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“La guerra non torna di notte”

Come promesso, ecco le appassionate lettrici di “Cuore di libro” pronte a condividere il loro punto di vista.

Il libro scelto è “La guerra non torna di notte” di Vincenza Alfano; lo hanno letto, ovviamente, e ne hanno parlato, confrontandosi, durante il loro consueto incontro presso la libreria Tasso a Sorrento. Vi ricordate? Si danno appuntamento una volta al mese, per discutere del libro scelto precedentemente.

Peraltro, de “La guerra non torna di notte” c’è stata, anche, la presentazione alla libreria Tasso.

“In questo romanzo incalzante, che culmina sulle barricate delle Quattro Giornate di Napoli del settembre 1943, quando la città insorse contro i nazisti, Vincenza Alfano ritrova una vicenda vera della sua famiglia e la restituisce come narrazione avvincente, salvando, per il futuro, le voci, i gesti, i protagonisti di una pagina importante della nostra storia.”

L’autrice è nata e vive a Napoli, dove insegna italiano e latino; è scrittrice e giornalista, collabora con la pagina culturale del “Corriere del Mezzogiorno”. Inoltre, si occupa di consulenza editoriale e scouting letterario; Al suo romanzo “Perché ti ho perduto” è ispirato il film “Folle d’amore, prodotto da Rai fiction e Jean Vigo, per la regia di Roberto Faenza.

Ma veniamo alle impressioni delle nostre amiche lettrici.

Angela Ansalone osserva: “Il libro di Vincenza Alfano offre molti spunti di riflessione e su tutti due spiccano. 

La condizione femminile con il corteo di condizionamenti che impediscono ai talenti di esprimersi e solo le più ardite e rivoluzionarie compiono atti eroici inseguendo la realizzazione di sé.

Il tema dell’abbandono ricorrente e sofferto lungo tutto il racconto.

Angela durante la presentazione del libro ha chiesto all’autrice: “Quanto, secondo lei, l’abbandono sia un danno permanente e quanto invece possa tramutarsi in una pista di decollo verso nuove consapevolezze del proprio sé.”

“Nel caso di Cenzina”, ha risposto Vincenza Alfano, “Questa ferita dell’abbandono si è tramutata in una nuova consapevolezza di sé da cui trarre forza, per riscattare sé stessa, le persone a lei care e la sua Napoli.”

Roberta Di Leva espone alcuni aspetti che l’hanno particolarmente colpita: “Questo libro è permeato da una moltitudine di elementi.

I ricordi: fondamentali, per l’autrice, che scrive appunto di un racconto narrato dalla sua nonna.

In effetti tutto il libro è tratto dal diario di questa nonna, che aveva raccontato da sempre la sua “particolare” storia.

L’abbandono: la protagonista viene data dalla madre a uno zio benestante, che le assicurerà, sì, una vita agiata, ma anche senza amore. Questo è l’elemento centrale di tutto il racconto e di tutta la sua vita.

I luoghi: sono ben descritte le case in cui la protagonista si trasferirà nel corso della sua vita, ognuna con ricordi affettivi precisi.

Il perdono: non è chiaro se alla fine Cenzina riuscirà a perdonare la madre, per questo abbandono subito. Ma in fondo si può perdonare, da “figlia”, un gesto tale?

In ogni caso, a me ha colpito molto quello che dice la nipote proprio all’inizio del libro: “Ho imparato tardi quanto valgano i ricordi che impregnano la mia memoria in uno sforzo immane di appartenenza”.”

Ornella Cuomo parla della personificazione dei luoghi: “Per Cenzina le case dove ha abitato e il mare fanno parte del suo vissuto emotivo. Come la casa di Salvator Rosa, dove è cresciuta con lo zio e il pianoforte “amico” con cui voleva realizzarsi ed esprimersi, ma anche suo sconforto, perché non riuscirà mai a raggiungere il suo più grande desiderio: diventare concertista.

Importante, per lei, la casa del mare, in via Sermoneta.

Ed è proprio il respiro del mare che le dà la forza di combattere.

Tutte le case vengono descritte come se fossero persone, mentre la sua prima casa, dove viveva con la madre in povertà, nel libro non viene mai descritta.”

Infine, Angela Cacace esprime la sua visione: “… Ritornavo sempre lì da dove ero partita. Ero l’orfana, la bambina abbandonata e affidata allo zio. Tormentata dai sensi di colpa, per aver odiato mia madre e non aver amato abbastanza lui, che mi aveva salvata. Non avevo mai perdonato. Conta poco o niente chi sei diventata. Il passato ti definisce e se non hai sciolto i nodi ti fissa in quella forma che hai rifiutato. Ero un disegno fuori dai margini…” Queste parole tratte dal libro racchiudono, secondo me, il senso universale di cui alcune esperienze sono portatrici.

Cenzina, probabilmente, non ha mai perdonato, ma Vincenza Alfano, la nipote, scrivendo questo libro, raccontando la sua storia, le ha donato un po’ di serenità, della quale non ha mai goduto in vita.”

Come si potrà immaginare non abbiamo parlato soltanto del libro, ma anche di noi, dell’amore, dei viaggi, delle connessioni, della scrittura, degli autori, della passione, dei figli, dell’amicizia…

Appuntamento con le appassionate lettici, di “Cuore di Libro”, il prossimo mese con il romanzo: “L’età fragile” di Donatella Pietrantonio.

A cura di Maria Grazia Grilli

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Redazione StreetNews.it
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