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Diario di avventure, finestre sulla Terra. Oltre l’orizzonte, in una incantevole scala di verdi. La Ceja. Medellin, Colombia.

La descrizione di qualcosa di straordinario diventa sempre molto complicata. Le parole, spesso, non sono sufficientemente dense o cariche di quel significato e quell’emozione che i tuoi occhi hanno trasmesso alla tua anima e al cuore. Mi sento vuoto. Improvvisamente pieno e colmo. Malinconico e, al secondo, inaspettatamente felice ed allegro. Dicotomia emozionale. Rigida, netta scissione di sensazione e sentimento. Istantaneamente poi, convergente e amichevole riunificazione. In quei primi passi, dopo quel bacio e quell’abbraccio, saliti in macchina, dopo aver caricato tutto nello spazioso portabagagli, ci dirigiamo verso la nostra nuova e futura casetta. Da Rionegro verso il municipio de La Ceja, paesino di circa ventimila persone incastonato tra i verdi campi di fiori e pascoli, dell’Oriente Antiocheno. Tutto fluisce morbido e, ripeto, verde, fuori dal finestrino scuro di quel grande veicolo che ci stava traghettando verso l’appartamento. Stringo la mano a Sebas, il mio amore, il mio traghettatore e complice di questa recente avventura.

Decido di abbassare il finestrino, voglio godermi ogni singolo colore, odore, atto di vita che scorre lì fuori. Chiedo permesso al conducente e lo abbasso. Una scala di verdi e azzurri mi inonda la vista. Tutto è come il velluto, uno zucchero filato, una panna montana a neve, soffice. Tutto è dolce, amabile, pacato e rilassato. Nella velocità della macchina, a volte, si uniscono i contorni, sparendo così l’orizzonte che separa, alla nostra vista, la terra dal cielo. Quell’orizzonte che troppe volte ci intimorisce tracciando una separazione, o un limite invalicabile e che invece, sono contento di aver cancellato. Tutto è un tutt’uno impressionante di natura ed unicità. Ogni cosa mi pare incantevole. Il petricore invade i miei sensi olfattivi, quel tipico odore della pioggia che, probabilmente da poco, aveva smesso di bagnare la terra, lasciando così il suo classico profumo. Il terreno bagnato, il volare sincronico degli uccelli che, felici sorvolano la nostra esistenza.

Raggiungiamo La Ceja, la notte ha già coperto le cose e le persone che, adesso, sono illuminate dai lampioni, dalle luci delle case e le insegne dei negozi. Carichiamo tutte le valigie, la bici, e gli zaini nell’ascensore. Il nostro appartamento è all’ultimo piano, il quinto, in una palazzina, in un comprensorio di quattro edifici con un portiere che sembra molto gentile, un parco giochi comunitario, una palestra ed i box auto. Entro. La casa è piena di palloncini, una scritta “bienvenido” blu è appesa ben grande sulla parete all’entrata. Lo abbraccio nuovamente, sono emozionato, lo è anche lui e la mamma. L’appartamento è bellissimo, grande e spazioso, tre camere da letto, salone, cucina e due splendidi bagni con, sul soffitto, al posto di un muro c’è un vetro che ci permetterà di farci la doccia guardano le stelle, al buio ed illuminati dalla luna, nelle notti nottilucenti. Dei finestroni, in salone e in due delle camere da letto, danno sulle montagne davanti a noi. La notte le cinge, domani mattina avrò l’opportunità di vederle e vedere meglio tutto il panorama. Doccia. Usciamo a cercare qualcosa da mangiare.

Fuori è buio, l’odore di terra bagnata avvolge tutte le cose. Per essere un paese di ventimila anime è vivace e pieno. La gente cammina lungo i marciapiedi molto più alti di come li abbiamo noi in Italia, ad esempio, al lato macchine e piccoli bus scorrono in strada. Facciamo una passeggiata, Seba vuole mostrarmi la piazza principale, i supermercati presenti, controllare che la mia carta funzioni correttamente e assicurarsi che non mi perda la prossima settimana quando, dovrò restare da solo perché lui dovrà finire gli ultimi giorni nella sede dell’ospedale dove lavora come dentista, a Medellin. Realmente non mi preoccupa il fatto di restare da solo, avrò tempo per scoprire, conoscere i ritmi, abituarmi al nuovo orario che, oltre al cambio d’orario, tutto il mio lavoro continuerà con fuso europeo, perciò, avrò la sveglia abbastanza presto verso circa verso le cinque ma finirò massimo alle tredici o le quattordici così, avrò tutto il pomeriggio libero per me. La piazzetta è molto bella, una grande chiesa bianca con i contorni rosso scuro e le grandi porte di legno è posizionata su uno dei lati, ben visibile a tutti quanti. Ha uno stile coloniale, è bella, semplice ed accogliente. Molte palme ed altre piante riempiscono il centro del parco de La Ceja, sembra una mini-foresta. Tutto intorno circondano case basse, alcune in legno scuro, altre in cemento pitturato di bianco o giallo, molti bar, caffè, una gelateria, un paio di forni dai quali esce un odore buonissimo. Tutto è armonico, ancora non posso credere a quello che sto vivendo o, meglio, a quello che mi accingo a vivere.

Colombia.

Il mondo, la vita, le scelte, le persone che incontriamo. Il tessere casuale del destino, degli scontri, degli sfioramenti, del lambire delle esistenze molteplici, sincroniche, asincroniche, uniche, uguali. Le ultime nuvole fanno spazio alle stelle, le stelle alla luna, tutto si tinge, muta. L’amore mutevole delle cose, le scintille, il fuoco, la pioggia. Grazie. Grazie in primis a me stesso per non demordere nonostante tutto, malgrado le cadute naturali e poi, a tutti i cuori coraggiosi e valenti. Ci fermiamo a mangiare in un ristorante messicano, io, Seba e sua mamma Luz. Tutto è piccante, ridiamo, scattiamo le prime fotografie, i miei occhi si fanno rossi per il sonno. Torna la pioggia, corriamo a casa impregnati e felici. Diamo la buonanotte a sua mamma. La abbraccio. Io e Seba raggiungiamo il bagno che si trova dentro la stanza matrimoniale, la più grande. Parliamo sotto lo scroscio dell’acqua calda, bollente che cade dalla doccia, abbiamo spento le luci, siamo seduti sul pavimento in gres e sopra di noi la notte, un cielo a me ancora ignoto che già mi ha innamorato.

Una finestra, un’altra finestra sulla vita, sulla terra e questa è differente, diversa dalle altre. È sul tetto, sul tetto di questa nuova casa, sul tetto di questa nuova avventura.

Ci baciamo.

a cura di Michele Terralavoro

https://www.instagram.com/micheleterralavoro/

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Redazione StreetNews.it
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