mercoledì, Maggio 1, 2024
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Diario di avventure, finestre sulla Terra. Madrid – Medellin. Oltre oceano.

Arrivo a Madrid all’alba, con un bus direttamente all’aeroporto di Madrid Barajas. Sulle spalle la mia inseparabile Kanken gialla, un borsone blu, scuro, pieno, appeso alla mia spalla sinistra. La mia mini-tastiera nella mano destra e, “sottobraccio”, una bicicletta da corsa ben smontata e imballata. Sono le sette della mattina, il mio volo intercontinentale partirà alle tredici in punto. Fuori, vicino a dove arrivano i taxi trovo un carrellino, di quelli metallici dove mettere sopra tutte le valigie e cose da trasportare. Colloco il tutto sopra e mi avvio verso l’area di fatturazione. Apre alle nove, ne approfitterò per lasciare le mie pertinenze, tranne il mio zaino giallo, dove ho il mio passaporto e i documenti importanti, i libri, la mia agenda ed il pc. Mi metto in fila, ci sono solamente tre persone. La hostess di terra è gentile, posiziono le cose sulla pedana scorrevole, pesa ogni valigia o borsone e lo spedisce verso il mio destino. La ringrazio, prendo il biglietto e via alla ricerca di un posto dove fare colazione. McDonalds è la risposta. Mi siedo su uno dei divanetti in ecopelle, chiamo la mia mamma, il mio papà. Ricevo differenti raccomandazioni, il viaggio è lungo, nove ore di volo ma, soprattutto, mi porterà abbastanza lontano da casa, da loro, dal luogo dove sono nato e cresciuto. Dove ho sviluppato parte della mia attuale personalità, il luogo che ha influito nella persona che sono oggi. Lì, a Roma, ho frequentato l’asilo, le elementari, il liceo, l’università. Lì, ho iniziato il mio primo lavoro importante nel campo artistico. Siamo gran parte, le persone che incontriamo. Questo mi ha detto anche mia nonna Guendalina, ed ha pienamente ragione.

Raggiungo il gate, è molto lontano il terminal 4S, devi prendere una metro senza conduttore interna e in 20 minuti raggiungere il terminal da dove partono la maggior parte dei voli transoceanici. Lo raggiungo, arrivo al gate. L’emozione e l’adrenalina sono alle stelle, una lacrima scende, così come una seconda, una terza e così via. Ho già preso voli lunghi, per andare in Australia, a Sidney con la scuola ma, questo è diverso, mi porterà verso una nuova straordinaria tappa della mia vita. Colombia, America Latina, terra sconosciuta a me. Conoscerò persone nuove, una cultura differente, uno stile di vita probabilmente distante da quello che ho avuto e vissuto finora. Tutto promette grandi cose. Tutto, sento, sarò incredibile e abbacinate. Sono quasi le tredici, è giunta quasi l’ora di prendere il volo verso questa nuova fase di vita, un nuovo gradino da salire, o da scendere, non tutto è sacrificio. Chiamo nuovamente mia mamma, nella sua voce incontro una densa emozione, è contenta per me, di quello che sono, del mio coraggio nell’affrontare nuove sfide, nel raggiungere i miei sogni. Questa è la vita, questa non è una esercitazione. La vita è già, è ora, non domani. Questo non significa non curarsi del passato o prendersi cura del futuro, al contrario, vuol dire affrontare il presente unico e irripetibile, non dimenticando gli insegnamenti del vissuto e senza perdere di vista che, quel che siamo oggi, sarà il risultato di quello che saremo domani. Le mando un bacio virtuale, già l’ho abbracciata forte a Roma, quando ci siamo detti: “a presto”. Le scriverò non appena saremo atterrati.

Metto in modalità aereo il mio cellulare, scrivo al mio amore che, già vado da lui, e che, in nove ore circa, lo abbraccerò forte e gli darò i baci che, per la lontananza, non gli ho potuto dare. Gli dico che lì ho tenuti da parte in una sacca piena. Lui è contenuto non vede l’ora, mi dice che la nostra nuova casa è già pronta che, insieme a sua mamma Luz, stanno pulendo e sistemando le ultime cose, il wi-fi per il mio lavoro, e la stanza studio dove potrò sistemarmi, la nostra camera matrimoniale, i suoi vestiti, i bagni e la cucina. Prendo posto. Allaccio la cintura di sicurezza. Si vola. L’aereo, lentamente, almeno da passeggero, raggiunge la altezza necessaria. Siamo a, più o meno, 23 mila piedi. Vicino a me il sedile è vuoto, così metto il mio zaino lì sopra. Ci portano il kit per dormire, il pilota ci informa della rotta e delle condizioni meteo che, fortunatamente, sono buone.

Sbircio sul tablet i film e le opzioni per intrattenermi un pochino durante il viaggio. Tutto scorre tranquillo. Ci portano il pranzo, successivamente qualche spuntino e bevanda. Riesco a dormire un poco dove aver visto alcuni episodi vecchi di “Friends”. Fuori procede il tempo, sembra quasi un intervallo dalla vita, qui seduto in questo abitacolo. Passano così le poche nuvole che incontriamo. L’azzurro del cielo è intenso, compatto, carico ed omogeneo. Incrociamo un paio di altri voli in direzione opposta. Sotto il mare, sopra ancora il cielo ceruleo. Azzurro. Raggiungiamo terra, vedo Repubblica Domenicana, e successivamente il verde di Colombia. Le pulsazioni del mio cuore iniziano a battere più forti, si intensificano, sono emozionato. Questa è la vita. Riallaccio la cintura di sicurezza, ripongo il tavolino, spengo il tablet. Prima però in bagno per lavarmi i denti, sciacquarmi il viso, mettere un pochino di deodorante ed una crema hehe. Provo ad essere presentabile oltre la mia tuta blu. Atterriamo. Colombia, aqui estoy!

Passo migrazione, mi aggancio al wi-fi dell’aeroporto di Rionegro Medellin, chiamo la mamma, mio papa, scrivo ai miei fratelli e sul gruppo della famiglia. Non sto nella pelle e neanche loro. Realizzo il mio sogno e, in parte l’orgoglio dei miei genitori nel vedermi un uomo libero. Passo migrazione, il primo timbro. Aspetto le valigie che rullano verso di me, mi consegnano la bicicletta. Esco. Lui è lì, ed è bellissimo. Te Quiero! Un bacio da film, un abbraccio da brivido, conosco la mamma, Luz, la abbraccio anche.

Inizia!

a cura di Michele Terralavoro

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Redazione StreetNews.it
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