giovedì, Maggio 16, 2024
No menu items!
HomeRedazione StreetNewsComunicati StampaCoronavirus, Mantovani: "Lascito post Covid preoccupa" 

Coronavirus, Mantovani: “Lascito post Covid preoccupa” 

[CORONAVIRUS NEWS – Adnkronos]

“Stiamo vedendo dei quadri legati” al coronavirus Sars-CoV-2. “Ed è chiaro che ci sono preoccupazioni su quale sarà il lascito post Covid. Penso a chi continua ad avere problemi polmonari causati dal danno infiammatorio una volta guarito, ai lunghi strascichi che si stanno osservando in alcuni pazienti. E una delle preoccupazioni più grandi è quella che riguarda i bambini un po’ più grandi, che peraltro ho l’impressione non abbia ricevuto tanta attenzione: abbiamo davanti una nuova malattia che ha un nome, si chiama Multisystem Inflammatory Syndrome in Children (Mis-C)”, è associata all’esposizione a Sars-CoV-2 “e ora è meglio definita”. A fare il punto con l’Adnkronos Salute è l’immunologo Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano) e docente di Humanitas University.  

“La premessa è doverosa e va ripetuta continuamente: sappiamo davvero poco di Covid-19. Io so di non sapere. Nella storia naturale di un medico ‘anziano’ come me, succede qualche volta di confrontarsi con una malattia nuova e Covid-19 lo è. Siamo davanti a una sindrome nuova di cui non si capisce il perché, se non che è coinvolta una risposta infiammatoria”, spiega Mantovani, fra gli scienziati italiani più citati al mondo. Quello che si comincia a vedere da un po’ di tempo sono casi di persone ormai negative che fanno i conti per lungo tempo con problematiche di vario genere, come se non fossero mai guarite: stanchezza, difficoltà respiratorie, perdita di capelli.  

“Non sappiamo perché succede – puntualizza Mantovani – ma al riguardo si può avere un sospetto. E’ ragionevole pensare che può succedere qualcosa che ha a che fare con quello che abbiamo definito tono infiammatorio. E’ qualcosa che non si manifesta come la febbre e che si vede associato a tante situazioni cliniche diverse: è come se venisse cambiato il reostato del nostro tono infiammatorio di base, come se si fosse alzata la ‘temperatura’ di base. E’ possibile, dato che la componente infiammatoria in Covid-19 è così dominante, che stia succedendo questo”. 

Quello dell’infiammazione è uno dei temi che Mantovani tratta nel suo ultimo libro, ‘Il fuoco interiore’, edito da Mondadori. “Succede che è come se lo stato infiammatorio si alzasse, può capitare per esempio in una situazione di obesità, quando si invecchia non bene”, elenca l’immunologo. “Di questo aspetto del tono infiammatorio sotteso a manifestazioni cliniche molto diverse abbiamo discusso fra diversi esperti in un position paper pubblicato su ‘Nature Medicine’. Quelle che possiamo dire comunque è che l’infiammazione è una metanarrazione della medicina contemporanea. Attraversa diverse patologie”, continua Mantovani. 

“Il fatto che ci sia una prova formale che è avvenuta una re-infezione” con il coronavirus Sars-CoV-2 “non equivale a dire che la persona che si è contagiata due volte si è riammalata”. “Oggi sappiamo molto di più dell’immunità” al nuovo coronavirus, “ma è ancora troppo poco”, sottolinea lo scienziato. “Abbiamo sempre detto – ricorda – che chi si ammalava non si riammala, adesso abbiamo un caso documentato di re-infezione in cui però la persona, da quello che ho letto sulla rivista scientifica che ha pubblicato il caso (‘Clinical Infectious Diseases’), non ha sviluppato malattia”, come ha confermato anche un noto virologo dell’università di Hong Kong, Malik Peiris, non fra gli autori dello studio sulla re-infezione ma informato sul caso. “Quindi – prosegue Mantovani – possiamo guardare come sempre al bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Se la persona non si è riammalata, è ragionevole pensare che il suo sistema immunitario stia facendo il lavoro necessario”. L’esperto spiega inoltre che a Hong Kong hanno una forte tradizione di ricerca su questo fronte e Peiris “è stato uno dei pionieri nello studio del virus della Sars, quindi sa di cosa sta parlando. Se leggiamo bene il dato che emerge da quel lavoro il soggetto non si è ammalato una seconda volta – precisa Mantovani – ma si è reinfettato col virus”. Rari casi, ha puntualizzato anche l’Organizzazione mondiale della sanità, ma “questo sottolinea di nuovo quanto ancora non sappiamo”.  

Per quanto riguarda i più piccoli, ha colpito nei mesi scorsi il quadro individuato da pediatri inglesi, e osservato anche da camici bianchi di Bergamo, una delle città fra le più colpite da Covid-19 nella fase più dura dell’emergenza. I britannici lo avevano definito ‘simil Kawasaki’. “Qualche settimana fa sono usciti un paio di lavori e un editoriale sulla rivista ‘New England Journal of Medicine’. Direi che ormai sta diventando chiaro che Covid possa lasciare dei brutti ricordi. In che misura, quando, in che soggetti, e così via, sono tutte domande a cui non abbiamo ancora una risposta certa. Sono comunque quadri legati a una risposta infiammatoria fuori controllo. E la preoccupazione che io esprimo per le problematiche rilevate in alcuni bambini è perché ho sentito più di una persona dire che per fortuna questa malattia li risparmia. Non è sempre così”.  

Certo, puntualizza l’immunologo, “gli anticorpi” anti Sars-CoV-2 “sono solo la punta dell’iceberg della risposta immunitaria. C’è infatti una risposta di prima linea, che è l’immunità innata, e che di solito nel 90% delle volte che incontriamo un ‘nemico’ risolve i problemi, senza che ce ne accorgiamo. La maggior parte delle specie viventi ha solo quello come difesa. Poi ci sono i direttori dell’orchestra immunologica, che sono le cellule T e sono quelle che hanno la memoria immunologica. Il cuore di questa memoria è qui. E poi noi vediamo i ‘missili anti Covid’, ma sono solo una delle manifestazioni”. “Dati del Karolinska Institutet” svedese “dimostrano che ci sono molti soggetti che non hanno gli anticorpi, ma hanno la risposta delle cellule T, che sono una sorta di centrale operativa”, osserva Mantovani. “Tornando al caso di Hong Kong – conclude – ci fa riflettere sul fatto che non sappiamo quanto dura la memoria dopo l’infezione” da Sars-CoV-2, non sappiamo neanche quanto dura dopo il vaccino. Del resto il follow up più lungo è di 56 giorni, lo sottolineano anche gli autori delle analisi sul vaccino di Oxford. E’ tutto da scoprire”.  

image_printStampa Articolo
Davide Napoletano
Davide Napoletano
Davide Napoletano, classe 1987, organizzatore per il mondo degli eventi di piazza, locali, privati e di beneficenza, ama in modo particolare la scrittura e dopo aver collaborato con giornalisti famosi a livello nazionale decide di dar vita al quotidiano online StreetNews.it e seguire anche la strada della notizia come reporter/giornalista. I suoi hobby sono la grafica pubblicitaria, fotografia e il marketing pubblicitario.
RELATED ARTICLES
- Advertisment -

articoli popolari

commenti recenti

- Advertisement -