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‘Eduardo e Cristina’ (R.O.F. 2023)

A seguito di un periodo molto impegnativo, Gioachino Rossini dovette onorare un contratto con l’impresario del Teatro ‘San Benedetto’ di Venezia che intendeva far debuttare la figlia in grande stile, con un nuovo titolo rossiniano.
Con poco tempo a disposizione e volendo ‘andare sul sicuro’, Il compositore si accordò affinché la nuova opera fosse composta attingendo brani di musica già rappresentati.
Leone Andrea Tottola e il marchese Gherardo Bevilacqua Aldobrandini (suoi fidi collaboratori) riadattarono il libretto ‘Odoardo e Cristina’ di Giovanni Schmidt musicato da Stefano Pavesi nel 1810 (il libretto rossiniano porterà la sigla dei tre poeti, Dramma per musica di T.S.B.)
Si trattava di un testo ‘vecchio stile’ concentrato su tre personaggi: la primadonna (l’eroina perseguitata), il ‘primo uomo’ (contralto en travesti nel ruolo dell’eroe) e un ‘primo tenore’ (il tiranno).
Su questa struttura, Rossini inserì brani che figuravano in ‘Adelaide di Borgogna’ (1817), ‘Ricciardo e Zoraide’ (1818) e ‘Ermione’ (1819) rappresentate al Teatro ‘San Carlo’ di Napoli e pertanto sconosciute (o quasi) al pubblico veneziano.
Poche scene di collegamento e alcuni brevi brani furono composti per l’occasione. La prima rappresentazione di ‘Eduardo e Cristina’ avvenne al ‘San Benedetto’ di Venezia il 24 aprile 1819 (Rossini guadagnò 1600 lire).

L’opera venne replicata numerose volte negli anni seguenti (anche al Teatro Nacional de São Carlos di Lisbona nel 1824) fino al 1840, poi scomparve dalle scene.
E’ stata ripresa due sole volte in tempi moderni, al festival ‘Rossini’ in Wildbad (Germania) nel 1997 e nel 2017.

Si parla di ‘Eduardo e Cristina’ come di un ‘centone’ (allorché si fa ampio ricorso alla tecnica dell’autoimprestito, attingendo ad opere precedenti) dimenticando che quella pratica era una costante nella storia dell’opera e Rossini non era certamente l’unico ad attingervi (Donizetti, ad esempio non era da meno). Dimentichiamo che il melodramma – anche ad Ottocento inoltrato, periodo di cui parliamo- continuava ad essere qualcosa ‘da costruire su commissione, da smontare e rimontare a seconda delle esigenze’, come è stato scritto più volte.

Occorre però sapere che Gioachino non si limitò a ‘spostare’ la sua musica da altri lavori: la sottopose, piuttosto, a una revisione consona e aderente alla nuova destinazione: é quanto hanno scritto con gran perizia Andrea Malnati e Alice Tavilla, gli studiosi che hanno curato la prima edizione critica dell’opera che ha inaugurato l’11 agosto scorso la 44esima edizione del Rossini Opera Festival.

L’aspetto stupefacente è che quest’opera (ed anche altre realizzate con lo stesso metodo) funzionava al tempo e funziona ancor oggi. Eccome se funziona! Tanti gli applausi e addirittura le ovazioni durante la prima!
Si tratta del 39esimo e ultimo titolo del catalogo operistico rossiniano ufficiale, che vede (con il rigore e l’attenzione che gli sono propri) il M°Jader Bignamini sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e del Coro del Teatro ‘Ventidio Basso’ (M° Giovanni Farina) in una nuova produzione con regia, scene e costumi del trentino Stefano Poda.
La compagnia di canto (piaciuta a tutti) è formata da Daniela Barcellona (Eduardo, nel ruolo en travesti), Anastasia Bartoli (Cristina), Enea Scala (re Carlo), Grigory Shkarupa (Giacomo, promesso sposo) e Matteo Roma (il capitano Atlei).

L’apertura del sipario mi ha fatto trasalire, poi restare a bocca aperta. Non me lo aspettavo di certo. La scena (l’unica), decisamente di grande impatto (perché non si è mai visto qualcosa di simile) racchiude numerosissime sculture di corpi e forme umane archiviate, una specie di deposito museale che diventa quinta teatrale. I colori sono neutri. Io e gli spettatori vicino a me abbiamo pensato (anche se solo per un momento) alla ‘Guernica’ di Picasso.
Il corpo di ballo e del coro (tutti all’altezza della situazione) hanno mostrato grande sintonia con le frasi musicali ma talvolta hanno decontestualizzato la vicenda e distratto il pubblico a scapito della valorizzazione dei cantanti.
E’ una regia lontana mille miglia dal mio modo di sentire ma decisamente originale: sono sicura che ne sentiremo parlare e molto!

Per concludere… qualcosa sulla trama per chi pensa di assistere all’opera (le repliche successive si terranno il 17 e 20 agosto).
Cristina (figlia del re Carlo di Svezia) e Eduardo (condottiero dell’esercito svedese) sono segretamente sposati e hanno un figlio, Gustavo.
La relazione e l’esistenza del bambino vengono scoperti dopo che il re, ignaro, ha promesso Cristina in sposa al principe Giacomo.
Cristina rifiuta il matrimonio ‘riparatore’ con lui (che avrebbe assunto la paternità del bambino) e viene imprigionata con Eduardo nelle patrie galere.
Quest’ultimo ha la possibilità di riabilitarsi quando l’amico Atlei lo libera a seguito di un improvviso attacco dei russi.
Sconfitto il nemico, Eduardo rimette al re la propria vita, chiedendo la libertà per Cristina e Gustavo.
Carlo lo perdona e acconsente all’unione con la figlia.
Paola Cecchini

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Redazione StreetNews.it
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