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In-sanità: il teatro sociale denuncia la malasanità italiana

Peppe Romano ha portato in scena al Teatro Tram di Napoli, fino a domenica scorsa, la storia di Pietro Fusco, vittima di reiterate negligenze mediche.

Dovevano essere esami cardiologici di routine, quelli che il giovane Pietro Fusco aveva prenotato in una struttura sanitaria pubblica del sud Italia, da concludersi nel giro massimo di un’ora e tali comunque da non impedirgli di frequentare il suo corso di lingua tedesca nel primo pomeriggio. E invece una serie di disservizi, di attese dilatate (presentate in partenza come attese di 2 minuti) e di grotteschi imprevisti costringono il povero paziente (termine perfetto per descrivere anche il suo stato d’animo) ad una snervante permanenza in ospedale, con una rabbia a stento trattenuta e pronta ad esplodere da un momento all’altro. Nella sala d’attesa intanto sfilano davanti ai suoi occhi vari altri pazienti più o meno “fortunati” (di alcuni dei quali segue il percorso di “crescita” che li porta da «sbarbatelli» a diventare «uomini»), personaggi che si professano non razzisti e che invece in modo qualunquistico sfoderano una serie di luoghi comuni contro gli immigrati, un uomo con vari tic, che, dopo essere andato in bagno, inspiegabilmente si perde, salvo prendersela poi con la moglie ignara. Ma soprattutto è il personale medico con cui Pietro in primo luogo deve interagire: dalla dottoressa “Cerbero” dalla quale, ad ogni gentile richiesta di informazione, viene brutalmente rispedito in sala d’attesa, al dottore che, dimenticando quasi di sottoporlo ad un ecocardiogramma, praticamente lo abbandona seminudo in una gelida stanza, al dottore imbranato e daltonico che, malgrado i tanto decantati 20 anni di onorato servizio, sembra meno che alle prime armi, e che arriva addirittura a smarrire i suoi referti. L’iniziale impressione è quella di un’accentuazione caricaturale di disavventure sanitarie in cui tutti, chi più chi meno, ci siamo imbattuti. Eppure l’epilogo, in cui finalmente erompe la rabbia fino ad allora malamente contenuta, svela una verità ben più amara, una verità di cui quelle disavventure sono solo un miserabile e umbratile riflesso: Pietro Fusco è la vittima di reiterate negligenze mediche che lo hanno portato ad una condizione invalidante. La critica veemente e impietosa contro certa malasanità è il filo rosso della pièce teatrale In-Sanità di Peppe Romano (co-autore e interprete unico), che ha debuttato giovedì 24 marzo (con repliche fino a domenica scorsa) al Teatro TRAM di Napoli, con la regia di Katia Tannoia. Una denuncia che acquista una più tagliente incisività, se pensiamo che Pietro Fusco non è un personaggio di fantasia, ma esiste realmente e realmente, sulla propria pelle, ha vissuto un’esperienza di vita ai limiti dell’immaginabile, esperienza che ha voluto condividere nella scrittura teatrale con l’attore Romano. Denuncia che tuttavia non vuole abbracciare in toto il sistema sanitario, fatto di tante eccellenze o di semplici professionisti che svolgono con dedizione il proprio lavoro, ma solo la sua parte più in-sana. Lo spettacolo, che nell’edizione del 2019 de “I corti della formica” è risultato finalista e vincitore del premio per il Miglior Attore, ha il pregio di mantenere vigile l’attenzione su un problema scottante sempre attuale, che, in parte, proprio l’emergenza sanitaria, paradossalmente, ha fatto passare in secondo piano.

Massimiliano Longobardo

Foto in evidenza: Nina Borrelli.

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Redazione StreetNews.it
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