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San Carlo: Pirozzi domina il metateatro di “Norma”.

Il 7 settembre 2022 c’è stata la prima dei “Puritani”, che ha accusato  l’“effetto Napoli”, vista la poca presenza di pubblico in platea e palchi. In più si era allora al preludio della fantastica annata del terzo scudetto, con la squadra partenopea quel giorno impegnata a Fuorigrotta per una gara di Champions contro il Liverpool.

Nella Prima del 12 marzo, invece, nonostante la corrispondenza con il match europeo del Napoli contro il Barcellona, Bellini e la sua “Norma” non sono messi in secondo piano. La sala del San Carlo è quasi piena. Presente anche una spettatrice d’eccezione, il soprano Jessica Pratt, in pausa a Napoli dopo la produzione scaligera appena terminata di “Die Entführung aus dem Serail”. Si respira un clima di entusiasmo già all’ingresso del Lirico. Il pubblico comprende habitué così come di turisti, di stranieri, ma soprattutto di giovani studenti. Molte scuole del locale, così come di Bari e Prato, organizzano una gita fuori porta al Massimo Napoletano, caratterizzata da risate, applausi fuori tempo e continuo vociare, sintomi di un probabile disinteresse generale.

Venendo alla rappresentazione, già dalla sinfonia il Maestro Lorenzo Passerini, con i movimenti e il gesto marcato, delinea una “Norma” ben legata all’azione, bilanciata tra i momenti di maggiore forza scenica e quelli più intimi e patetici, riuscendo con efficacia a far dialogare orchestra, voci e coro. Al vaglio di critici e spettatori la regia di Justin Way (nuova a Napoli, già adoperata nel 2016 al Teatro Real di Madrid), che rispetta la preannunciata dimensione “metateatrale”: per buona parte dell’opera ai lati della scena sono presenti delle strutture estranee all’ambientazione, nelle quali i personaggi si rifugiano (vedi Pollione in “Meco all’altar di Venere” o Adalgisa  nel duetto con lo stesso Pollione), forse a intendere la loro dimensione mentale, uno stato della coscienza. In più, cambi di scena fatti a sipario alzato con tanto di comparse in veste di scenografi.

Non si registrano, nel complesso, eccessive stravaganze: la resa scenica di “Casta Diva”, ad esempio – inserti “psicologici” a parte – rispetta quasi alla perfezione le indicazioni del libretto con tanto di protagonista con falce in mano a mietere il sacro vischio per porgerlo alle servitrici. Justin Way parla alla vigilia di un’opera ambientata non in tempo di campagne espansionistiche della Roma repubblicana, ma dei moti risorgimentali che coinvolsero anche l’anno in cui Norma fu composta, il 1831. Tutto questo in scena appare limitato e, in fin dei conti, solo un’idea non realizzata appieno. Si registrano solo due inserti, le tenute ‘simil-napoleoniche’ di Pollione e Flavio nel primo atto e il vessillo della ‘Giovine Italia’ con il motto “Unione, forza e libertà” sbandierato durante il coro “Guerra, guerra”.

Nel cast primeggia, sia ad honorem che soprattutto per resa, la Norma di Anna Pirozzi, il soprano italiano più importante del momento, che, pur in un repertorio non certo corrispondente a ciò che l’ha resa nota sui palcoscenici internazionali, dà sfoggio delle migliori doti del suo canto. È un dato di fatto che il timbro squillante, l’agilità e la resa tecnica da manuale della monumentale “Casta Diva” le valgono il caloroso apprezzamento del pubblico pagante, anche quello rumoroso. Nella veste di Adalgisa a brillare è il mezzosoprano russo Ekaterina Gubanova che consacra il timbro scuro e avvolgente attraverso le forme sinuose della voce.

Nel tenore italo-inglese Freddie De Tommaso, al debutto sia al San Carlo che nel fantastico ruolo di Pollione, per pressoché l’intera performance prevale l’intenzione di mostrare al pubblico l’autorevolezza e la  forza d’animo che si deve dare a un proconsole romano. “Meco all’altar di Venere” pullula di acuti forti e ardimentosi, a discapito delle parti in cui il personaggio è mosso a pietà, come quella appena prima il suicidio. Un buon inizio, nel complesso, in un ruolo che potrà plasmare e cesellare nel corso della carriera. A completare il cast il possente Oroveso di Alexander Tsymbalyuk (ancora a Napoli dopo la prima di “Turandot”), la Clotilde della debuttante Veronica Marini e l’ex allievo dell’Accademia del San Carlo Giorgi Guliashvili, nel ruolo di Flavio.

A cura di Giuseppe Scafuro – immagini riservate.

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Redazione StreetNews.it
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