo.
Quest’anno il Festival ha celebrato la 35a edizione (7- 16 agosto 2022). Come sempre, l’inizio è sul traghetto Livorno-Olbia, con la Funky Jazz Orchestra; il finale si tiene nella Peschiera di San Teodoro, uno dei percorsi naturalistici più belli della Sardegna, nel mezzo i borghi più caratteristici del Nord Sardegna come Arzachena, Budoni, Luogosanto, Porto Rotondo, San Teodoro, Tempio Pausania e Tula, per citarne alcuni. L’edizione 2022 era intitolata Rainbow, volta a rappresentare anche un ponte verso l’accettazione dell’altro ed il rispetto delle diversità etniche e di genere. D’altronde, come ricorda lo stesso Fresu, la musica jazz si generò proprio da questo: ‘Il jazz nasce dalle diversità. Se non ci fossero state le migrazioni verso le Americhe del secolo scorso non si sarebbe creato quel crogiuolo di razze che ha dato vita ad uno stile musicale che ha rivoluzionato e arricchito il Novecento’.
Fresu, vulcano di esperienze ed idee (ha registrato 120 album, si è esibito nei più importanti festival italiani e internazionali, ha insegnato musica, ha ricevuto numerosissimi premi come miglior artista e miglior leader di gruppo, ha collaborato con musicisti dalla più diversa formazione e provenienza) inaugurerà la rassegna ‘Senigallia Concerti’ il 27 p.v. presso il Teatro ‘La Fenice’ di Senigallia con ‘Back to Bach’ (ritorno a Bach). Il programma dello spettacolo comprende musiche di grandi jazzisti e musicisti contemporanei capaci di muoversi con abilità tra i diversi mondi musicali, in un percorso a ritroso fino alla musica di Johann Sebastian Bach che Fresu, in una sua intervista, definisce ‘il più grande improvvisatore’. Per Fresu la musica di Bach rappresenterà la possibilità di entrare in punta di piedi nel repertorio barocco, con il suo stile inconfondibile, legato alla ricerca straordinaria di suono che caratterizza le sue esecuzioni, affiancando il musicista tedesco alle musiche di altri celebri jazzisti come Richard Galliano e Uni Caine.
‘Un progetto innovativo e di grande successo nel mondo del jazz – commenta Federico Mondelci direttore artistico della rassegna– Fresu ci proietta in un mondo senza tempo, dove la musica jazz, la musica classica e l’improvvisazione si compenetrano abbattendo ogni confine tra i generi musicali: il suono della sua tromba si fonde mirabilmente con le straordinarie sonorità dell’orchestra d’archi composta da violini, viole, violoncelli e contrabbassi’. ‘La mia presenza a Senigallia assieme a quella dei Virtuosi Italiani che mi accompagnano per l’occasione – ha detto Paolo Fresu – assume un significato speciale, in relazione ai fatti che hanno devastato la città. Musica è sinonimo di solidarietà e poesia, ed il linguaggio dei suoni è sempre capace di unire e connettere cuori e pensieri oltre che ricostruire luoghi e coscienze. È con questo spirito che condivideremo, assieme alla Città, il barocco antico e contemporaneo in chiave jazz di Back to Bach’.
L’orchestra ‘I Virtuosi Italiani’ di cui è ancora vivo a Senigallia il ricordo del prodigioso concerto tenuto lo scorso anno a ‘La Fenice’ assieme al violinista Uto Ughi, è partner ideale per questo progetto innovativo, un ensemble riconosciuto internazionalmente come una delle punte di diamante del panorama musicale italiano, composto da artisti particolarmente abili ad interpretare il repertorio classico, dal barocco fino al contemporaneo collaborando, tra l’altro, con musicisti come Ludovico Einaudi e Giovanni Allevi. Non mancate!
Evento pubblico giovedì 16 settembre (ore 18,30) presso la Stazione Enogastronomica della Valle dell’Ufita (Località Sant’Antuono) del Comune di Trevico (Avellino)
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Venerdì 16 settembre, alle ore 18,30, presso la Stazione Enogastronomica della Valle dell’Ufita (Località Sant’Antuono) del Comune di Trevico (Avellino), è in programma la manifestazione simbolica con la quale Sidigas Spa accenderà la fiammella che consentirà di portare il Gas metano ad 8 Comuni del territorio della Baronia e cioè: Castel Baronia, Carife, San Nicola Baronia, San Sossio Baronia, Trevico, Vallesaccarda, Scampitella e Vallata.
L’opera sarà presentata nel corso di un incontro pubblico al quale parteciperanno il Sindaco di Trevico Nicolino Rossi, l’Amministratore Delegato di Sidigas Spa Dario Scalella e il Presidente della Giunta della Regione Campania Vincenzo De Luca. Sono stati invitati a partecipare, fra gli altri, S.E. il Vescovo di Ariano Irpino – Lacedonia, Mons. Sergio Melillo, il Prefetto di Avellino Paola Spena, il Presidente della Provincia di Avellino Rino Rizieri Buonopane e il Presidente della Comunità Montana Raffaele Fabiano.
LA STORIA
La metanizzazione degli 8 Comuni della Baronia (compresi nel Bacino Campania 06) è un momento atteso da tempo dalle comunità irpine: arriva infatti a compimento un lungo percorso che, tra difficoltà giudiziarie e complessità burocratiche e realizzative, dura da circa 20 anni.
È stata la nuova amministrazione di SIDIGAS, guidata dall’Amministratore delegato Dario Scalella e dal custode giudiziario Francesco Baldassarre, a dare un nuovo impulso ai lavori affidati nel 2003 alla vecchia gestione e praticamente fermi dal 2009 (salvo alcune brevi e limitate riprese parziali).
Grazie all’attività di Scalella e Baldassarre e alla credibilità della nuova gestione, il rapporto di Sidigas con gli amministratori comunali del Bacino Campania 06
(che nel 2016 avevano disposto la risoluzione contrattuale e pubblicato un nuovo bando di affidamento) è stato ricostruito e sono state sottoscritte idonee transazioni con tutti i Comuni garantendo così la ripresa dei lavori.
I lavori per la metanizzazione degli 8 Comuni della Baronia sono ripresi fisicamente e continuativamente nel maggio 2021, dopo aver assolto a tutti i necessari adempimenti normativi e aver ricevuto i necessari avalli dai giudici che nel frattempo si sono alternati nella gestione del procedimento.
Sidigas, che aveva subito un sequestro giudiziario per la vecchia gestione con provvedimento della Procura di Avellino (Pm titolari dell’indagine Vincenzo D’Onofrio e Vincenzo Russo), convalidato dal Gip del Tribunale di Avellino, Marcello Rotondi, ha visto infatti nel tempo trasferire per competenza la propria procedura giudiziaria prima da Avellino a Napoli, con il Gip Linda Comella che ha convalidato il sequestro a marzo 2021, e poi nuovamente ad Avellino con la convalida emessa dal Gip Rotondi.
A dicembre 2021 è stata messa in esercizio la prima parte degli impianti al servizio di 4 Comuni, e cioè Castel Baronia, Carife, San Nicola Baronia e San Sossio Baronia. Lo scorso maggio sono stati messi poi in esercizio nuovi tratti di rete al servizio dei restanti 4 Comuni, e cioè Trevico, Vallesaccarda, Scampitella e Vallata. Nel corso dell’ultimo mese è stata resa infine possibile la fornitura del gas al piano di insediamento produttivo del territorio comunale di Vallata.
I NUMERI
I lavori proseguiranno: finora è stato infatti messo in esercizio l’80 per cento della rete ed è stato realizzato circa il 40% degli allacciamenti. La rete di distribuzione è di 74701 metri, con 1337 diramazioni, 236 Pdr (punti di riconsegna) e 19 clienti attivi.
Le richieste di allacciamento finora pervenute sono circa 1000, 600 delle quali confermate con l’accettazione del preventivo, a fronte di un bacino potenziale di 3000 clienti finali servibili, probabilmente a causa del contesto attuale del mercato energetico che per il momento non favorisce il pieno utilizzo della nuova infrastruttura da parte dei 2000 residenti attualmente servibili.
AVERSA. Il 16 settembre ore 19.00 presso la Galleria d’arte Par’bleu si terrà la presentazione del libro “Caro figlio” di Elena Nugnes, docente e scrittrice.
Saranno presenti all’evento l’autrice del libro Elena Nugnes, l’avvocato Gianni Puca che aprirà la presentazione con i saluti, la moderatrice dell’evento l’avv. Maria Carla Abate presidente dell’associazione Artedonna e gli psicologi psicoterapeuti Veronica della Noce e Pino Tartaglia.
L’incontro è stato organizzato dall’Associazione Artedonna e le lettrici saranno: Mena Santillo e Rosalba Mottola.
Cent’anni fa, il primo febbraio del 1922, nasceva a Pesaro una delle più grandi, famose e amate cantanti liriche di tutti i tempi: il soprano Renata Tebaldi. La sua voce (definita ‘d’angelo’ dal Maestro Arturo Toscanini) fu considerata la più bella voce lirica del dopoguerra: ampia e calda, ‘seppur poco portata alla coloratura e non di ampissima estensione’, era caratterizzata da un timbro sopraffino, frutto di grande musicalità e scuola irreprensibile.
Il suo repertorio, senza essere sterminato, toccò anche Rossini (Assedio di Corinto, Guglielmo Tell) e Wagner (Lohengrin, I Maestri Cantori,Tannhauser) sebbene eccelse nei ruoli lirici della fine del XIX secolo: le opere di Verdi, Boito, Catalani e quelli della cosiddetta Giovane Scuola: Puccini e Giordano. Cantò sempre e solo in italiano: per non intaccare la bellezza proverbiale della sua voce, evitò il francese per non assumere intonazioni nasali ed il tedesco per evitare i suoni gutturali. Tra i personaggi che meglio identificano Renata Tebaldi (‘Miss Sold Out’, come veniva chiamata in America) c’è sicuramente Desdemona (protagonista femminile dell’Otello di Verdi), con cui debuttò negli USA nel 1955 accanto a Mario del Monaco, uno dei più osannati Otello di tutti tempi, sebbene i giornali scrissero in quell’occasione ‘In questo caso l’opera dovrebbe intitolarsi Desdemona’.
Lui non ne fu, ovviamente, particolarmente lusingato, anche se con Renata costituì una delle coppie liriche più affiatate, senza mai uno screzio. Al Metropolitan la Tebaldi regnò indisturbata per quasi vent’anni e quando vi tornò nel 1995 (dopo circa vent’anni di assenza) per presentare la sua biografia, il sindaco Giuliani le organizzò una settimana di festeggiamenti, coronata da un ‘Tebaldi’s day’. Le persone che sfilarono al Lincoln Center per incontrarla e farsi firmare il libro furono stimate intorno alle 5.000: strinse le mani degli ammiratori per otto ore. il 23 maggio 1976, esattamente trentadue anni dopo il giorno del suo debutto (Rovigo, 1944), all’apice del successo e per pura coincidenza, si presentò al pubblico per il suo ultimo concerto finale concedendo sette bis. Chiuse la serata con ‘Non ti scordar di me’.
Nata a Pesaro cinque anni fa (debutto a Lampedusa il 1° aprile 2017) con l’obiettivo di ‘portare al limite’ il concetto conosciuto di orchestra da camera (ogni strumento orchestrale è presente ma rappresentato da un solo esecutore, pur rispettando la cura e la raffinatezza del suono che caratterizzano l’ensemble da camera), l’originalissima WunderKammer Orchestra (plurale per definizione, vale a dire una camera delle meraviglie in cui poter scoprire cose inaspettate, sorprendenti e curiose) ha organizzato ieri 7 agosto ‘Renata Tebaldi, donna e artista’ seguendo gli intendimenti della Fondazione Museo Tebaldi di Busseto: celebrare il soprano creando eventi divulgativi ed allo stesso tempo far riconoscere il melodramma come strumento di ‘straordinaria promozione della cultura italiana nel mondo’. “L’assoluto prestigio mondiale che dal 1944 al 1976 è stato attribuito a Renata Tebaldi l’ha trasformata in una figura simbolica italiana al pari dei più grandi artisti della storia della cultura di ogni epoca”: quale miglior veicolo, quindi?
L’iniziativa- realizzata con il patrocinio del Comune di Pesaro (Assessorato alla Bellezza), la collaborazione della Fondazione Cassa di Risparmio cittadina, il contributo di Sistemi Klein (main sponsor), Banca Popolare Valconca, Rotary Pesaro Rossini e la collaborazione di Ceramiche Bucci, Giardino di Santa Maria, Roberto Valli Pianoforti, UP Studio- si è concretizzata in una tavola rotonda ed un concerto lirico, presso il Palazzo Montani Antaldi che dall’estate 2019 accoglie il Museo Nazionale Rossini, museo innovativo pensato per un viaggio a 360° nel mondo del Maestro pesarese.
La tavola rotonda (a contenuto specialistico ma di registro divulgativo) è stata costellata di testimonianze e filmati per far luce sulla statura artistica del soprano, sulla sua rigorosa sapienza di musicista ed il suo glamour: Renata era bella, grande, maestosa (‘tanta’, come usano dire gli uomini) con grandi occhi azzurri e le fossette nelle guance che assicuravano cordialità.
Sono intervenuti Michael Aspinall (musicologo e storico della vocalità, docente e cantante lirico, che collabora da circa vent’anni con il ROF), Carla Maria Casanova (giornalista e scrittrice, autrice della biografia ufficiale della Tebaldi commissionata dalla stessa artista), Alessandra Rossi (soprano, docente di canto e referente artistica della Divisione Opera della WKO), nonché Oreste Bossini (critico musicale, giornalista e scrittore). Ha svolto le funzioni di moderatore il presidente della WunderKammer Orchestra, Stefano Gottin, che vanta grande conoscenza musicale. Dopo cena, nel cortile d’onore del Palazzo ha avuto luogo il concerto solistico con il soprano Diana Gouglina. Bulgara, recente Elektra (Richard Strauss) al Politeama Garibaldi di Palermo, Diana si è esibita in un programma tebaldiano accompagnata dal pianista Lorenzo Bavaj, solista di profilo internazionale, che dal 1989 accompagna José Carreras al pianoforte nei teatri d’opera e nelle sale da concerto più famosi del mondo.
Avvolta in uno splendido abito da sera color rubino, lungo fino ai piedi, bella e sicura di sé, ha cantato ‘La regata veneziana’ (‘Soirées musicales’ n.9 di Rossini), ‘Pace mio Dio’ (‘La forza del destino’ di Verdi), ‘Il est doux, il est bon’ (‘Hérodiade’ di Jules Massenet). Il pianoforte solo del Valse Coquette di Ruggero Leoncavallo ha interrotto per un momento la sequenza del soprano che -dotata di forte presenza scenica e attoriale- è ripresa con un cavallo di battaglia della Tebaldi, ‘Ecco, sospiro appena…. Io son l’umile ancella’ da ‘Adriana Lecouvreur’ di Francesco Cilea. A chiudere due arie di Puccini: ‘Tu, tu piccolo iddio’ da ‘Madama Butterfly’ e ‘Sola, perduta, abbandonata’ da ‘Manon Lescaut’ ed infine il bis ‘L’invito’ (‘Soirées musicales’ n.6 di Rossini). Una piacevole serata! Paola Cecchini
La Redazione sottopone all’attenzione dei lettori un evento organizzato con cadenza annuale a Piedimonte Matese dall’Associazione Byblos con l’amministrazione Comunale. Domenica 3 luglio, a partire dalle 19.00, nelle vie, piazze e palazzi del centro della città, andrà in scena la decima edizione di ILLUMINARTI, uno spettacolo di luci e musica davvero da non perdere. Per l’edizione 2022 ci sarà un Main Sponsor d’eccezione “SNIE ENERGY”https://www.snie-energy.it/ che punta forte alla valorizzazione della cultura e dello sport.
Di seguito il link alla pagina Facebook di ILLUMINARTI, il programma ed il cartellone con evidenza dei main sponsor.
Conosco l’espressione ‘L’ARTE E’ VITA’ fin dalla sua nascita (aprile 2020): ne ho scritto per prima su una testata giornalistica (Quarto Potere). E’ il titolo di una petizione promossa dal violinista Alessandro Quarta (unitamente al violoncellista Mario Brunello e all’attore Alessio Boni), lanciata da Danilo Rossi (prima Viola Solista dell’Orchestra del Teatro alla Scala), in occasione della pandemia. La petizione (27.000 firme in pochi giorni) sottolineava diverse situazioni:
che lo streaming (sostenuto e sbandierato da più parti) non avrebbe mai potuto sostituire lo spettacolo dal vivo, dato che (come dice la parola stessa) deriva da ‘stream’ (corso d’acqua, ruscello) mentre l’arte ‘è un fiume in piena’;
che l’artista ha bisogno della presenza del pubblico ed il pubblico ha bisogno dell’energia dell’artista: ‘Un violino Stradivari porta con sé la storia del suo suono. Nato in un bosco, non potrà mai essere riprodotto fedelmente da nessuna tecnologia. E allo stesso tempo lo spettatore digitalizzato non è paragonabile a quello dal vivo che, appunto, vive l’opera d’arte insieme a chi, in quel momento, la sta creando’; -che i lavoratori dello spettacolo dal vivo, i cosiddetti ‘intermittenti’, stavano vivendo una situazione economica seriamente compromessa a causa dell’isolamento provocato dalla pandemia e necessitavano di urgenti provvedimenti governativi.
Senza inutili giri di parole, il giorno di Ferragosto 2020 Danilo Rossi esprimeva in modo forte e chiaro l’atto di accusa verso coloro (‘sindacati, direttori artistici, professori d’orchestra a tempo indeterminato e comunque, a tutti coloro che hanno lo stipendio garantito’) che nel frattempo nulla o quasi avevano fatto a favore dei lavoratori suddetti (circa 500.000 unità) al tempo senza alcuna retribuzione: nonostante avessero sempre versato i contributi per il Fondo di Integrazione Salariale (FIS), si trovavano esclusi dalla maggior parte delle misure di sostegno previste dal decreto ‘Cura Italia’. Di certo ‘la primissima Viola della Scala’ – come l’ha definito il famoso direttore d’orchestra Zubin Metha- si è speso fino in fondo nel sostegno alle proprie idee, tanto che il mensile ‘Classic Voice’ l’ha inserito -accanto al presidente del ‘Festival di Salisburgo’ Helga Rabl-Stadler, al sovrintendente del Teatro ‘La Fenice’ Fortunato Ortombina, al sovrintendente del ‘Macerata Opera Festival’ Luciano Messi, alla coppia che guida il Maggio Musicale Fiorentino Alexander Pereira-Zubin Mehta, nonché ai direttori Riccardo Muti e Antonio Pappano -tra i dieci personaggi più rilevanti del mondo musicale 2020, definendolo ‘voce isolata ma potente…un ribelle positivo, che ha rovesciato il clichè dell’orchestrale passivo, richiamando la Scala ai suoi doveri di teatro-guida’.
Volendo rappresentare un inno alla riapertura degli spazi teatrali e musicali, l’espressione ‘L’ARTE È VITA’ è diventata un motto. Sotto questa egida si è svolto nel giugno 2020 ad Arte Sella di Borgo Valsugana (Tn) ‘Esercizi e Variazioni’, un raffinatissimo recital musicale in cui le ‘Variazioni Goldberg’ di J.S.Bach sono state associate agli ‘Esercizi Letterari’ di R. Queneau. I cosiddetti ‘quattro Moschettieri’ (Rossi, Quarta, Brunello, Boni) hanno replicato l’evento il 1°luglio successivo a Forlì inaugurando il cartellone estivo dell’omonima rassegna musicale, patrocinata dal Comune e dalla neonata Associazione ‘ForlìMusica’ (costituitasi tramite la fusione degli ‘Amici dell’Arte’ con l’Associazione ‘Maderna’). In tale occasione è stata aperta al pubblico l’Arena ‘San Domenico’ (nome al tempo conosciuto ai più per gli splendidi musei che visitiamo ogni anno per ammirare prestigiose mostre di pittura e fotografia). La rassegna è proseguita l’anno scorso con buon successo di pubblico e critica. La presentazione della terza edizione é avvenuta ieri presso l’Ottantadue Music Club (delizioso locale al piano terra di un palazzo antico) alla presenza di Paola Casara (Assessore alle Politiche giovanili) del Comune forlivese, Danilo Rossi (Direttore Artistico ForlìMusica) ed il Quartetto di Sassofono del Liceo Musicale Canova che ci ha deliziato con alcuni brani. Due i luoghi deputati alla manifestazione musicale (12 giugno – 5 agosto 2022): -l’Arena San Domenico con i concerti di *Gabriele Mirabassi (clarinetto) e l’Orchestra del Liceo Canova (12 giugno 2022) *Paola Turci, Danilo Rossi (viola) e Stefano Nanni pianista e direttore dell’Orchestra del Liceo Canova e dell’ Orchestra Bruno Maderna (19 giugno 2022) *Extra Liscio e Roberto Molinelli alla guida dell’Orchestra Bruno Maderna (26 giugno 2022) *Alice (30 luglio 2022) *Banda Osiris, Le dolenti note (5 agosto 2022) e -la Fabbrica delle Candele (centro polifunzionale dedicato alla creatività e alla formazione giovanile) con i concerti di *Elisa Citterio (violinista barocca) e l’Orchestra Bruno Maderna (5 luglio 2022) *Mario Brunello (violoncello), Danilo Rossi (viola) e l’Orchestra Bruno Maderna (8 luglio 2022) Nei sette spettacoli che compongono il cartellone le parole si intrecciano con la musica classica, contemporanea, jazz e ‘punk da balera’ abbracciando effetti visivi e computer sound: una vera contaminazione di suoni, immagini ed effetti scenici. Da non perdere!
Le opere del Settecento sono state poco rappresentate nella storia del Teatro Filarmonico di Verona che pure alla sua nascita è stato determinante nello sviluppo della Baroque Renaissance. La prima rappresentazione in tempi moderni dell’ Orlando furioso di Antonio Vivaldi (1678-1741) avvenne il 1978 ad opera del M° Claudio Scimone e la regia di Pier Luigi Pizzi con una straordinaria Marilyn Horne nei panni del protagonista : fu un evento eclatante, tanto da essere replicato a grande richiesta la stagione successiva. Dopo quarantatré anni di assenza, quello che oggi è tra i più significativi titoli del famoso Prete Rosso (come veniva chiamato per il colore dei capelli) è tornato l’8 maggio sulle scene veronesi con il profumo della riscoperta (repliche 11, 13 e 15 p.v.). Le quattro recite hanno visto sul palcoscenico del Filarmonico l’elegante allestimento creato per il Festival della Valle d’Itria (2017) ed il Teatro La Fenice di Venezia (2018) dalla regia del giovane Fabio Ceresa, grazie alle splendide scene realizzate da Massimo Checchetto, ai costumi firmati da Giuseppe Palella ed al progetto luci curato da Fabio Barettin. La regia, di straordinaria eleganza, punta su due elementi fantastici che da sempre dominano l’immaginario del capolavoro dell’Ariosto: l’ippogrifo (che grazie ai movimenti mimici di Silvia Giordano sembra una creatura viva) e la luna che presenzia sullo sfondo la scena e che al suo interno racchiude il mondo fatato dell’isola della conturbante maga Alcina. E’ bastata la prima scena, con l’apparizione della luna sullo sfondo, per far venire alle labbra di tutti gli spettatori l’incipit dell’Orlando Furioso (‘Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto’), capolavoro letterario assoluto, che il poeta ferrarese scrisse nei primi decenni del 1500, in pieno Rinascimento.
Giulio Prandi, alfiere del repertorio barocco a Verona, è tornato al Filarmonico dopo il successo del Dido and Aeneas trasmesso in streaming e alcune esecuzioni del Messiah haendeliano (2021): ha diretto l’Orchestra su strumenti moderni integrandoli ai suoni di due cembali ed una tiorba (strumento musicale a corde pizzicate, della famiglia dei liuti, detto anche chitarrone) ed il Coro preparato da Ulisse Trabacchin. Per la prima volta a Verona, inoltre, Orlando furioso si esegue nell’edizione critica curata da Federico Maria Sardelli.
Tutto il cast, specializzato in ambito vivaldiano, è stato all’altezza della situazione e pertanto salutato con vivo successo dal pubblico a partire da Teresa Iervolino (per la prima volta nel ruolo del titolo), previsto sin dall’origine come gli altri ruoli maschili per voci femminili o castrati. Come lei, nei panni virili si sono calate Sonia Prina (Ruggiero) e Laura Polverelli (Medoro) affiancando Chiara Tirotta (Bradamante) e Francesca Aspromonte (Angelica). Completavano il cast Christian Senn ( Astolfo) e Lucia Cirillo nella parte della maga Alcina, vero deus ex machina dell’opera, attorno a cui ruotano gli amori e le passioni dei paladini cavallereschi, veri o frutto di sortilegi e seduzioni che lei gestisce ed alimenta. Io non riuscivo a togliere gli occhi dalle scene, sontuose ed allo stesso tempo funzionali ai movimenti dei personaggi, abbigliati con stupendi costumi colorati ed adorni di luccichii.
La storia di quest’opera (dramma in tre atti) parte da lontano. Nella stagione 1713, presso il piccolo Teatro Sant’Angelo di Venezia, era stata allestita con successo un’opera del compositore bolognese Giovanni Alberto Ristori su libretto di Grazio Braccioli dal titolo ‘Orlando furioso’. Vivaldi si appassionò al soggetto e chiese al poeta ferrarese di adattargli un nuovo testo, questa volta ispirato maggiormente all’’Orlando innamorato’ di Matteo Maria Boiardo (1495). L’opera (la prima scritta dal compositore veneziano per Venezia e la seconda dopo l’esordio in teatro con l’’Ottone in villa’ presentata a Vicenza nel maggio del 1713) andò in scena nel novembre 1714 riscuotendo una tiepida accoglienza: per rimediare al fiasco la direzione del Teatro impose il riallestimento del lavoro di Ristori al quale Vivaldi apportò alcuni cambiamenti con l’aggiunta di qualche aria per il nuovo cast. Dopo un esilio artistico iniziato nel 1718 verso Milano e Roma, Vivaldi rientrò nel 1725 a Venezia e riallacciò i rapporti con il Teatro che lo assunse ufficialmente come ‘direttore delle opere in musica’ fin dalla stagione autunnale del 1726. Si trattò di un nuovo slancio per la sua carriera lirica che lo porterà a scrivere in meno di cinque mesi tre capolavori come ‘Dorilla in Temple’ (Teatro Sant’Angelo, novembre 1726), ‘Ipermestra’ (Teatro della Pergola di Firenze, gennaio 1727) e ‘Farnace’ (Teatro Sant’Angelo, Carnevale, 1727). Per la stagione autunnale 1727 il Compositore decise di porre rimedio alla defaillance occorsa tredici anni prima musicando nuovamente l’Orlando. Recuperò la prima versione del libretto di Braccioli (la più fedele all’originale letterario) e – seguendo una prassi allora consueta – inserì alcune arie tratte da precedenti opere nella nuova versione: In questa veste lo ripresentò al pubblico veneziano il 10 novembre successivo, come opera inaugurale, affidando il ruolo di protagonista al mezzosoprano Lucia Lancetti, specialista in ruoli ‘en travesti’. Il successo che accolse l’Orlando è documentato dal fatto che una decina di arie sono state da Vivaldi riprese – anche se con modifiche – nell’opera ‘Atenaide’ andata in scena a Firenze nel 1729. A parte una ripresa a Bergamo durante il Carnevale del 1738 l’opera cadde comunque in oblio, come quasi tutte le consorelle dell’epoca barocca, fino alla trionfale ripresa moderna con la regia di Pizzi e l’interpretazione della Horne di cui si è detto sopra. E’ stata quindi ripresa a Dallas, Nancy, Parigi e San Francisco aprendo la via al suo successivo rientro nel repertorio dei teatri lirici internazionali e segnando la rinascita in epoca moderna di un interesse a livello mondiale per le opere del violinista veneziano. Paola Cecchini
La musica gitana di Danilo Rossi al Teatro ‘Pavarotti-Freni’ di Modena
Prendete un violista famoso o meglio ‘la primissima Viola della Scala’ come l’ha definito l’illustre direttore d’orchestra Zubin Metha, generoso e determinato nelle battaglie sociali che ha portato avanti in tempo di pandemia tanto che il mensile ‘Classic Voice’ l’ha inserito – accanto al Presidente del Festival di Salisburgo, al Sovrintendente del Teatro ‘La Fenice’, alla coppia che guida il ‘Maggio Musicale Fiorentino’ Alexander Pereira o stesso Mehta, nonché ai direttori Riccardo Muti e Antonio Pappano – tra i dieci personaggi più rilevanti del mondo musicale 2020: Danilo Rossi
-Unitevi un mago del cymbalon, tipico strumento dell’Europa Centro-Orientale (diffuso soprattutto in Ucraina, Bielorussia, Ungheria e Slovacchia) il cui suono (ottenuto pizzicando le corde con bacchette ricoperte di cotone) è una via di mezzo tra quello di un pianoforte e di una chitarra: Marian Serban
-aggiungete un fisarmonicista che suona il tango in un modo per noi inconsueto: Albert Florian Mihai
-aggregatevi le note profonde e misteriose del contrabbasso di Nicolae Petre, nato come i colleghi su-menzionati in Romania da famiglie di musicisti rom, tutti carichi di esperienze musicali accumulate nelle più disparate situazioni e confluite nel quartetto Taraf de Metropulitana e nell’Orchestra di Piazza Vittorio, diventando membri stabili della Moni Ovadia Stage Orchestra.
Agitate il tutto e sbattete forte più volte. Il cocktail che ne risulta si chiama ‘New Gipsy Project’: ho avuto modo di assaporarlo seduta al Teatro Pavarotti-Freni di Modena il 10 maggio.
‘Il progetto nasce dall’idea di unire la tradizione musicale ‘zingara’ con il repertorio dei grandi compositori romantici e contemporanei che si sono ispirati alla musica folk e tradizionale gitana. Grazie alla curiosità di compositori celebri e non che hanno attinto a piene mani dalle melodie balcaniche slave e rumene, oggi è possibile ascoltare capolavori che hanno valicato i confini degli Stati diventando patrimonio collettivo’- mi ha spiegato Rossi.
‘La presenza della musica Rom (è questo il termine appropriato) in Europa è molto antica: già verso il 1430 un’orchestra ‘zingara’ suonava alla corte di Sigismondo di Lussemburgo, re d’Ungheria, Imperatore del Sacro Romano Impero (1433-1437)’ – mi racconta il mio amico Santino Spinelli, musicista, autore del libro ‘Le verità negate’, dal 2001 rappresentante per l’Italia al Parlamento dell’Unione Internazionale Romaní (IRU), organizzazione non governativa con sede a Praga, attiva nel campo dei diritti dei popoli Rom a cui è stato garantito lo status consultivo presso alcuni organi delle Nazioni Unite.
Il modo inconfondibile di fare musica delle comunità romanès, con i loro ritmi, le melodie, le strutture modali e della strumentazione, oltre a canti e danze inusuali, ha effettivamente influenzato – fin dal loro arrivo in Europa dall’India settentrionale- un’infinità di musicisti.
Tanto per citarne alcuni…
-Franz Schubert : Divertimento all’ungherese per pianoforte a quattro mani e Quintetto op.114 della Trota (entrambi del 1824)
-Ludwig van Beethoven :Rondò op.129 alla ungherese, quasi un capriccio (1794)
-Franz Liszt :Rapsodie ungheresi (1846-1853 e 1882-1885), oltre ad un saggio in cui sostiene che ‘l’intera musica tradizionale dell’Ungheria si deve agli zingari, dotati di un senso musicale di incredibile profondità, certamente sconosciuto a qualunque altro popolo’ (1859)
-Charles Camille Saint Saëns : Dance of The Gipsy girl (1900)
–Edourt Ialo : Sinfonia Spagnola op 21 (1874)
-Pablo de Sarasate: Danze spagnole(1882)
-Marcel Ravel : Tzigane per violino e pianoforte, poi trascritta per violino e orchestra ( 1924)
-Claude Debussy: Danse bohémienne (1880) e Trio in sol (1880)
Preparandomi a questo concerto ho imparato
-che le Danze Slave e le sette Melodie tzigane op. 55 di Antonín Dvo?ák (1841-1904) – considerato dopo Smetana il maggiore compositore boemo ed uno dei primi compositori cechi ad ottenere il riconoscimento mondiale – sono state direttamente ispirate dalla musica tradizionale ceca, morava ed altra musica slavatra cui lo sko?ná, il furioso boemo, la sousedská, la špacirka, lo slovacco odzemek, il Kolo jugoslavo, nonché a forme di canzoni popolari dei popoli slavi in generale, inclusa la dumka ucraina;
-ho imparato che Béla Bartók (1881-1945) è stato un ricercatore appassionato e instancabile di temi e materiale folcloristico autentico, sia per riposarsi dalle fatiche di della cosiddetta “musica colta“, sia molto probabilmente per rinfrescare la propria fonte di ispirazione.
Tra le Danze popolari rumene composte dal Musicista (1915) elaborando musiche originarie della Transilvania, è particolarmente famosa la n.5, utilizzata frequentemente nell’ambito cinematografico, e più precisamente:
-nel film ‘Il grande dittatore’ di Charlie Chaplin, durante la scena in cui il protagonista (barbiere) rade un cliente a tempo di musica;
-nel film ‘Dracula morto e contento’ di Mel Brooks durante la scena del ballo tra il conte Vlad e Mina;
-nell’episodio n.12 della stagione 22 dei Simpson, allorché viene suonata di sottofondo mentre Bart studia per guadagnarsi un premio dal padre;
-ho imparato che Johannes Brahms (1833-1897) fu sicuramente il compositore che ha dimostrato di possedere maggior passione e spontaneità nel trattare la musica folcloristica magiara, come dimostrano le 21 Danze Ungheresi per pianoforte a quattro mani, composte a diciannove anni agli inizi della sua carriera musicale (1852). Il fascino che tale musica esercitava su Brahms si rileva non tanto dalla enorme quantità di pubblicazioni da lui acquistate (attualmente conservate negli archivi di Vienna presso la Gesellschaft der Musikfreunde), ma soprattutto da quel tocco magiaro che affiora sempre nei suoi lavori da camera. Molti commentatori affermano che temi, ritmi particolari e soluzioni ungheresi divennero parte integrante del suo linguaggio.
Ho imparato infine che le Rapsodie rumene (1901)furono le composizioni più popolari di George Enescu (1881-1955), autore di una larga produzione di musica sinfonica e da camera, oltre che dell’opera Edipo.
Violinista, pianista, direttore d’orchestra e compositore, Enescu suonava un violino costruito da Bartolomeo Giuseppe Guarneri ‘del Gesù’ del 1725 detto ‘la cattedrale’ per il suono ricco ed ampio : oggi lo strumento, oltre al nome originale, porta anche il nome del Compositore rumeno definito da più parti il più grande fenomeno musicale dai tempi di Mozart.
Particolare la sua vita : nacque allorché tutti i suoi sette fratelli erano già morti; scrisse la prima composizione dal titolo P?mînt românesc (Terra rumena) ‘a cinque anni e un quarto’; all’età di sette anni divenne lo studente più giovane mai ammesso al Conservatorio di Vienna ed il primo non austriaco; a 10 anni tenne un concerto privato alla Corte di Vienna, alla presenza dell’Imperatore Francesco Giuseppe; si diplomò all’età di 12 anni e quattro anni più tardi presentò a Parigi la sua prima opera matura, Poema Românå, suonata dall’Orchestra Colonne, al tempo una delle più prestigiose al mondo, e diretta da Edouard Colonne.
Mi gira la testa: è piena di note, dati, parole…
‘New Gipsy Project’ é indubbiamente uno spettacolo diverso dai soliti: è proprio vero che ledifferenze culturali arricchiscono e moltiplicano le esperienze artistiche dei diversi componenti di una band!
Il concerto è stato molto interessante per me che apprezzo in particolare questo genere musicale ma è stato altresì molto apprezzato dal pubblico che ha applaudito lungamente dopo ogni brano (un pot pourri delle melodie sopra citate) ma soprattutto dopo i tre bis generosamente concessi dai musicisti ma di cui il pubblico non era pago.
Il ‘progetto’ andrà avanti: seguiranno altri concerti, sono sicura. Voglio approfondire la questione. Ci risentiremo.
Dopo ‘Le villi’ (1884) e ‘Edgard’ (1889), il genio di Giacomo Puccini andò in scena con la terza opera, ‘Manon Lescaut’, che venne rappresentata per la prima volta la sera del 1º febbraio 1893 al Teatro Regio di Torino con Cesira Ferrani e Giuseppe Cremonini Bianchi ottenendo un successo clamoroso. Dramma in quattro atti, è l’adattamento del volume ‘Storia del cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut’ dell’abate Antoine Francois Prévost (1731), racconto incluso nel settimo volume delle ‘Memorie e avventure di un uomo di qualità che si è ritirato dal mondo’.
Lo stesso soggetto aveva ispirato due opere con lo stesso nome: quella di Daniel Auber (presentata presso l’Opéra-Comique di Parigi il 23 febbraio 1856) e quella, più famosa e fortunata, di Jules Messenet in scena per la prima volta nello stesso luogo il 19 gennaio 1884, quasi trent’anni dopo. Puccini musicò l’opera fra l’estate del 1889 e l’ottobre del 1892. Ad allungare i tempi della composizione fu la difficile gestazione di un libretto che passò tra le mani di molti letterati tra cui Ruggero Leoncavallo (non ancora affermatosi come compositore), Marco Praga e Domenico Oliva. A questi si aggiunsero Giuseppe Giacosa e Luigi Illica che più tardi firmeranno con Puccini le sue tre opere più importanti : ‘La Bohème’ (1896), ‘Tosca’ (1900) e ‘Madama Butterfly’ (1904). Il libretto fu pubblicato da Ricordi senza i nomi degli autori dato che nessuno di loro lo firmò.
Tale girandola di librettisti dimostra, in ultima analisi, come l’unico vero autore di Manon sia stato Puccini che sconvolse il piano drammaturgico iniziale eliminando di sana pianta un atto, quello del nido d’amore degli innamorati, tra gli attuali atti primo e secondo. L’opera indicò all’autore la futura strada da percorrere: Manon é infatti generalmente considerata la sua prima partitura operistica completamente matura e personale.
La trama è nota. Il primo atto si svolge a Amiens. Qui Renato Des Grieux, studente, scherzando con gli amici, vanta la propria indifferenza verso l’amore (‘L’amor? Questa tragedia, ovver commedia, io non conosco!’). Durerà poco: Manon Lescaut -che la famiglia ha destinato alla vita monastica- scende dalla carrozza ed è amore a prima vista. Il fratello di lei, però, vuole costringerla a sposare Geronte, un ricco banchiere. Renato lo anticipa: rapisce Manon (con il suo consenso) e la porta via con sé verso un’esistenza sicuramente piena d’amore ma con poche comodità.
All’apertura del secondo atto ambientato a Parigi, troviamo Manon che già stanca delle difficoltà della vita con il giovane studente, si è stabilita a casa di Geronte tra gioielli e balli. Non ha però dimenticato Renato e quando la nostalgia è troppo forte, il fratello decide di chiamarlo di nascosto a palazzo. I due amanti vengono colti nel loro abbraccio segreto proprio dal padrone di casa. Prima di fuggire col suo cavaliere, la ragazza tenta di rubare alcuni gioielli dalla casa del suo protettore. Quest’errore le sarà fatale: le guardie la sorprendono in questo intento ed insieme a quella di adulterio, su Manon cadrà l’accusa di furto ai danni del banchiere.
Il terzo atto si svolge a Le Havre, nella prigione in cui è rinchiusa con altre cortigiane, alcune della quali -come lei -aspettano di essere imbarcate per gli Stati Uniti. La ragazza tenta invano la fuga. Des Grieux che è lì con lei, implora il comandante della nave di imbarcare anche lui. L’uomo acconsente e i due amanti salpano alla volta degli States. L’atto di chiusura, il quarto, è ambientato in ‘una landa sterminata ai confini di New Orleans’. I due giovani vagano senza meta e senza mezzi fino al più tragico dei finali: Manon, vinta dagli stenti e dall’errare senza scopo, muore fra le braccia del suo amore.
Dal punto di vista critico, è stato scritto che ciò che distingue l’opera di Puccini rispetto a quella dei colleghi, è il cosiddetto ‘primato della melodia’. Tanti i brani celebri che giungono vividi al pubblico e lasciano la memoria dell’opera intatta nel tempo:Tra voi belle, brune e bionde (canzone di Des Grieux), Cortese damigella, il priego mio accettate (duetto tra Manon e Des Grieux) e Donna non vidi mai (romanza di Des Grieux) nel primo atto; In quelle trine morbide (romanza di Manon), Sulla vetta tu del monte (madrigale), L’ora o Tirsi (canzone di Manon), Tu, tu, amore? Tu?! (duetto tra Manon e Des Grieux) e Ah, Manon mi tradisce il tuo folle pensiero (romanza di Des Grieux) nel secondo atto. Seguono La prigionia – Il viaggio all’Havre (intermezzo sinfonico tra il secondo e il terzo atto); il Concertato dell’imbarco e Pazzo son! (romanza di Des Grieux) nel terzo atto per terminare con Sola… perduta… abbandonata (aria di Manon) nel quarto atto.
La vicenda di Manon non poteva non interessare il cinema: un film-opera uscì nel 1939 con Alida Valli e Vittorio De Sica (regia di Carmine Gallone). Un altro, Gli amori di Manon Lescaut, fu realizzato nel 1954 con Myriam Bru e Franco Interlenghi (regia di Mario Costa). Da ricordare, infine, che la colonna sonora de ‘L’onore dei Prizzi’ di John Huston (1985) ha utilizzato, rielaborate, alcune delle pagine di Manon che Puccini trasse dal quartetto per archi ‘Crisantemi’ (1890).
Questa struggente storia d’amore è andata in scena ieri al Teatro Alighieri di Ravenna, dopo aver toccato Lucca, Modena e Rimini (la prima ha avuto luogo venerdì 18 febbraio scorso). Si tratta di una coproduzione del Teatro del Giglio di Lucca, del Comunale ‘Pavarotti-Freni’, di Modena, del ‘Galli’ di Rimini, del Comunale di Ferrara, del ‘Verdi’ di Pisa e dell‘Alighieri ‘di Ravenna, di cui Aldo Tarabella, già compositore stabile al Piccolo Teatro di Milano a fianco di Giorgio Stehler (ma ha composto anche per Nikita Mikalkov e per Micha van Hoecke) ha firmato la regia.
Sul podio il M° Marco Guidarini ha diretto l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini (fondata da Riccardo Muti nel 2004), il Coro Archè (preparato dal M° Lorenzo Biagi) ed il cast che racchiude Monica Zanettin nel ruolo del titolo (reduce da una indisposizione ma puntuale sulla scena), Marcello Rosiello (Lescaut, il fratello di Manon), Paolo Lardizzone (Renato Des Grieux), Alberto Mastromarino (Geronte di Ravoir), Saverio Pugliese (Edmondo). Le scene, essenziali ma d’effetto, sono firmate da Giuliano Spinelli, i costumi (bellissimi) da Rosanna Monti, il progetto luci da Marco Minghetti, le coreografie da Luigia Frattaroli .
‘ Con Manon Puccini incontra per la prima volta il successo- spiega alla stampa il regista – E dire che dopo il fiasco di Edgar, Casa Ricordi voleva interrompere la collaborazione con lui, soprattutto di fronte alla sua intenzione di mettere in musica proprio Manon, lo stesso soggetto già affrontato pochissimi anni prima da Massenet. Fu Giulio Ricordi a concedergli ancora fiducia. Per fortuna, perché Puccini riesce ad andare oltre i limiti forzati del libretto, restituendoci i personaggi in tutta la loro complessità. Dalla leggerezza sfrenata e giovanile del primo atto, passa con piena aderenza al dramma, alla noia vuota del secondo fino all’epilogo tragico’.
Ed a proposito delle scenografie, Tarabella ci ha informato che… ‘Io e Spinelli abbiamo pensato a uno spazio che si concentra attorno ad un unico elemento, un palazzo monumentale che – legato al destino della protagonista – si trasforma nei diversi atti per divenire nel finale uno scoglio, una nuda roccia. La trasformazione avviene sotto gli occhi del pubblico,che assiste anche al fluire ininterrotto di terzo e quarto atto, in un crescendo emozionale che conduce dallo straordinario intermezzo strumentale fino alla morte di lei. Tutto senza mai perdere di vista che a ‘comandare’ è sempre la musica’.
Il successo che l’opera ha ottenuto ovunque è anche merito del cast vocale: ‘i cantanti hanno accolto ogni mia indicazione registica con una professionalità e una sensibilità da veri attori, liberandosi di ogni manierismo tipico del cantante lirico. Tra tutti mi piace ricordare proprio i due giovani italiani al debutto, vere e proprie rivelazioni: Monica Zanettin e Paolo Lardizzone nei panni della coppia Manon/Des Grieux’. Tutti soddisfatti, anche se l’orchestra ha occupato oltre la metà della platea, coprendo un po’ la voce dei cantanti ed i coristi hanno dovuto cantare con la mascherina sul volto (cosa tutt’altro che facile). L’importante è esserci!
NAPOLI. Nei giorni di venerdì 26, sabato 27 e domenica 28 novembre al teatro Immacolata di Napoli riparte la stagione teatrale con la commedia di Pirandello “Il berretto a sonagli” proposto dalla Compagnia il Nostro Teatro.
Il titolo della commedia “Il berretto a sonagli” si riferisce al berretto portato dal buffone, il copricapo della vergogna ostentato davanti a tutti.
Il tema della commedia riguarda l’individuo che per difendere il suo prestigio sociale è costretto a pagare un prezzo altissimo.
La regia è di Lorenza Sorino e Arturo Scognamiglio, la direzione del lavoro di regia è di Salvatore Barba. I personaggi saranno interpretati da: Camilla Aiello nel ruolo di Beatrice, Salvatore Barba in Ciampa, Silvana Brandi in Fana, Antonio Ciotola sarà il Commissario Spanò, Ilaria La Mura nel ruolo di Nina, Elena Petrosino in Assunta La Bella, Gilda Pitone sarà La Saracena, Raffaele Wirz in Fifì La Bella.
Lo spettacolo andrà in scena al Teatro Immacolata a Napoli in via Francesco Giuseppe Nuvolo n.9 nei giorni 26 e 27 novembre alle ore 20.30 e il 28 novembre alle ore 17.30. Per informazioni e acquisto del biglietto contattare la biglietteria al numero 3661185254.
“Mi sento incompleto, voglio trovare la mia anima gemella, solo in quel momento sarò felice”.
Questa è la tipica frase usata da chi non vivrà mai il vero amore! Non usare le relazioni per sentirti sicuro/a e amato/a perché questa illusione terminerà presto.
Perché ti sforzi? Molte persone fanno di tutto per far funzionare una relazione, infatti alla fine vivono forti delusioni e sofferenze!
Ritorna a vivere nel flusso della vita e ricorda che dove c’è sforzo, non c’è naturalezza. Accetta che non sei per tutti e accetta che poche relazioni si basano effettivamente sul vero amore, il resto è attaccamento! Solo chi lavora sinceramente su sé stesso/a può offrire un vero contributo positivo alla vita degli altri, altrimenti quella voglia ossessiva di creare una relazione con la famosa “ anima gemella”, diventa solo un modo per non pensare a sé stessi ed ai propri problemi interiori. Molte persone cercano di evadere dalla propria realtà, per non scendere nei meandri della propria anima, per non indagare la causa delle proprie insoddisfazioni, e lo fanno con un metodo altamente illusorio, ovvero quello di delegare la propria felicità al mondo esterno! Cercano disperatamente una presenza costante nella loro quotidianità, per non creare una forte introspezione, atta a generare un cambiamento tangibile nella loro realtà. Molte persone vivono come “mendicanti cronici”, pensano di trovare la felicità e la pace interiore negli altri, ma questa ricerca ben presto terminerà con tante tensioni, semplicemente perché il mondo esterno è una proiezione del nostro mondo interiore. Cosa significa questo? Quando una persona non si ama e non si apprezza, tenderà a creare relazioni tossiche, si accontenterà di chiunque, perché non riesce a creare dei confini chiari e sinceri con gli altri, a causa della paura di non essere apprezzata e accettata. Passerà il suo tempo in compagnia di persone superficiali e dalla mentalità negativa, solo per non sentirsi sola, e questo deriva dalla sua paura spesso inconscia, di non sentirsi adatta a situazioni piacevoli e positive. Spesso le persone insicure che non lavorano su sé stesse, pensano di non meritare delle relazioni premianti e serene, perché sono condizionate da schemi di pensiero fuorvianti, si limitano continuamente senza essere consapevoli di questi meccanismi.
Concludo affermando che le relazioni non sono un passatempo, e non sono un cestino nel quale buttare le proprie paure e insoddisfazioni. Le relazioni sono un momento di condivisione sacro, dove due persone imparano tantissime cose su loro stesse e dove crescono interiormente in modo rapido ed entusiasmante.
“Ti amo, ma non ho bisogno di te per essere felice”.
Questo è un modo diverso di vedere e vivere l’amore.
Michele Magliano
Articolo a cura di Michele Magliano, laureando in scienze e tecniche psicologiche, personaggio pubblico, influencer, autore di numerosi articoli per diverse testate tra cui il Roma e ospite di servizi televisivi.
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NAPOLI. Il 20 ottobre si è svolta al Museo Archeologico di Napoli l’inaugurazione della mostra d’arte intitolata “Attraverso – archetipi dell’arte” che ha visto l’esposizione delle sculture del maestro Mario Iaione. Grandissima affluenza di visitatori erano presenti anche importanti esponenti politici e religiosi.
Mario Iaione, scultore
Iaione nelle sue opera rappresenta volti che partendo dal tema della maschera si trasformano in molteplici possibilità dell’essere, indagando un’identità che non è mai del tutto definitiva. Opere che emozionano e toccano l’animo di chi le osserva.
Il professore Luigi Caramiello durante l’inaugurazione della mostra ha dichiarato: “Nelle sculture di Iaione sono presenti sguardi che hanno visto il dolore, l’orrore, le tragedie più incredibili e hanno visto anche la bellezza della vita e dell’esistenza”.
Una mostra che attraversa gli stati d’animo e le condizioni psicologiche dell’umanità.
La mostra sarà visitabile dal 20 ottobre fino al 25 ottobre dalle 9.00 alle 19.30 nella sede del Museo Archeologico di Napoli in piazza Museo n.19.
Mercoledì 29 settembre alle 23.30 su Rai 2 i Synaulia, gruppo musicale diretto da Luce Maioli e Ivan Gibellini, andranno in onda con la loro musica e e le loro coreografie nella nuova puntata del programma televisivo “Vitalia – alle origini della festa” condotto da Alessandro Giuli con Nicola Mastronardi.
Questa puntata sarà ambientata a Lanuvio, l’antica città romana che venerava la dea Giunone Sospita, raffigurata coperta da pelle di capra, fin dentro l’antro in cui si riteneva dimorasse il serpente a lei sacro e al quale fanciulle bendate offrivano cibo e doni per propiziare la fertilità. La puntata prosegue con il racconto del culto della dea Hera Argiva, la dea che stringe nella mano una melagrana, nell’antica Paestum, alla foce del fiume Sele. Il frutto simbolo di fertilità e abbondanza collega il culto pagano con le nuove devozioni cristiane per la Madonna del Granato a Capaccio, anche lei raffigurata mentre stringe nella mano una melagrana. In questa seconda parte della puntata ad affiancare Mastronardi ci sarà Walter Maioli, musicologo e fondatore dei Synaulia, gruppo di archeomusicisti.
I SYNAULIA sono il primo gruppo al mondo che ha applicato l’archeologia sperimentale nello spettacolo, film, teatro, documentari, didattica, terapia e mercoledì sera accompagneranno l’intera puntata di Vitalia con strumenti musicali dell’antica Roma fedelmente ricostruiti, porteranno lo spettatore a rivivere le arcaiche atmosfere dei riti pagani.
E’ confermato il programma della 42a edizione del Rossini Opera Festival 2021 che si terrà a Pesaro dal 9 al 22 agosto 2021.
Mai così ricco, prevede quattro nuove produzioni, otto concerti, un gala esclusivo ed il consueto appuntamento con Il Viaggio a Reims interpretato dai giovani talenti dell’Accademia Rossiniana ‘Alberto Zedda’ (in totale 25 eventi): é un’edizione molto ricca per il rinomato Festival Rossiniano che riesce a recuperare alcuni degli appuntamenti persi nell’edizione del 2020 a causa della pandemia.
Si parte il 9 agosto alla Vitrifrigo Arena con un nuovo allestimento de ‘Mo?se et Pharaon’ diretto da Giacomo Sagripanti alla testa dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e curato da Pier Luigi Pizzi (in collaborazione con Massimo Gasparon). In palcoscenico ascolteremo Roberto Tagliavini, Erwin Schrott, Andrew Owens, Eleonora Buratto, Vasilisa Berzhanskaya, Alexey Tatarintsev, Matteo Roma, Monica Bacelli e Nicolò Donini. (repliche 12-16-19 agosto).
Il giorno successivo (10 agosto) al Teatro Rossini andrà in scena la farsa ‘Il Signor Bruschino’ in un nuovo allestimento curato dal duo registico francese Barbe & Doucet, diretto da Michele Spotti e realizzato in coproduzione con la Royal Opera House di Muscat. Protagonisti saranno Marina Monzò, Pietro Spagnoli, Giorgio Caoduro, Jack Swanson, Gianluca Margheri, Chiara Tirotta, Manuel Amati ed Enrico Iviglia (repliche 13-15-18 agosto).
L’11 agosto alla Vitrifrigo Arena debutterà il nuovo allestimento di ‘Elisabetta regina d’Inghilterra’ diretto da Evelino Pidò e curato da Davide Livermore, assieme al team che l’ha affiancato nelle ultime produzioni operistiche: Giò Forma per le scenografie, Gianluca Falaschi per i costumi, Nicolas Bovey per le luci e con il videodesign di D-Wok: lo spettacolo è realizzato in coproduzione con il Teatro Massimo di Palermo.
Nel cast figurano Karine Deshayes, Sergey Romanovsky, Salome Jicia, Sonia Prina, Barry Banks e Valentino Buzza (repliche 14-17-21 agosto).
Oltre alle tre opere che rappresentano l’ossatura del Festival potremo assistere – come di consueto – a Il Viaggio a Reims diretta da Luca Ballabio (15 e 18 agosto) ed inoltre ad una versione scenica dello Stabat Mater che si terrà alla Vitrifrigo Arena il 20 agosto. La messinscena sarà curata da Massimo Gasparon, mentre alla testa della Filarmonica ‘Gioachino Rossini’ ci sarà Jader Bignamini. Tra i solisti figurano Giuliana Gianfaldoni, Vasilisa Berzhanskaya, Ruzil Gatin e Riccardo Fassi.
Otto sono gli appuntamenti concertistici che si terranno al Teatro Rossini:
-i Solisti Veneti,diretti da Giuliano Carella, eseguiranno le Sei Sonate a quattro (12 agosto 2021)
-L’Orchestra Sinfonica ‘Gioachino Rossini’ accompagnerà tre importanti solisti in concerti lirico-sinfonici: Annick Massis (13 agosto), Maxim Mironov (16 agosto)ed Erwin Schrott (21 agosto).
-Quattro saranno i consueti Concerti di Belcanto che vedranno come protagonisti Alexey Tatarintsev (14 agosto), Roberto Tagliavini (17 agosto), Anna Bonitatibus (19 agosto) e Nino Machaidze (20 agosto).
Il ROF 2021 si concluderà con un appuntamento molto speciale in programma il 22 agosto. In occasione dell’inaugurazione dell’Auditorium Scavolini (l’ex PalaFestival sito nel centro di Pesaro) si terrà uno speciale ‘Gala Rossini’ dedicato al tenore Juan Diego Flórez per celebrare i suoi 25 anni del debutto al festival pesarese.
Oltre a Flórez si alterneranno sul palco Eleonora Buratto, Salome Jicia, Marina Monzò, Sonia Prina, Pietro Spagnoli, Sergey Romanovsky, Giorgio Caoduro, Jack Swanson, Matteo Roma, Manuel Amati e Nicolò Donini, diretti da Michele Spotti alla testa dell’Orchestra Sinfonica Nazionaledella Rai e del Coro del Teatro ‘Ventidio Basso’ di Ascoli Piceno.
Paola Cecchini
Servizio Informazioni (da lunedì a venerdì, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 17.00)
Sembra strano ma esistono artisti che devono la propria fama ad un premio non vinto o all’occasione (apparentemente) perduta.
E’ il caso di Ivo Pogorelich che sconvolse nel 1980 la storia del Concorso Chopin di Varsavia.
Nato a Belgrado il 20 ottobre 1958, ventiduenne, con la fresca vittoria al Concorso internazionale di Musica di Montreal (due anni prima s’era imposto al Casagrande di Terni) si presentò sereno e sicuro alla competizione ma fu eliminato al terzo turno per motivi mai definitivamente chiariti.
Le registrazioni delle prove, disponibili oggi con relativa facilità, fanno capire il talento e l’eccentricità dell’interprete: ‘la giuria ebbe paura’ (secondo altri la bocciatura ebbe ‘ motivazioni di natura politica’) soprattutto dopo una Sonata in si bemolle minore ‘non prevedibile né pulita ma visionaria’.
La pianista argentina Martha Argerich che figurava nella commissione giudicatrice ne fu letteralmente stregata, tanto che – dopo avere manifestato pubblicamente il suo parere- per protesta piantò in asso la giuria.
Credo che questo evento sia unico nella storia dei concorsi pianistici: di certo ha avuto una grande eco nella comunità musicale mondiale che ha riconosciuto Ivo Pogorelich come il vero vincitore del concorso.
Sull’onda dell’enorme interesse causato dall’evento e soprattutto grazie alle sue ’interpretazioni anticonvenzionali, alla tecnica straordinaria e all’approccio innovativo all’interpretazione stessa’, Pogorelich è stato subito invitato ad esibirsi nelle più prestigiose sale del mondo iniziando una lunga serie di concerti in Europa, Nord America, Australia e Giappone.
Nel 1981, al suo debutto alla Carnagie Hall, sono seguiti gli inviti di prestigiose orchestre come i Wiener Philharmoniker, Berliner Philharmoniker, London, Boston e Chicago Symphony Orchestra, New York e Los Angeles Philharmonic, Tonhalle di Zurigo e Concertgebouw Orchestra di Amsterdam.
All’attività concertistica, l’artista ha affiancato le registrazioni discografiche: il suo album LP di debutto ‘Chopin – recital’ -registrato per la casa discografica Deutsche Grammophon nel 1981- è diventato subito un best-seller e negli anni successivi- quale artista esclusivo di questa etichetta- ha arricchito la sua discografia (fino ad arrivare a 14 album e 3 video) con le interpretazioni di opere che vanno dai compositori barocchi a quelli del XX secolo.
L’attività di Ivo Pogorelich sui palcoscenici mondiali è accompagnata da un notevole impegno sociale e umanitario : nel 1994 ha aiutato a fornire supporto medico per la gente di Sarajevo, organizzando dei concerti di beneficenza. In seguito ha contribuito a ricostruire la città, aiutando la Croce Rossa e la lotta contro le malattie quali cancro e sclerosi multipla.
E’ noto il suo supporto ai giovani artisti per i quali ha costituito nel 1986 a Zagabria il ‘Fondo per i giovani musicisti,’ con lo scopo di finanziare il loro perfezionamento professionale all’estero. Nel 1989 a Bad Wörishofen, in Germania, ha inaugurato il ‘Festival Pianistico Internazionale Ivo Pogorelich’ sostenendo nel loro percorso di affermazione professionale, per nove anni, un gran numero di giovani, ensemble ed orchestre.
Per il suo impegno nella promozione dei più alti valori culturali, artistici ed educativi in contesto internazionale, è stato il primo musicista classico ad essere insignito del titolo onorario di ‘Ambasciatore di Buona Volontà’ da parte dell’UNESCO (1988)
Animato dagli stessi valori, nel 1993 ha fondato a Pasadena (USA) il Concorso Pianistico Internazionale, volto a supportare i migliori musicisti nel loro pieno sviluppo professionale: é un concorso unico nel suo genere per non avere un limite di età di accesso e per il premio di 100.000 dollari al vincitore.
Nel 2016 è stato istituito alla Carnegie Hall di New York, la ‘Manhattan International Music Competition’: Pogorelich -che ha dato il nome al premio principale- è stato proclamato presidente onorario in omaggio al suo notevole spirito pionieristico
L’attività concertistica del Musicista prevede nella stagione 2020/2021 concerti in Estremo Oriente (Cina, Taiwan e Giappone), Francia, Spagna e Italia dove presenta un programma interamente dedicato alla musica di Frederic Chopin.
Grazie all’Ente Concerti, il Teatro Rossini di Pesaro ha avuto la fortuna di ospitarlo ieri 15 maggio (è venuto in Italia soltanto per questo evento) in cui ha presentato il grande Musicista polacco con ‘il consueto piglio aristocratico che dà corpo a una spiccata autocoscienza del proprio valore e del proprio ruolo all’interno della storia del pianismo, nonché per la tecnica vertiginosa ed un autentico culto del suono’: giustamente rivendica il lignaggio diretto della scuola lisztiana via la delicata pianista georgiana Aliza Kezeradze, sua prima insegnante e poi moglie, ed allieva di Alexander Siloti.
Inutile dire che è stato lungamente e caldamente applaudito!
Il brano, prodotto da GIL produzioni di Giorgio Lorito, racconta un amore fatto diatteseedistanzema anche capace di fiorire nella lontananza e fortificarsi a ogni nuovo incontro. Racconta un amore che libera dalle costrizioni, trae in salvo e fuori dal buio. Un amore che dona e nel suo donarsi senza riserve pretende di essere ricambiato. Pretende che l’amore donato torni indietro, dove sarà accolto, ogni volta come sempre. É un amore che sa aspettare perché è un amore che conosce. Sa che anche se costretto in case e città diverse verrà sempre riconosciuto e sempre gli verrà aperta la porta.
Il videoclip, diretto da StefanoTeofili,che accompagna il singolo vede la scelta stilistica del bianco e nero. Ambientato in parte nella Riserva Naturale della Marcigliana(Roma), Jaboni emerge dall’oscurità che lo avvolge, racconta il suo amore che lo illumina e che in un crescendo lo porta a viaggiare con l’anima verso terre aperte, un viaggio di ritorno verso quell’amore che lo salverà dal buio.https://www.youtube.com/watch?v=XSu3lv6Ub_U
Disponibile dal 19 Marzo in radio, su tutte le piattaforme digitali e su YouTube con il videoclip, “Le parti peggiori” è il nuovo singolo di Meazza, prodotto daIoska Versari per l’etichetta FLEBO e distribuito da Artist First.
Con questo nuovo brano il cantautore milanese – al terzo singolo dopo i precedenti “STRxxxO” e “Mari Stregati”, brano vincitore del Festival di Sannolo 2020 – inquadra il progetto in un’ atmosfera elettro-pop con un testo che tocca, questa volta, il lato oscuro delle relazioni amorose:
“Le Parti Peggiori parla di relazioni travolgenti.” – afferma Meazza – “di quei rapporti in cui il dolore è grande tanto quanto il sentimento. Quando dico “abbiamo dato il meglio per fare del peggio” intendo raccontare quelle storie in cui ci mettiamo d’impegno per ferire l’altro in un gioco di potere che finisce per far male anche a noi stessi. È un tema su cui vale la pena riflettere ma che, con il mio produttore abbiamo poi voluto vestire con un sound più leggero: ci piaceva l’idea di mettere in contrasto l’atmosfera elettro-pop con una tematica scomoda, volendo accogliere con il suono ma scuotere con le parole.
Nel video queste dinamiche sono rappresentate dagli oggetti e i liquidi che mi travolgono in un crescendo che simboleggia l’escalation di certe discussioni. Alla fine però, anche lo sporco più sporco, se l’amore c’è, può essere lavato via”
Il brano è abbinato ad un LOVE TEST, un questionario auto-ironico sulle relazioni a cui l’utente risponderà per approdare in modo creativo all’ascolto del singolo: https://forms.gle/XRwoP9SW2DNnFKTZ9 .
FLEBO nasce nel 2019 con l’intento di allineare la produzione artistica al mercato contemporaneo e alle tendenze del sound nazionale e internazionale. Con la direzione artistica di Ioska Versari e il project management di Faro Entertainment, Flebo è la nuova fase di un’esperienza lunga oltre quindici anni, la forma completa di un’attività che intende radicarsi nel mercato con un’identità attuale e indipendente.
La nostra Redazione di Streetnews ha tra i suoi obiettivi quello di far conoscere anche professionisti giovani e che stanno intraprendendo una carriera importante. Ultimamente ho avuto il piacere di conoscere ed intervistare Paula Alejo, spagnola di Madrid, giornalista e comunicatrice. Ha frequentato l’università CEU San Pablo, ha conseguito due lauree specialistiche in giornalismo e comunicazione audiovisiva, entrambe in lingua inglese e mi ha raccontato che la sua passione per il giornalismo è nata già dall’età di 15 anni. Una giovane donna, brillante e già con le idee molto chiare sul suo futuro. Questa è l’impressione che mi ha trasmesso fin dall’inizio. Diversi stage importanti subito dopo l’università, fra cui quello a Marca.com come conduttrice dei programmi Top Marca e Mercado de Fichajes (tutto sul calcio mercato della Liga). A 21 anni Paula ha avuto anche esperienze come speaker in una radio digitale di Houston negli Stati Uniti, Motiveradio, dove conduceva il programma “ Alguien tiene que hacerlo”. Dopo un buon caffè la chiacchierata è proseguita con dei ringraziamenti per il suo tutore Iñaki Cano, giornalista molto famoso in Spagna e che spesso lavora come opinionista nel programma di calcio “ El Chiringuito”, che gli spagnoli seguono con grande interesse. Dopo poco si presenta poi l’occasione di lavorare nell’azienda editoriale spagnola di Urbano Cairo, attuale presidente del Torino, nella versione spagnola della rivista italiana “Io Donna” e dopo in Marca.com. Inoltre un episodio che ha dato uno slancio particolare alla carriera di Paula è avvenuto quando in una partita della Liga spagnola tra Real Madrid e Alaves, la giovane reporter sportiva ha intervistato un tifoso bizzarro e il video è diventato virale sui social, diventando così nota nel mondo del calcio in Spagna.
Vi lascio alla lettura delle risposte che mi ha dato Paula Alejo:
Quali sono gli argomenti che più ti piace trattare nei tuoi articoli ?
Oggi lavoro come freelance per giornali che si occupano di economia e attualità e faccio soprattutto interviste ad imprenditori e professionisti in questo ambito. Ad esempio ho intervistato lo scorso anno il presidente della camera di commercio italiana in Spagna dott. Marco Pizzi e si è fatto il punto sulla crisi economica, dove la Spagna è stato uno dei Paesi che meglio ha affrontato la crisi. Anche se questo succedeva lo scorso anno prima del lockdown, adesso si vedrà. Gli esperti parlano di una teoria ad U, cioè la Spagna è in down come il resto d’Europa, ma si riprenderà con la fine di questo periodo di Corona Virus, anche se lentamente. Attualmente Italia e Spagna versano nella stessa situazione, anche se come raccontava il dott. Pizzi le aziende italiane sono indipendenti dal governo, a differenza della Spagna dove gli imprenditori seguono le direttive governative ed essendoci ora una situazione economica instabile anche dal punto di vista governativo, questo scoraggia nuovi investimenti e creazioni di posti di lavoro.
Da esperta di comunicazione ti chiedo un buon articolo che caratteristiche deve avere ?
Per me una notizia per essere buona, prima di tutto deve essere vera, tutti possiamo sbagliare, ma prima di far uscire fuori delle notizie si deve approfondire e verificare la fonte. Molti giornalisti scrivono la notizia basandosi solo su rumors e poi dopo poco devono cancellarla perché magari viene smentita. Altro punto fondamentale, deve essere obiettiva, sono stufa dei giornali che raccontano le notizie secondo un proprio punto di vista, in maniera soggettiva. Questo succede soprattutto quando si parla di politica in Spagna. Poi ovviamente ci sono delle notizie dove possiamo esprimere nostri pareri, come ad esempio quando si creano rubriche. Un terzo punto la notizia deve raccontare qualcosa di nuovo e per ultimo deve essere chiara, accessibile a tutti.
Hai un viso da attrice e ti domando che genere di film ti piacerebbe interpretare e in che ruolo?
Ehehe..sorride, grazie per il complimento. Se devo recitare in un film, scelgo una commedia, primo perché non riesco a far finta di piangere e poi perché nella vita ci sono già tante cose brutte e quindi se uno va al cinema, ci va per trascorrere momenti belli e spensierati, quindi niente drammi o tragedie. Comunque ultimamente mi sono sentita attratta per il mondo del Cinema, quindi se dovesse esserci qualche opportunità perché no.
Paula com’è nella vita privata?
La gente mi definisce dolce e soprattutto appassionata e creativa in tutto quello che faccio, è il mio carattere mediterraneo. Dalle 7 del mattino fino alla notte bevo caffè. Spesso a Milano vado nella piazza San Fedele che amo, nella caffetteria Lavazza e quando torno in Italia è una tappa fissa. Sono una persona che ama lo sport, ho fatto parte per dieci anni della federazione tennis, ho fatto nuoto, ginnastica artistica. Ultimamente pratico yoga e meditazione perchè sono una persona molto attiva e mi serve un momento per rilassarmi, così ho la mente chiara su quello che devo realizzare. Adoro la musica, in questo periodo ascolto molto le canzoni di due giovani cantanti italiani, che sono Coez e Carl Brave, scoperti in una fase delicata della mia vita e si dice che la musica sia anche terapia a volte e quindi le canzoni di Coez in particolare faranno sempre parte della mia vita. Amo anche tanto gli animali, ho adottato questa estate una gatta ed ha un nome italiano, Numa (di NumaPompilio). Con la gente sono molto aperta di mente, forse perché ho viaggiato e viaggio tanto; ho vissuto infatti a Londra e negli Stati Uniti e quindi ho conosciuto persone di tutte le parti del mondo e questo è affascinante. Da buona spagnola sono molto socievole e vado a fare aperitivi con amiche. Viaggiare per me è fondamentale, scoprire il cibo, la gente e le sue strade. Una cosa che provo a fare è quella di non prendere metro e bus, ma cerco di camminare a piedi per scoprire come è veramente la città. Ad esempio l’ultima volta che sono stata a Roma ho conosciuto un artigiano che creava specchi dal nulla, iniziava a lavorare all’aperto, scolpiva il legno, poi dava la forma e ultimo passaggio dipingeva lo specchio d’oro che poi completava inserendo il vetro. Fantastico!!!
Ti trovi a Madrid in questo momento, volevo chiederti come sono gli spagnoli ?
Gli spagnoli sono gente forte, con resilienza, che lavora tanto, positiva e accogliente con gli stranieri
Facciamo un po’ di gossip: una persona cosa deve fare per farti perdere la testa ?
Si, sono single e a 25 anni non c’è nessuno che possa far perdere la testa a Paula, nel senso che perdere la testa per un’altra persona non è buono, meglio che la teniamo sulle spalle no?!(sorride) C’è stata solo una volta nella quale ho perso la testa, ma quasi perdevo me stessa. Cosa valuto in un uomo? La sincerità e la coerenza, ci sono tanti uomini che dicono tante cose, ma poi non si tramutano in realtà. Per me un uomo deve essere anche attento e galante. Pochi uomini oggi ti aprono la portiera dell’auto e ti dedicano le giuste attenzioni anche con gesti semplici, ma significativi. Un ultimo aspetto ma non meno importante, una persona per conquistarmi dovrebbe mettermi al primo posto della sua vita, almeno se non al primo, al secondo.
Tre oggetti che porteresti con te su una isola deserta?
Devo dirti che non mi porterò niente, perché tre cose son così poche che preferisco non portare nulla e lascerò che la vita mi sorprenda.
Paula sei stata meravigliosa e grazie per esserti aperta in questa intervista raccontandoci come sei e dando anche tanti spunti ai giovani che vogliono appassionarsi al giornalismo. Ti ritroveremo presto, magari per pubblicare anche qualche tuo articolo nel nostro giornale Streetnews.it
Reduce dal grande successo del suo tour mondiale che lo ha visto esibirsi in Europa, Cina e Asia, il ciclone Matthew Lee (pesarese doc, Matteo Orizi all’anagrafe) ha debuttato a Pesaro in prima assoluta al Teatro Rossini ieri 27 settembre, al temine di una residenza di allestimento nell’ambito del progetto ‘Marche casa del teatro. Residenze d’artista‘ promosso da AMAT con il Comune di Pesaro.
Inizialmente previsto lo scorso aprile e sospeso per l’emergenza sanitaria, il concerto ha avuto luogo nell’ambito di TeatrOltre, il più grande palcoscenico italiano per le più importanti esperienze dei linguaggi contemporanei, promosso all’insegna della multidisciplinarietà dall’AMAT-Platea delle Marche con i Comuni di Pesaro, Urbino e Pergola e con il contributo di Regione Marche e MiBACT, con il rispetto di tutte le procedure di legge per il contenimento della diffusione del Covid previste dalla normativa vigente.
Definito dalla stampa ‘straordinario performer’, Matthew è pianista e cantante innamorato del rock’n’roll, che ha fatto propri gli insegnamenti dei grandi maestri del genere. E’ un vero talento e fenomeno degli 88 tasti: suona anche con i gomiti ed i piedi senza guardare la tastiera.
Nella sua seppur breve carriera vanta già ben oltre 1000 concerti in tutto il mondo.
Da piccolo ha studiato pianoforte presso il conservatorio ‘G. Rossini’ di Pesaro dove è stato radiato all’ottavo anno per incompatibilità del suo stile ‘esuberante’ con gli studi classici. Si è avvicinato al rock’n’roll ascoltando i dischi di Elvis Presley del padre, anch’egli musicista.
La sua carriera ‘live’ è cresciuta rapidamente e sin da giovanissimo ha comincia a suonare in importanti e famosi club italiani.
Dopo aver percorso l’Italia, ha iniziato la sua attività dal vivo in Europa: Inghilterra, Olanda, Germania, Francia, Svizzera, Slovenia, Belgio.
Matthew Lee è oggi considerato un protagonista di uno dei trend internazionali di maggior appeal: il rilancio delle atmosfere anni ‘50.
‘Per quanto mi riguarda, essere d’altri tempi – sostiene Matthew Lee – non significa rimanere ancorato al passato, ma semplicemente recuperare valori importanti, che forse stavamo rischiando di perdere, il tutto però rivisto in una chiave attuale, non certo un’operazione nostalgia, ma qualcosa che spero possa essere percepito come una novità’. ‘Swing, Rock and Love’ è l’ultimo lavoro discografico dell’artista per Decca Black/ Universal Music, anticipato dal singolo Rock’n’Love featuring Paolo Belli.
Uno spettacolo potente ed emozionante che attraversa tutto il mondo del rock ‘n roll e i generi che ha generato.
Un viaggio dal sapore vintage che accompagna il pubblico dagli anni d’oro del rock sino alle sonorità contemporanee.
Un universo palpitante dove swing, country e rock ‘n roll si mischiano attraverso le note della band e l’inconfondibile rock’n’roll touch dell’artista.
Un uragano di energia e gioia di vivere, direi contagiosa, perché esci dal teatro pensando che qualcosa di bello e travolgente ti possa succedere da un momento all’altro.
Villa Cattani Stuart è una delle dimore storiche più celebri della provincia di Pesaro e Urbino e, forse, delle Marche intere. Raffinata ed elegante, è stata costruita tra il 1630 e il 1680 da Giacomo, Giuliano e Carlo Giuseppe Cattani, mercanti provenienti da Stazzona, sulle pendici dei monti alle spalle del Lago di Como. Dal 1717 al 1726 fu scelta come residenza estiva da Alemanno Salviati (legato pontificio di Pesaro e Urbino)che qui ospitò Giacomo III Stuart, figlio di Giacomo II (legittimo re di Scozia e d’Inghilterra) e della sua seconda moglie Maria Beatrice d’Este (dei duchi di Modena e Reggio): entrambi erano costretti all’esilio dopo l’usurpazione del trono da parte di Maria, figlia protestante di Giacomo II e di suo marito Guglielmo d’Orange. Ora appartiene ad Enzo Tomassini, grande appassionato di musica.
Nel giardino della Villa -circondata da 10 ettari di terreno sulle fertili e verdi colline di Trebbiantico- il nuovo ente culturale ‘la Bottega del Teatro’ (nato pochi mesi orsono) ha organizzato il primo evento che ha visto sulla scena il soprano georgiano Nino Lezhava (direttore artistico dell’Accademia di canto ‘Tebaldi- Del Monaco’), elegantissima in uno splendido abito di seta in raso color nero e il tenore Zurab Zurabishvili (anch’egli georgiano), affermato interprete sulle scene internazionali (sue le interpretazioni di Rodolfo in ‘La Bohème’, Pinkerton in ‘Madama Butterfly’, Cavaradossi in ‘Tosca’, Calaf in ‘Turandot’, Andrea Chénier nell’opera omonima, Don José in ‘Carmen’, Alfredo ne ‘La Traviata’, Pollione in ‘Norma’, Lenski in ‘Yevgeny Onegin’, tanto per citarne alcune). Sono stati accompagnati da Paola Mariotti, per molti anni docente di pianoforte primario presso il Conservatorio pesarese.
Il programma ha racchiuso musiche di Rossini (la preghiera di F.P.Tosti dal ‘Maometto II’), Verdi (l’aria di Ernani da ‘Ernani’ e il duetto di Otello e Desdemona da ‘Otello’), Puccini (l’aria di Mimì, il duetto tra Mimi e Rodolfo e il Valzer di Musetta da ‘La Bohème’), Mozart (l’aria di Elvira da ‘Don Giovanni’), Zandonai, direttore del Conservatorio pesarese dal 1940 al 1944 (l’aria di Romeo da ‘Giulietta e Romeo’) ma anche brani raramente eseguiti nei concerti lirici, come l’aria di Maria da ‘La fidanzata dello zar’ di Rimsskij-Kosakov, l’aria di Herman da ‘La dama di picche’ di ?ajkovskij e ‘Ne poi krasaviza pri mne’ (Oh non cantarmi mia bella) e ‘Vessenie vodi’ (Spring waters) di Rachmaninov.
In occasione del concerto sono stati esposti al pubblico per la prima volta tre spartiti (uno di Verdi e due di Puccini) appartenenti alla collezione privata del conte Giovanni Martines Augusti (giornalista e docente di comunicazione presso ‘La Sapienza’) che, in modo particolarmente intrigante, ci ha raccontato come il compositore lucchese avesse offerto la prima edizione de ‘La Bohème’ alla propria bisnonna, la contessa Laurentina Castracane degli Antelminelli, ultima discendente del famoso condottiero Castruccio (duca di Lucca, signore di Carrara, Lerici, Pisa, Pistoia, Pontremoli e Sarzana e gonfaloniere del Sacro Romano), una delle donne più importanti della sua vita.
Ha quindi preannunciato che nella chiesa (dedicata a san Francesco d’Assisi e santa Timotea) racchiusa nel proprio Palazzo detto ‘delle cento finestre’ (edificato in località Brugnetto di Trecastelli sui resti di un monastero francescano del XII secolo) si terrà il prossimo 26 settembre un altro concerto con i medesimi interpreti (il secondo evento dell’Associazione) dal titolo ‘Sinfonie d’autunno’.
‘Se volete conoscere un popolo dovete ascoltare la sua musica’– scriveva Platone nel Trecento a.C. Sarà anche un luogo comune, ma è pur vero che il Brasile è il luogo più musicale del mondo. La musica è dovunque: nelle strade, nella lingua parlata di tutti giorni, nelle movenze, nel modo di camminare, di amoreggiare, di giocare al calcio, di festeggiare e di esprimere dolore. O più precisamente, è visibile dovunque un’attitudine verso la musica che è indubbiamente speciale, unica e che è all’origine della sorprendente ricchezza musicale del Paese.
Difficilmente si può immaginare un luogo dove la musica sia più presente. Samba, bossa nova, tropicalismo, jovem guarda, musica nordestina e di Bahia, afro-brasile, forrò, lambada… di quante musiche è fatta la musica del Brasile? Considerata la vastità della tradizione e della cultura musicale brasiliana (nel XX secolo seconda, probabilmente, solo a quella anglo-americana) è stato necessario coniare un’etichetta generalista per indicarla senza dover specificare (cosa peraltro impossibile) le caratteristiche peculiari di ogni genere o stile ma sottolineandone l’origine, il temperamento, il carattere comune.
Nella sua accezione più vasta la MPB (Música Popular Brasileira) racchiude tutte le caratteristiche della musica prettamente popolare che- come tutta la cultura del Paese – vanta tre anime: la bianca (europea, portoghese), la nera (africana) e la india. Dalla tradizione musicale europea (barocca, rinascimentale, ma anche popolare) la MPB ha attinto la melodia e la ricchezza armonica; dalla tradizione degli schiavi neri (in particolare dalla religiosità dell’Angola) il ritmo e gli strumenti; dalla cultura degli indios il temperamento e il carattere: un po’ come è successo negli USA per il jazz, con una vicenda parallela, ma del tutto peculiare.
Protagonisti della MPB sono i sentimenti e gli stati d’animo quasi viscerali che caratterizzano il carattere del popolo in questione: la tristeza (tristezza), la felicidade (felicità), il choro (pianto) e la saudade (nostalgia). Nella MPB più autentica difficilmente compaiono la rabbia (tipica di certo blues), la voglia di ribellione (tipica del rock) o l’amore romantico (tipico della canzone europea e statunitense). Si raccontano più spesso i sentimenti e lo struggimento per la terra, la natura, la storia: spesso con grande poesia, a volte con l’uso di luoghi comuni, di solito con un po’ di ironia e con molto divertimento.
Com’é noto, la saudade è un sentimento chiave nella poetica musicale brasiliana ma non tutti sanno che – assieme al fado – rappresenta prima di tutto il simbolo del Portogallo.Con il suo triste e affascinante struggimento, la saudade portoghese acquista un accento profondamente doloroso a contatto con la terra brasiliana: é sopraffazione e sofferenza ma contiene anche il germoglio della speranza, la forza di reagire e si trasforma in dolcissima nostalgia. E’ questo sapore dolce-amaro che rende la ‘malinconia brasiliana’ così diversa e speciale.
‘Il Brasile ha fatto della ‘saudade’, della ‘tristezza felice’, insieme al suo ‘sambar’, una filosofia di vita’ – mi spiega un amico che vive a Salvador de Bahia. La principale caratteristica della MPB – secondo cui la tristezza e la nostalgia hanno la stessa dignità della felicità – è rappresentata dal ritmo, come scrive Gildo De Stefano nel libro ‘Il popolo del samba. La vicenda e i protagonisti della storia della musica popolare brasiliana’ (2005) di cui Gianni Minà scrisse nella prefazione: ‘Il Samba, la Bossa Nova, provengono dalle viscere e dal cuore di un’umanità che spesso ha trovato nei ritmi arrivati a Bahia, insieme ai galeoni portoghesi che portavano gli schiavi africani, il lenimento alle ingiustizie, allo sfruttamento e alla povertà che subiva e subisce’ .
L’elemento ‘nero’ diventa fondamentale perché non si diffonde soltanto fra la gente dei ceti sociali più poveri ma presuppone un modo di intendere e vivere la musica, il canto e la danza, come elementi quotidiani e funzionali a moltissimi aspetti della vita sociale di ogni singola persona e della comunità in cui vive: il lavoro, il corteggiamento, la preghiera, il racconto, il divertimento, la ‘resistenza’, l’evasione, l’invocazione, il festeggiamento: tutto ciò indipendentemente dalle classi sociali, dalle razze e dalle zone geografiche di appartenenza.
Ricordo a me stessa tutto questo mentre ascolto Nas Cordas, un album pubblicato il 13 aprile 2019 da Franco Chirivì per i tipi della Dodicilune Edizioni Discografiche e Musicali (attiva dal 1966 con un catalogo di oltre 250 produzioni di artisti italiani e stranieri) che alla MPB costituisce un affettuoso omaggio.
‘Franco è un chitarrista dotato di uno stile molto caldo e personale. Il suo modo di suonare e gli arrangiamenti di queste canzoni classiche brasiliane sono veramente belli. Sono un suo fan’ – è il lusinghiero commento del chitarrista e compositore statunitense Mike Stern che arricchisce le note di copertina. La tracklist consta di dieci brani suggestivi che portano la firma di alcuni fra i più rappresentativi esponenti della musica brasiliana: João Bosco (Senhoras Do Amazonas), Chico Navarro (Let Me Go), Roberto Menescal e Rosàlia De Souza (Agarradinhos), Guinga e Aldir Blanc (Carta De Pedra, Catavento e Girassol e Rio De Janeiro), Nelson Cavaquinho (Beija Flor), Pixinguinha (Carinhoso), Carlos Lyra (Maria Ninguem) e Mario Sêve (Valsa Da Noite).
‘Carinhoso’ è particolarmente intrigante poiché si avvale della voce e della vena interpretativa di Gianni Rotondo (insegnante di chitarra, cantautore, psicologo esperto in musicoterapia) che ha presentato l’album in più occasioni nel Salento e dintorni. Franco preferisce non ricorrere a virtuosismi (molto spesso autoreferenziali) ma orienta il proprio messaggio artistico verso la profondità interiore, ‘trasmessa con naturalezza, essenzialità e nobiltà d’animo’ come la stampa ha sottolineato, utilizzando chitarre di diverse tipologie (classica, acustica, jazz) per l’esigenza di esprimere e valorizzare ogni brano nel rispetto della propria identità sonora.
‘Sentire propria una musica che viene da lontano vuol dire riconoscersi nelle emozioni che essa esprime. Non è stato necessario, per me, comprendere le parole per capirne il messaggio: la musica brasiliana si esprime compiutamente attraverso il ritmo, la melodia e l’armonia, che sono d‘altra parte gli elementi fondamentali della musica. Attraverso il suono della chitarra ho voluto catturare quell’accordo di emozioni e sentimenti, che appaiono talvolta in tensione tra loro, che questa musica riesce a far convivere in armonia e bellezza: un insieme tra nostalgia, malinconia e felicità’ – mi spiega.
Chitarrista e compositore di natura eclettica, si è cimentato nel corso degli anni in diversi generi musicali e in numerose collaborazioni in diversi ambiti e stili, come il pop (Franco Simone, Renato Zero, Noa, Massimo Ranieri, Gegè Telesforo), il jazz (Guido Pistocchi), la Black Music (Osunlade), il funk (Gabriele Poso), artisti con i quali ha registrato numerosi cd e tenuto concerti in Italia e all’estero (Londra, Berlino, Montecarlo, Amsterdam, Istanbul, Toronto, ecc.).
Dimenticavo: assieme a Giuseppe Magagnino, Michele Colaci e Cristian Martina, Franco fa parte del Quintetto che accompagna nei concerti il valente violinista salentino Alessandro Quarta,’grande amico e grande musicista’, cui dedica ‘un sentito ringraziamento per aver incoraggiato e sostenuto questo progetto sin dalla fase iniziale’.
Forte la presa di posizione sociale del famoso violinista Alessandro Quarta: ‘Auspico che il Covid 19 ci serva almeno come pausa di riflessione, per darci maggior consapevolezza e mettere in atto le migliori risorse in nostro possesso per un serio cambiamento. Sento dire in giro: ‘Che tutto torni come prima!’. Ma vogliamo veramente tornare come stavamo? abituati alle notizie di donne stuprate per strada, altre malmenate in casa, uomini che per il solo fatto di essere potenti e danarosi stanno su una poltrona a comandare una marea di gente di fronte a loro, piegata in due a raccogliere pomodori e via dicendo… Spero proprio di no!’
Cosa passa per la testa di un musicista che si esibisce con la sua band dopo cinque mesi di lockdown?Che sentimenti sussultano nel suo cuore? E’ possibile immaginarli: emozione, soddisfazione, appagamento, gratitudine….Nei giorni scorsi il famoso violinista salentino Alessandro Quarta si è esibito con il suo Quintetto a Fasano, nella splendida cornice della piazza Ciaia, nell’ambito della rassegna ‘La Musica Riparte!’ di Fasanomusica (concerto già previsto il 5 marzo scorso).Sono passati oltre cinque mesi da quando, invitati a Cremona ad inaugurare la rassegna ‘L’altra faccia del violino’ (soltanto tre gli appuntamenti, tutti selezionatissimi) lui e il Quintetto sono stati ‘stoppati’ durante le prove, poche ore prima dell’esibizione, a causa dello scoppio in città della pandemia Covid che da lì si è espansa in tutta la regione e nell’Italia intera.
Alessandro – ‘il violinista che tutto il mondo ci invidia’ come è di norma presentato nelle TV di Stato – è un comunicatore ed abitualmente parla con il pubblico durante gli spettacoli, raccontando situazioni anche molto personali.Che racconterà a Fasano?- mi ero chiesta. So per esperienza che non sempre si ha sulle labbra quello che si ha nel cuore: non per falsità, per carita! piuttosto per pudore!Che ha raccontato dunque? La lotta che ha portato avanti per i lavoratori dello spettacolo mediante la petizione ‘L’arte é vita. Salviamo lo spettacolo dal vivo’ (25.000 firme in 4 giorni?) E’ stata promossa da lui e poi lanciata da Danilo Rossi, prima viola del Teatro alla Scala di Milano, assieme al violoncellista Mario Brunello ed all’attore Alessio Boni. O la lettera aperta al Ministro alla Cultura Franceschini ed al Presidente del Consiglio Conte per chiedere la riapertura dei teatri, pur nel rispetto di tutte le norme di salvaguardia per la salute?
Alessandro ha raccontato la sua emozione nel ritornare a suonare nella sua amatissima Puglia dopo 5 mesi, ‘emozionato come al primo concerto!’. Ha espresso un pensiero affettuoso per tutti coloro che non hanno superato la malattia ed ha auspicato di non tornare -come si sente in giro – ‘a come stavamo prima, perché prima del Covid ci eravamo abituati a sentire notizie di donne stuprate per strada, altre malmenate in casa, uomini che per il solo fatto di essere potenti e danarosi stanno su una poltrona a comandare una marea di gente di fronte a loro, piegata in due a raccogliere pomodori e via dicendo… Vogliamo veramente tornare come stavamo? Spero proprio di no: che il Covid ci serva almeno come pausa di riflessione per avere maggiore consapevolezza e mettere in atto le migliori risorse che abbiamo per un serio cambiamento!’ -ha commentato alla fine del concerto in cui non si è proprio risparmiato!
Lo spettacolo è bellissimo. Impossibile restare indifferenti o tranquilli sulla sedia. E’ come entrare dentro un frullatore: ne esci stravolta.Può definirsi vero e proprio atto di sovversione artistica l’incontro sublime fra i due riformatori: il padre del ‘nuevo tango’ (Astor) e il ‘killer del violinismo classico’ (come viene chiamato Alessandro), lo strumentista ‘che con le sue incendiarie escursioni nell’immaginario musicale all around sta cambiando la fisionomia dello stile violinistico contemporaneo’ (ormai l’ha quasi cambiato completamente!).Il concerto è un excursus sui più bei brani di Astor Piazzolla, il rivoluzionario, ‘el asesino del tango’ come veniva chiamato in Argentina in cui tutto si poteva toccare e dissacrare al tempo, tranne quella musica. E’ un treno da cui non si vorrebbe mai scendere, attraverso un paesaggio pieno di colori che racconta la passione di un incontro, la tristezza della solitudine, il ricordo di una persona cara, un passato da cancellare, il fuoco vivo di un amore, la profonda oscurità della lontananza… Sentimenti che tutti abbiamo vissuto o vivremo tra poco: non si scappa!
Il viaggio parte con ‘Chau París’ (saluto accorato e nostalgico di Astor alla grandeur della Ville Lumière) e continua con ‘Cité Tango’ (che dipinge i suoi anni negli Stati Uniti), ‘Río Sena’ (con le sue dame maliziose che passeggiano lungo le rive del fiume e si intrattengono tra un pettegolezzo e l’altro negli eleganti caffè del centro), ‘Oblivion’ (in cui viene esposta magistralmente tutta la ricchezza espressiva del tango), ‘Adíos Nonino’ (dedicato al padre e composto alla notizia della sua scomparsa)…e poi ‘Jeanne y Paul’, ‘Fracanapa’, ‘Muerte del Ánge’l e una straordinaria interpretazione del celeberrimo ‘Libertango’, a confermare l’eccezionale vena esecutiva del solista che lasciano l’ascoltatore davvero ammaliato.
Il concerto si è avvalso del prezioso apporto del Quintetto che ancora non conoscevo. I sorrisi garbati ed i modi gentili dei 4 musicisti che accompagnano il fuoriclasse salentino (Michele Colaci al contrabbasso, Franco Chivirì alla chitarra, Christian Martina alla batteria e Giuseppe Magagnino al pianoforte) non traggano in inganno, perché una volta saliti sul palco non ce n’è per nessuno. Con determinazione, a tambur battente, senza tentennamento alcuno, hanno accompagnato il violinista (che talvolta mi appare come una una vera e propria macchina da guerra), in modo energico e sinergico, dando origine ad un ‘suono’ che poco ha a che vedere con quanto avevo in precedenza ascoltato nei concerti di Pesaro e Senigallia, quando la band era diversa.Alessandro mi aveva preannunciato prima dello spettacolo che il ‘suono’ può variare moltissimo ‘cambiando le coordinate e i musicisti che lo interpretano’. Io avevo annuito con un sorrisino, ma non avevo ben compreso. Ora so cosa intendeva dire.
Tra un mese l’estate sarà finita e riapriranno i teatri ma …pensare di farvi accedere soltanto 200 persone (artisti e lavoratori inclusi) come dispongono le direttive ministeriali in corso…è cosa che fa ridere anche i gatti nei giardini!Proprio oggi ho assistito all’anteprima de ‘La cambiale di matrimonio’ al Rossini Opera Festival di Pesaro, la mia città: il ‘golfo mistico’ è stato chiuso e sollevato di un metro e mezzo al livello della platea dove sono state tolte tutte le poltrone per lasciar spazio all’orchestra. Il pubblico siede sui palchi, i cantanti sul palco.Non credo si possa andare avanti così!Occorre far capire a chi decide che la musica è preziosa, aiuta tutti e soprattutto le persone sofferenti in senso fisico e morale, come lo stesso Van Gogh (che di sofferenza qualcosa comprendeva) scrisse al riguardo.La musica è magia: perché credete che il direttore d’orchestra ha in mano la bacchetta come il Mago Silvan? Sim Sala Bim!
Si svolgerà Sabato 9 Dicembre a partire dalle ore 10:30 presso la storica e incantevole Aula Consiliare del Comune di Sant’Agata de Goti (BN) la presentazione del libro dell’attore e scrittore Angelo Iannelli “Professor Pulcinella Lezione di Legalità’” Edito da Albatros. La manifestazione fortemente voluta dall’amministrazione comunale Assessorato alla Cultura rientra nel programma Le Vie del Natale. La manifestazione vedrà la presenza di diverse personalità:
Introduce Giovanni Pollastro Assessore alla Cultura
Saluti Salvatore Riccio Sindaco
Angelo Iannelli autore e scrittore
On. Francesco Urraro Consiglio di Presidenza de Consiglio di Stato
Nunzio Meccariello Capogruppo Consiliare e Avvocato
Emanuela Gambardella Giornalista e Insegnante
Letture a cura Ass. Noi di Bagnoli 1972
Modera Edda Cioffi Presentatrice e conduttrice tv
Interventi artistici del maestro Gustavo Martinucci del Pulcinella della legalità Angelo Iannelli.
Brindisi finale e aperitivo presso Villa Izzo per augurarsi le sante feste di Natale. L’incontro letterario vedrà la presenza di ospiti a sorpresa del mondo dello spettacolo, della cultura e del sociale e sarà ripreso dalle più importanti tv.
La quinta e ultima tappa 2023 del Baccalà Village si svolgerà a Pignataro Maggiore, in Provincia di Caserta, dall’8 al 10 dicembre (orario 19-24). Una tre giorni enogastronomica dell’Alto Casertano dal sapore tipicamente natalizio per la kermesse organizzata dallo chef “scellato” (come ama autodefinirsi da tempo) Antonio Peluso, ideatore della Locanda del Baccalà di Marcianise (CE).
Complice l’atmosfera con le luci e l’albero di Natale nella centralissima Piazza Umberto I, questo Baccalà Village si propone un obiettivo preciso. “Il baccalà è da sempre l’alimento principe delle feste natalizie, soprattutto al Sud e in versione fritta, e non può certo mancare il fritto nel nostro menù – spiega Peluso -. Ma la vera grande sfida è anticipare i tempi col debutto ufficiale delle feste natalizie nel ponte dell’Immacolata, portando il baccalà in piazza in versione street food, fuori dalla cucina di casa per una volta e dai fornelli del Natale”.
Patrocinata dalla Provincia di Caserta e dal Comune di Pignataro Maggiore, e realizzata in partnership con la pro-loco PINETARIVM della cittadina casertana, la kermesse in questo ultimo appuntamento dell’anno dedica al pesce povero “diventato chic” (parola di chef Peluso) un menù interessante.
Se i paccheri al pomodoro, olive, capperi e baccalà, il baccalà fritto e le crocchette di baccalà insieme alla genovese di mare sono una gustosa conferma di tutte le edizioni del Baccalà Village, c’è da sottolineare un paio di novità. La bruschetta alla genovese di baccalà e l’inedito assoluto della pasta e fagioli con baccalà in questo weekend dell’Immacolata. Confermata anche la zuppa di baccalà e patate al cartoccio, e ovviamente spazio ai dolci di Natale con la pastiera napoletana per dessert, oltre alla classica sfogliatella e al cioccolatino al baccalà inventato da Peluso. Per i più giovani non mancheranno le crepes come alternativa dolce alla pasticceria più tradizionale da fine pasto. Possibilità di scelta con tre menù: il primo di 15 euro con sfizio a scelta, primo piatto a scelta, bibita, dolce e caffè; la seconda proposta da 18 euro con sfizio a scelta, secondo piatto a scelta, bibita, dessert e caffè; la terza opzione è il menù completo da 25 euro con sfizio a scelta, primo piatto a scelta, secondo a scelta, bibita, dolce e caffè.
Si comincia venerdì 8 dicembre con l’accensione in piazza alle 19 dell’albero natalizio di Pignataro Maggiore (presenti il sindaco Giorgio Magliocca e l’assessore alla cultura Adduce Lia); per proseguire subito dopo con lo spettacolo pirotecnico e il concerto del coro gospel della Voice Academy Choir alle ore 19.45; e concludere poi con la visione in piazza della partita Juve Napoli alle 20.45. Sabato 9 dicembre si farà largo il comico Mino Abbacuccio direttamente da Made in Sud sul palco del Baccalà Village, mentre domenica 10 dicembre, ultimo giorno del Baccalà Village e ideale “finale di stagione” 2023, toccherà alla cover band dei Queen intrattenere il pubblico all’aperto.
Appuntamento poi al 2024 con la terza edizione ufficiale del Baccalà Village, il festival del pesce povero, ma raffinato ed elegante a tavola, sempre più sdoganato dall’Alta Cucina.
BABY GANG è il rapper italiano più ascoltato all’estero su Spotify, secondo Spotify Wrapped 2023.La sua musica in questi anni ha scalato le classifiche di oltre 30 Paesi con più di 1,5 miliardi di stream complessivi!
Un altro importante risultato che si va ad aggiungere alla carriera già ricca di successi in campo musicale di Baby Gang che, a soli 22 anni, ha oltre 6,4 milioni di ascoltatori mensili su Spotify, conta oltre 2,2 milioni di follower su Instagram e 1,5 milioni di iscritti al canale Youtube, dove ha totalizzato oltre 650 milioni di views complessive. È nella top 10 degli italiani più ascoltati nel mondo, insieme ad artisti leader nel loro genere come Måneskin, Gabry Ponte e Laura Pausini. In meno di tre anni ha collezionato 2 Platino (“Lei” e “Paradiso artificiale”) e 15 Oro.
Con la sua musica è il portavoce dei giovani italiani di seconda generazione, cresciuti sulla strada ma con l’idea di costruire un futuro migliore in cui ci siano rispetto e parità.
Il suo ultimo album “Innocente” uscito a maggio 2023 è stato certificato Oro. Il singolo “Cella 4” ha oltre 25 milioni di visualizzazioni su YouTube.
Tra le sue hit più conosciute anche “Casablanca” del 2021 con 40 milioni di visualizzazioni su YouTube e 68 milioni di ascolti su Spotify e “Mentalité” del 2022 con 77 milioni di views su YouTube e 87 milioni di stream su Spotify, entrato nella Viral di Spotify di oltre 15 Paesi.
Zaccaria Mouhib è nato a Lecco il 26 giugno 2001 da genitori immigrati, originari del Marocco. A soli undici anni lascia la famiglia per non gravare sulla difficile situazione economica ma si scontra con i forti pregiudizi della società odierna nei confronti delle sue origini. Crescere sulla strada senza un posto sicuro in cui dormire e senza delle figure di riferimento lo porta a mettersi talvolta contro la Legge, finché scopre di avere una voce che non viene ignorata, grazie alla musica.
Il suo primo brano “Street”, pubblicato su YouTube a 17 anni, raggiunge un successo inaspettato. Baby Gang inizia a credere nelle sue capacità artistiche, grazie anche all’aiuto di don Claudio Burgio dell’associazione Kayros, e comincia una nuova fase della sua vita. Quello che rimarrà costante, nella sua scalata alle classifiche, sarà la sua scelta sociale e politica di cantare con fierezza delle proprie origini e delle difficoltà che ha vissuto.
Ha all’attivo due ep, “EP1” (2021) e “EP2” (2022), e due album “Delinquente” (2021) e “Innocente” (2023) tutti e 4 certificati Oro. “Innocente” è uscito con la nuova etichetta da lui fondataNo Parla Tanto Records / Warner Music Italy.
Vicino agli scavi di Pompei, in via Plinio, “Cenere”, ha accolto in cucina lo chef giramondo Pierpaolo Giorgio. Sulla tavola del “ristorante museo” diretto da Valerio Coppola tradizione e nobiltà sono servite: “ziti Cenere”, con cenere di cipolla bianca di Pompei e pecorino di Bagnoli, “risotto di Menandro” con cacio e pepe, verza e nduja di Spilonga, e un ritorno al passato con i “tubettoni con vongole e lenticchie”, cavallo di battaglia dello chef classe 1983.
«Mi sono dedicato con cura estrema, ai dettagli dei soli venticinque coperti della sala interna e dei dodici in dehors – spiega Giorgio – in quello che è sempre stato il posto in cui sin da ragazzo desideravo approdare, Pompei, a due passi dalla casa dei miei genitori».
Cenere vanta un format ricco di suggestioni, che unisce arte, cibo e vino. Nelle teche sono in mostra anfore in pop art, alle pareti lastre di marmo con iscrizioni in latino da Plino, il soffitto restaurato con affresco, in un locale che fu la prima caserma dei Carabinieri a Pompei nella fine dell’Ottocento.
La cantina con più di 300 etichette è un viaggio nel tempo, dove emerge la viva essenza della terra campana, la tenacia e l’eleganza del territorio italiano, il fascino dei vini stranieri. E poi, l’abile food pairing guidato dal direttore Coppola, che crea la giusta armonia tra gli aromi e i sapori di vino e drink e quelli dei piatti dello chef, che uniscono tradizione e modernità, con originali tocchi “fusion”.
Chef Giorgio, ha trascorso molta parte della sua storia professionale in due hotel “best seller” della costiera: il Syrenuse e il San Pietro, e pensare che voleva diventare direttore d’albergo. Passa poi al ristorante l’Accanto dell’hotel Angiolieri di Vico Equense al fianco prima di Michele Deleo e poi con Vincenzo Guarino, contribuendo in modo significativo al raggiungimento della prima stella Michelin. La storia si ripete, compresa la stella al Re Maurì di Vietri sul Mare, sotto l’egida dello chef tedesco Oliver Glowig.
Da citare la bella esperienza a Castellammare nel piccolissimo, ma molto peculiare ristorante di pesce, “Fish Lab”. Si unisce poi allo chef Peppe Guida, e lavora per un anno all’Osteria Nonna Rosa di Vico Equense, per poi approdare al Sea Front Pasta Bar, dove ottiene l’importante riconoscimento Bib Gourmand della guida Michelin, assegnato alle migliori tavole a prezzi convenienti. E poi l’esordio nel ristorante mediterraneo Punta Scutolo, traslato d’estate a “Le Axidie” alla guida di tre cucine.
Oggi è salito su un nuovo palcoscenico, quello d Cenere, progetto lungimirante, che per la bellezza del luogo e l’alta cucina, fa bene a tutti.
Il comune di Napoli e l’ assessorato alle politiche giovanili hanno deciso di rinnovare, anche per quest’anno il “giocattolo sospeso”. Un iniziativa di beneficenza volta a donare un sorriso ai bambini in vista delle festività natalizie. Negli ultimi due anni la solidarietà dei Napoletani è cresciuta in modo esponenziale e le donazioni di giocattoli e libri sono aumentate come afferma l’ assessora Chiara Mancini: “Il Giocattolo Sospeso è ormai una tradizione che vede rinnovarsi lo spirito di solidarietà dei cittadini napoletani. Negli ultimi due anni le donazioni sono cresciute molto ed hanno raggiunto un numero sempre maggiore di bambini ai quali arriva il calore di una città che è sempre pronta a sostenere chi è in difficoltà. A noi come Istituzioni il compito e l’onere di raccogliere queste spinte solidaristiche e convogliarle affinché possano offrire un momento di serenità a chi ne ha più bisogno”.
Chiunque vorrà donare un giocattolo o un libro ai bambini della città, potrà farlo acquistando direttamente presso i negozi aderenti all’iniziativa (l’elenco completo sotto l’ articolo) oppure online sulla piattaforma www.unpaniereperte.it.
NAPOLI – Avvicinarsi al Natale con i migliori auspici – e illuminare di gioia e colori strade e piazze di quel grande centro commerciale a cielo aperto che rappresentano i quartieri collinari partenopei. Confcommercio Campania e Confcommercio Vomero – Arenella “Imprese Collinari” si fanno carico per il secondo anno di seguito di portare gli eventi natalizi itineranti nei due quartieri per due Weekend della fortuna organizzati in sinergia con la D2 Eventi.
L’inaugurazione è prevista per l’8 dicembre alle 10.30 in piazza Fuga, alla presenza di esponenti della Confcommercio campana (tra cui il presidente provinciale di Napoli Massimo Di Porzio) e delle istituzioni locali. Gli eventi, patrocinati dalla V Municipalità di Napoli, promettono di emozionare i più piccoli ma anche i grandi, con illusionismo, giocoleria, acrobazie e magia, senza dimenticare sputafuoco e bolle di sapone; dall’altro intendono contribuire ad animare le vie del commercio nei giorni più caldi dello shopping natalizio. Agli eventi è associata anche una estrazione di premi e/o buoni sconto rivolta a quanti acquistano in uno degli esercizi commerciali aderenti all’iniziativa. Per partecipare sarà sufficiente conservare lo scontrino e portarlo con sé ad uno degli eventi.
“La mia impressione – spiega Georgia Forte, presidente Confcommercio Vomero Arenella e rappresentante del direttivo Confcommercio Napoli – è che dopo la pandemia si stenti a tornare alla ritualità del contatto, allo shopping come esperienza umana e come pretesto per animare le strade dei nostri quartieri. Il fast-shopping online oltre a correre in direzione opposta alla sostenibilità va anche contro la socialità, contro l’essere comunità”.
“Ci sono dei momenti, invece, in cui bisogna tornare al contatto umano. Questa città ce lo ha insegnato in occasione dei festeggiamenti per lo scudetto del Napoli, del resto. Perché non tornare a vivere le nostre vie e le nostre botteghe appieno approfittando del cuore caldo del Natale?”, conclude.
Gli eventi si articoleranno con il seguente calendario:
– venerdì 8 dicembre dalle 10:30 alle 12:30 in Piazza Fuga,
– sabato 9 dicembre dalle 10:30 alle 12:30 in Piazza Medaglie d’Oro,
– domenica 10 dicembre dalle 10:30 alle 12:30 in Piazzetta Totò;
– sabato 16 dicembre dalle 10:30 alle 12:30 in Piazza Immacolata;
– domenica 17 dicembre dalle 10:30 alle 12:30 in via Luca Giordano.
Formatosi in Italia e all’Estero, Esperto Massaggiatore del Benessere, ufficialmente riconosciuto nella sua qualifica dalla Regione Campania, Leonardo D’Onofrio opera nel campo del benessere da oltre venticinque anni. E’ anche operatore olistico e collabora come docente e formatore di varie discipline di massaggio presso diversi istituti di formazione, accademie, scuole e associazioni di categoria in tutta Italia.
Di seguito l’intervista che ci ha rilasciato in merito alla sua attività di docente e formatore, in previsione del prossimo Master Vip Massaggiatori organizzato da Claudia Musaj che si terrà a Sanremo durante i giorni del Festival e nell’ambito del quale sarà direttore didattico.
Ciao Leonardo sappiamo che sei conosciuto come uno dei migliori insegnanti in questo campo. Ci spieghi il tuo segreto?
Nessun segreto, se non quello di essere proiettato costantemente alla ricerca della migliore metodologia didattica. Mi riferisco a quelle azioni, ed a quei principii strategici di insegnamento, per ottimizzare l’apprendimento. Nel tempo ho analizzato il mio lavoro in aula ed il risultato e stato quello che, ancora oggi, trovo sia il metodo espositivo per eccellenza: la lezione interattiva
Ci spieghi meglio in cosa consiste?
Semplice. L’analisi ha prodotto come risultato l’attuazione delle cosiddette “tecniche attive” ovvero quelle attività procedurali che coinvolgono attivamente lo studente nel processo di apprendimento. Si impara con l’insegnante che fa da regista, che non vuole stare al centro, ma lascia sempre il protagonismo ai suoi allievi, predisponendo più che disponendo.
E tutto ciò che cosa ha permesso?
Questo ha permesso un’offerta formativa personalizzata, in cui ogni allievo ha potuto apprendere a secondo del suo grado di interesse, di comprensione, di acquisizione. L’aver portato in aula questa formula didattica, ha permesso uno studio mai noioso e ricco di importanti sfumature. Si è venuto a creare un vero laboratorio esperienziale dove tutti i soggetti hanno avuto un ruolo attivo.
Cosa intendi per laboratorio esperienziale?
Il termine laboratorio va inteso in senso estensivo, come qualsiasi spazio, fisico, operativo e concettuale, che viene opportunamente adattato ed equipaggiato per lo svolgimento di una specifica attività formativa. Nel caso specifico intendo uno “spazio mentale attrezzato”, una forma mentis, un modo di interagire con la realtà per comprenderla e/o per cambiarla.
E tu da tutto questo tu hai imparato qualcosa?
Si, assolutamente si. Ho imparato che si impara divertendosi. Se la didattica sorprende, è creativa, imprevedibile, allora diventa una scoperta continua, e ciò consente di nutrire le nostre menti senza mai farci sentire il peso del lavoro, per quanto gravoso possa essere.
Cosa porterai a Sanremo?
Tutta la mia esperienza, passione e dedizione a questa professione. E per quest’occasione ho ideato un trattamento specifico, l’EMBODIEMENT MASSAGE. Tecnicamente” il massaggio è un rapporto tra entità diverse attraverso il quale avviene un interscambio di energia”. Questa è certamente una bella definizione accademica di chimica e fisica eccetto il fatto che queste sicuramente alterano ed ignorano, non capendo l’essenza del concetto. Ovvero che il massaggio recupera il linguaggio atavico e primordiale del contatto, quello che ha anticipato la fonazione come mezzo di comunicazione tra gli esseri viventi e tra gli umani in particolare.
Puoi fare un esempio?
Certo, e prendo in esame le due figure: Il massaggia-nte agisce e diventa protagonista dell’azione del fare, mentre il massaggia-to agisce e diventa protagonista dell’azione del lasciar fare. Se ne deduce che non esiste attività e passività in questo rapporto, ma il tutto è perfettamente paritario.
E tutto questo lo troviamo nel tuo EMBODIEMENT MASSAGE?
Esattamente.C’è qui il tentativo di rappresentare nella giusta luce l’utilità terapeutica del massaggio. Con questo mi permetto, a personale rischio e pericolo, di definire la manualità umana come la quinta forza che trasmettendo l’energia spirituale, da luogo al collante ed al legante per il buon equilibrio tra gli elementi e l’uomo. Dopotutto l’energia è quella cosa indefinibile che muove tutto l’universo; senza di essa tutte le cose materiali sarebbero morte, anche i 4 elementi della natura senza un quinto che dia vita a “tutto” sarebbero inutili.
E questo trattamento porta dei reali benefici per chi lo riceve?
Questo trattamento porta tantissimi benefici e sarebbe lunghissimo elencarli tutti, ma proprio volendo fare un incompleto riepilogo si potrebbero citare: rilassamento muscolare, riassestamento articolare, miglioramento delle circolazioni sanguigna e linfatica, ottimizzazione della capacità respiratoria, di quella digestiva e di eliminazione, riduzione dello stress, potenziamento del sistema immunitario, stimolo del potere di auto guarigione.
Fantastico, io non solo ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato, per l’encomiabile lavoro che hai svolto, ma mi prenoto per un trattamento.
Grazie a te, saremo tutti a tua disposizione, esattamente come lo saremo con tutti gli Ospiti della kermesse
Umberto Orsini (Novara, 1934) e Franco Branciaroli (Milano, 1947), diretti per l’occasione da Massimo Popolizio, hanno dato vita al Teatro Rossini di Pesaro, in prima nazionale, allo spettacolo I ragazzi irresistibili di Neil Simon, proposto nella stagione di prosa promossa dal Comune di Pesaro, unitamente a AMAT, con il contributo della Regione Marche e del MiC. Dopo il debutto pesarese, lo spettacolo sarà in scena il 5 dicembre a Recanati per l’inaugurazione della nuova stagione del Teatro ‘Persiani’ e il 6 e 7 dicembre al ‘Ventidio Basso’ di Ascoli Piceno, su iniziativa dei rispettivi Comuni ed AMAT.
I protagonisti della commedia di Neil Simon (NY 1927-2018), uno dei maggiori scrittori americani degli ultimi cinquant’anni, sono due anziani attori di varietà che hanno lavorato in coppia per tutta la vita creando un duo diventato famoso come “I ragazzi irresistibili”, per poi separarsi a causa di insanabili incomprensioni. Undici anni dopo, sono invitati a riunirsi per un’unica serata, in occasione di una trasmissione televisiva dedicata al loro show. In scena cercano di ricucire quello strappo che li ha separati per tanti anni ma le incomprensioni antiche si ripresentano ancor più radicate e questa difficile alchimia è il pretesto per un gioco di geniale comicità e di profonda melanconia. Certi scambi di battute e situazioni esilaranti sono fonte non solo di comicità ma anche di profonda tenerezza per quel mondo del teatro che, quando vede i propri protagonisti avviati sul viale del declino, mostra tutta la sua umana fragilità. Orsini e Branciaroli hanno ridato vita a questo testo (che in questi anni è diventato un classico) nel tentativo di cogliere tutto quello che lo rende più vicino al teatro di Beckett (Finale di partita) o addirittura di ?echov (Il canto del cigno), piuttosto che ad un lavoro di puro intrattenimento. In questo omaggio al mondo degli attori, alle loro piccole e deliziose manie e tragiche miserie, li affianca- come sopra riportato- la regia di Massimo Popolizio (altresì valente attore e doppiatore) che ritrova nei due protagonisti quei compagni di strada con cui ha condiviso tante esperienze tra le più intense e significative del teatro di questi anni.
Accanto a Orsini e Branciaroli completano il cast dello spettacolo Flavio Francucci, Chiara Stoppa, Eros Pascale ed Emanuela Saccardi. Le scene dello spettacolo – prodotto da Teatro de Gli Incamminati, Compagnia Orsini e Teatro Biondo Palermo in collaborazione con AMAT e Comune di Fabriano – sono di Maurizio Balò, i costumi di Gianluca Sbicca, le luci di Carlo Pediani e il suono di Alessandro Saviozzi.
Un vero successo di pubblico: bravissimi i protagonisti e doppi complimenti per Umberto Orsini che l’aprile prossimo compirà 90 anni e che ricordo, bambina, quando interpretava Ivan, nell’ultimo romanzo di Fëdor Dostoevskij, “I fratelli Karamazov”, sceneggiato diretto da Sandro Bolchi, in onda sulla rete nazionale (1969). A chi gli chiede un commento sulla preparazione del testo e la conseguente atleticità sul palco, ha risposto: “ Lavoro molto sulla preparazione, sia dal punto di vista del testo sia della tecnica: le parole devono arrivare all’ultima fila degli spettatori. Quando imparo la parte, la ripeto correndo e, dopo, la ripeto ancora con una matita fra i denti per migliorare la dizione. Sul palco, in confronto, è una passeggiata. Noi recitiamo senza microfono, ormai una prerogativa insolita mentre dovrebbe essere la base, come se uno avesse ascoltato la Callas microfonata! “ Chapeau!
Da venerdì 8 dicembre 2023 sarà in rotazione radiofonica “Noi siamo il rock” il nuovo singolo di Martino già disponibile sulle piattaforme digitali dal 1° dicembre.
“Noi siamo il rock” è un brano che parla di un amore esplosivo e prepotente, capace di elettrizzare e infondere energia, proprio come accade quando si ascolta un classico pezzo rock. La canzone è il risultato di una spontanea sessione di svago in cameretta, con l’artista comodamente disteso sul divano. Il sample di chitarra ha un mood tutto suo e sin dal primo ascolto sembrava che l’intera canzone fosse già nella testa del cantautore.
Il progetto è seguito dall’A&R Massimo Guidi per la Label M&M-D&G Music Commenta l’artista a proposito del brano: “Noi siamo il rock, baby come i Red Hot, come i Linkin Park, siamo i Rolling Stones. Più chiaro di così si muore”.
Biografia
Martino nasce il 28 ottobre 2004 a Battipaglia, in provincia di Salerno. Si sposta subito ad Agropoli, un piccolo paesino sul mare che a detta sua è conosciuto un po’ da tutti non si sa perché. La sua infanzia la trascorre nei sedili di dietro della FIAT 500 del fratello maggiore, grande cultore del Fabri Fibra di una volta. Ci tiene a sottolineare che a 11 anni conosceva “Bugiardo” a memoria.
Alle medie inizia a suonare il saxofono che, nonostante odiasse per il fatto di non poterci cantare sopra, lo aiuta a conoscere le basi della teoria musicale. È da sempre legato al suo professore di sax Pasquale M. a cui è molto grato per averlo fatto appassionare a questo mondo. Martino ci ha raccontato in via confidenziale che qualche mese fa lo ha incontrato per strada con i figli piccoli ma il professore non lo ha riconosciuto. In via ancora più confidenziale ha confessato che un giorno gli scriverà uno di quei messaggi che si scrivono solo da ubriachi per ringraziarlo come si deve.
Al liceo comincia a studiare il piano e la chitarra e ad auto-prodursi i suoi primi brani in cameretta con FL studio. Nel tempo si appassiona a mille generi e stili diversi. Abbraccia inizialmente il rap e la trap più melodica per poi passare all’ indie e al pop, sfiorando anche generi come la Future Bass e la musica House in generale (che produce tutt’ oggi quando è da solo e vuole rilassarsi).
Alla fatidica domanda “Che genere fai?” non formula una risposta secca. Odia catalogare la sua musica nel “genere x”, crede piuttosto sia un insieme di influenze che convergono. Ci dice anche che nel suo computer ha demo di generi che non hanno neanche un nome tanto che sono strani.
Attualmente la prima cosa che fa la mattina prima di alzarsi dal letto è mettere una canzone, lo stesso prima di andare a dormire e ovviamente durante tutto il corso della giornata. L’ unico posto in cui non ascolta qualcosa è il supermercato vicino casa ma semplicemente perché non prende e non ha voglia di scaricare le canzoni da Spotify. I suoi coinquilini credono sia pazzo.
“Noi siamo il rock” è il nuovo singolo di Martino disponibile sulle piattaforme digitali dal 1° dicembre 2023 e in rotazione radiofonica da venerdì 8 dicembre.
Scuola, sport, archeologia e legami internazionali. C’è questo, ma anche tanto altro, nel progetto PRO.MO.S.S.I., il Programma di mobilità nelle scuole secondarie della Regione Campania nel cui ambito è stata sviluppata la rievocazione degli Eusebeia, i giochi sportivi dell’antica Roma che furono istituiti da Antonino Pio in memoria dell’Imperatore Adriano, suo predecessore, nel II secolo d.C..
L’istituto Francesco Saverio Nitti di Napoli è capofila di una rete di scuole, con il liceo Comenio di Napoli e l’istituto Tassinari di Pozzuoli, di questo appassionante progetto di sport, storia ed educazione alla cittadinanza globale e alla mobilità transnazionale. Nel 2019, infatti, il Nitti fu autorizzato dalla Regione Campania a realizzare il progetto che subì uno stop a causa della pandemia nel febbraio 2020. L’idea nacque in seguito al convegno promosso dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II di Napoli dal titolo “Essere sempre il migliore. Concorsi e gare nella Napoli antica”, organizzato dal professore di Archeologia classica Federico Rausa.
“Partecipai a quel convegno e proposi alla Regione il progetto che oggi stiamo portando a compimento – spiega Nunzia Campolattano, dirigente scolastica dell’istituto Nitti -. Con il recupero degli Eusebeia riusciamo a promuovere tra i giovani i valori, soprattutto etici, che all’epoca erano fondamentali e oggi spesso passano in secondo piano. È anche un modo per far comprendere alle nuove generazioni che già all’epoca le guerre potevano essere evitate facendo confrontare i popoli su un altro piano e in questo momento storico penso sia quanto mai attuale riproporre questa tematica”.
Lo scorso 27 ottobre è stato già realizzato un primo momento di scambio, con la presenza di una delegazione di licei della rete rumena Eusebeia, con a capo il liceo Mircea di Bucarest. Nell’Auditorium Porta del Parco di Bagnoli le scuole si sono incontrate dando vita a una serie di esibizioni tratte dai giochi ed è stato presentato il video “Animula vagula blandula” realizzato dagli studenti dell’istituto Nitti, che rievoca gli Eusebeia all’interno dei luoghi in cui si svolgevano nell’area flegrea.
Questa è la premessa di quanto accadrà a partire dal prossimo 11 dicembre, quando per una settimana trenta alunni delle scuole coinvolte nel progetto saranno a Bucarest per la vera e propria rievocazione dei Giochi. Le gare in programma sono cinque: Stadion (corsa di 192.28 metri), Diaulos (lunghezza doppia dello Stadion), Dolichos (corsa di fondo), Pentathlon (corsa 800m, salto in lungo, lancio del giavellotto, lancio del disco, lotta – quest’ultima sostituita nella rievocazione dalla staffetta 4x100m), Pancrazio (disciplina della lotta a mani nude che nella rievocazione prevede l’utilizzo di protezioni).
Tale evento servirà a fornire ai giovani, tutti nati nel terzo millennio e nativi digitali, spunti di riflessione sui valori etici sottesi alle pratiche sportive dell’antichità, oltre a fornire agli adolescenti italiani e rumeni un momento di confronto su momenti storici vissuti dai due popoli, in seguito alle campagne militari che Adriano condusse nei territori orientali dell’impero e in Tracia. Uno scambio che, però, non deve essere considerato un momento conclusivo ma, anzi, un primo punto di partenza per ridare nuova vita a questa realtà riscoperta grazie alla sinergia tra la Regione Campania, l’istituto Nitti, gli altri istituti coinvolti e la rete di licei rumena.
“Cittadinanza attiva evoca i valori della partecipazione, del rispetto delle regole, della corretta competizione, della crescita responsabile frutto delle esperienze vissute insieme agli altri – spiega infatti Giuseppe Pagliarulo, Responsabile del dipartimento politiche giovanili della Regione Campania – . Il programma PRO.MO.S.S.I. rappresenta per la Regione un’occasione per permettere a tanti giovani di misurarsi con apertura culturale verso altri valori di comunità e di storia e, nel caso di questo progetto, nella dimensione storica di Adriano, imperatore illuminato e visionario”.
Cenni storici sugli Eùsèbeia
I Giochi eusebei furono istituiti dall’imperatore Antonino Pio alla morte del suo predecessore Adriano nel 138 d.C.. Questi giochi erano chiamati anche Eusebeia, parola greca (????????) che indicava riverenza, pietà sia verso gli dei sia verso i genitori; non a caso secondo i successivi autori della Storia Augusta, l’imperatore Antonino fu soprannominato Pio anche per la sua volontà di istituire gli Eusebeia e di far divinizzare il suo predecessore dimostrando una forte pietà filiale e opponendosi al Senato che non voleva tutto ciò. I Giochi eusebei erano anche chiamati Iselastici, perché il vincitore non solo entrava in trionfo nella sua città di origine, ma addirittura riceveva alcuni privilegi dallo stesso imperatore. Gli Eusebeia si svolgevano ogni quattro anni a Pozzuoli in prossimità della villa ciceroniana in cui fu sepolto temporaneamente Adriano, morto nella vicina Baia. L’istituzione degli Eusebeia portò anche alla costruzione di uno stadio sul modello greco (???????).
Documentario realizzato dagli alunni dell’istituto Nitti: