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Diario di avventure, finestre sulla Terra. L’eterna primavera. Antioquia

Passò la rugiada mattutina sopra i deboli steli verdi dei prati. La nebbiolina al profumo di caffè, i trattori colmi di fiori e piante, dalle ruote piene di fango umido dall’odore unico della pioggerellina di alta quota. Trascorsero i giorni, il volo stabile e gioioso degli uccellini che, in storno, sorvolavano La Ceja ed Antioquia. Se ne andarono i giorni in questa eterna primavera, i miei caffè con cannuccia al bar, le paste, i dolcetti, osservandomi reciprocamente con la gente. Se ne andarono anche i pensieri, i pregiudizi che le persone mi avevano innescato dentro, fottute paranoie, timori e cliché, sulla pericolosità di questa nazione, Colombia. Maledette Netflix e tutte le altre piattaforme. Fluì il tempo, tra il tempo stesso della vita, attraverso lo scorrere degli attimi, gli sguardi e la pienezza di questa eterna primavera che sa di felicità riconoscente. Amo il tempo, ed il caffè solubile. Amo il tentennare dell’assaggio della pasta per vedere se è effettivamente cotta o meno. Basta un solo boccone, ci soffi sopra leggermente, la provi e decidi. La vita è, le scelte che facciamo giorno per giorno, minuto per minuto, secondo dopo secondo.

Arriva il sabato, il fine settimana, già non sono da solo. La mattina ha il tempo dalla sua parte, ci avviamo verso il mercato rionale, oggi si, con alcuni contanti in tasca sarà fattibile comprare qualcosa. Ci sono varietà immense a me assolutamente sconosciute di ogmni tipo di frutta. Mango, Avocado, Granadilla, Guayaba, Lulo, Maracuya, la deliziosa Curuba, la grande e dolcissima Guanabana, l’immancabile Papaya, le piccole e freddolose Uchuva, la immangiabile fuori casa Pitahaya e molte altre ancora. Facciamo una piccola o media scorta, devo provarli tutti! Con i sacchetti in mano continuiamo ancora per un pochino il nostro giretto, accanto al ruscello, tra le viuzze, per le strade e le scale. E fu sabato, e fu domenica.

Mi abituai all’orario e alla dieta, molte “Arepas”, molta “Bandeja Paisa”. L’eterna primavera si evolve, dentro il suo statico passare, porta la pioggia, poi il sole bianco alto e vigoroso ed ancora il vento, la nebbia, un paio di acquazzoni improvvisi e violentissimi, furiosi, repentine le schiarite d’azzurro e blu, le stelle ad altezze nottilucenti, la notte languida e passionale ed anche ristoratrice e madre. Il volo ingenuo di alcuni piccoli pappagallini affrontando il loro primo decollo fuori dal nido, lo schiamazzare delle friggitrici poste fuori dalle case senza nessun problema, il fumare dei morsi delle mini empanadillas o dal centro delle patate ripiene. Il fischiare dell’arbitro sudando dietro i giocatori che a loro volta sudando appresso al pallone che rotola e rotola lungo tutto il campo. Non è facile fare goal, non è facile mettere in buca i sogni che avevamo da bambini o crescendo quelli più vitali da adolescenti. Non è semplice traghettarli attraverso gli anni, che, a volte, intorpidiscono le spalle e le gambe. Non è mai scontata la forza e la volontà di vivere nella pienezza tra i frantumi inevitabili delle “realtà” che, a tutti i costi, ci spiattellano o ci vogliono spiattellare davanti al volto, in faccia, nelle scuole, in famiglia, nell’amicizia. Eppure, credo che, nel mio piccolo, ho imparato a vivere leggero, tutto il necessario è racchiuso dentro di me, ed in un piccolo zainetto, fra le pagine stropicciate di un libro o di un quaderno vuoto. Ho ripulito, svariate volte, i cocci rotti, provato a rimettere i pezzi di questa esistenza insieme, tra la paura ed i timori di non farcela o, meglio, di non volercela fare più! Eppure, ho scoperto che qui, la primavera è eterna.

Torniamo a casa, saliamo i cinque piani a piede con la voglia di provare, almeno io, quei nuovi sapori. Laviamo per bene la frutta comprata e iniziamo a assaggiarli tutti quei frutti dai sapori nuovi per il mio palato e la mia mente. Ne tagliamo un pezzetto, e lo assaporiamo come fossimo dei grandi sommelier ma, di frutta. Sono deliziosi, alcuni dolcissimi, altri acidi o amari, alcuni viscidi, ed altri duri, ma ognuno speciale ed unico. Iniziamo a viaggiare con la mente, che posto visitare a fine mese. Cartagena, Santa Marta, San Andres, Palomino, Sapzurro, Eje Cafetero, Quindio, Salento, Jardin, i nomi si susseguono imparabili I loro sostantivi non mi dicono assolutamente nulla però, dalle foto si vedono straordinari e stupendi e così, tra un assaggio e l’altro di frutta compriamo i biglietti aerei, prenotiamo l’alloggio, lo scegliamo con cura e dedizione. Sarà al mare e, anche se amo gli spoiler, la destinazione la scoprirete nel prossimo capitolo perché, primavera a parte, la vita è così fottutamente imprevedibile e per questa stessa ragione, immensa e singolare.

a cura di Michele Terralavoro

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Redazione StreetNews.it
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