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Covid, il rapporto: in Italia un morto su 5 era affetto da demenza 

[CORONAVIRUS NEWS – Adnkronos]

Un morto di Covid-19 su 5 in Italia era affetto da demenza. Il dato emerge da uno studio promosso da Alzheimer’s Disease International che ha analizzato l’impatto della malattia provocata dal coronavirus Sars-CoV-2 su questa categoria di pazienti nei mesi dell’emergenza sanitaria. Il lavoro ha coinvolto 9 Paesi tra cui l’Italia (gli altri sono Regno Unito, Spagna, Irlanda, Australia, Stati Uniti, India, Kenya e Brasile).  

I tassi di mortalità risultano molto alti fra le persone con demenza. Si parla, spiega la Federazione Alzheimer Italia rappresentante di Alzheimer’s Disease International per il Belpaese, del 25% in Inghilterra e Galles, del 31% in Scozia e del 19% in Italia. “Questi dati confermano quanto alta sia stata la percentuale di decessi correlati al Covid-19 di persone con demenza ospiti nelle strutture assistenziali”, spiegano gli esperti. L’età è il principale fattore di rischio per la demenza e gli anziani sono il gruppo più a rischio di contrarre il virus: conferma ne è il fatto che l’86% dei decessi per Covid-19 riguardano soggetti over 65.  

L’impatto della pandemia, segnala la Federazione, è stato estremamente drammatico anche per le persone con demenza in assistenza a ‘lungo termine’: a causa del virus “hanno avuto accesso limitato alle cure mediche e assistenziali, perso la quotidianità del contatto umano, le diagnosi sono state sospese e così anche la ricerca, tutti fattori che hanno peggiorato la qualità della loro vita”. Per Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia è ora di analizzare i bilanci: “Abbiamo vissuto mesi drammatici in cui sono stati commessi errori e i numeri ce lo confermano: 1 su 5 decessi da Covid-19 riguardano persone con demenza. Abbiamo l’obbligo morale di analizzare questi dati per capire cosa è successo ed evitare che accada di nuovo”.  

I dati sull’Italia sono stati raccolti da uno studio realizzato dall’Istituto superiore di sanità, anche se mancano ancora dati definitivi sui contagi nelle Rsa e sull’impatto sui caregiver, anch’essi pesantemente coinvolti nella pandemia. “Ma accanto agli aspetti più dolorosi, abbiamo tanti esempi virtuosi: cito, ad esempio, le associazioni locali e le Comunità amiche delle persone con demenza che da subito si sono attivate creando una rete di protezione solidale per i malati e i familiari. E’ da queste esperienze che dobbiamo ripartire”, dice Salvini Porro. 

In questa direzione vanno anche alcuni studi portati avanti da gruppi di ricercatori in tutta Italia che rilevano che nella maggior parte dei casi le persone con demenza come primo sintomo dell’infezione da coronavirus Sars-CoV-2 presentano l’aggravarsi dello stato confusionale (delirium) e non i più tipici sintomi individuati (febbre, difficoltà respiratorie, tosse). Un dato utile per diagnosi più tempestive e corrette. Chiede pubblicazione dei dati e tutela dei diritti delle persone con demenza nell’accesso alle cure mediche l’Alzheimer’s Disease International, attraverso le parole del Ceo, Paola Barbarino: “All’inizio del Mese Mondiale dell’Alzheimer ci rivolgiamo ai governi affinché raccolgano e pubblichino dati trasparenti e incrementino l’assistenza per proteggere i soggetti vulnerabili con demenza”. 

Richiesta portata avanti anche in Italia dalla Federazione Alzheimer, che ad aprile ha inviato una prima lettera al ministro della Salute Roberta Speranza, auspicando che “l’accesso ai servizi di terapia intensiva sia trasparente ed equo per ogni individuo, senza distinzione di età, genere o giudizi di valore che non siano basati su criteri strettamente sanitari e che venga garantito un trattamento basato sul rispetto della dignità del paziente”. E’ seguita una seconda lettera inviata a fine luglio con la richiesta specifica di linee guida per la gestione dell’emergenza da Covid-19 nelle Rsa e nei centri diurni per persone con demenza, al fine di garantire la sicurezza di ospiti, operatori sanitari e familiari. 

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“Trump ha mentito sulla scienza”, l’editoriale di Science 

[CORONAVIRUS NEWS – Adnkronos]

“Quando il presidente Usa Donald Trump ha iniziato a parlare al pubblico della malattia da coronavirus, Covid-19, a febbraio e marzo, gli scienziati sono rimasti sbalorditi dalla sua apparente mancanza di comprensione della minaccia. Abbiamo supposto che si fosse rifiutato di ascoltare i briefing della Casa Bianca o che fosse stato messo al riparo deliberatamente dalle informazioni. Ora, poiché il giornalista del ‘Washington Post’, Bob Woodward, lo ha registrato, possiamo sentire la stessa voce di Trump che diceva di aver capito esattamente che Sars-CoV-2 era mortale e si diffondeva nell’aria. Quando minimizzava il problema con il pubblico, Trump non era stato confuso o informato in modo inadeguato: ha mentito apertamente, ripetutamente, sulla scienza al popolo americano”. Sono le dure parole di un editoriale pubblicato su ‘Science’, una delle riviste di riferimento della comunità scientifica internazionale.  

“Queste bugie – scrive l’autore H. Holden Thorp – hanno demoralizzato la comunità scientifica e sono costate innumerevoli vite negli Stati Uniti. Nel corso degli anni, questa pagina ha commentato le debolezze scientifiche dei presidenti degli Stati Uniti su temi importanti”, come il cambiamento climatico. “Ma, ora, un presidente degli Stati Uniti ha deliberatamente mentito sulla scienza in un modo che era in maniera imminente pericoloso per la salute. Questo potrebbe essere il momento più vergognoso nella storia della politica scientifica statunitense”. 

L’editoriale su ‘Science’ fa riferimento a un’intervista di Woodward datata 7 febbraio 2020, in cui Trump “affermava di sapere che Covid-19 era più letale dell’influenza e che il virus si diffondeva nell’aria. Ma il 9 marzo – ricorda l’autore – ha twittato che ‘la comune influenza’ era peggiore di Covid-19”. Vengono ricostruite diverse dichiarazioni del presidente Usa. E viene anche riportato il caso di Nancy Messonnier, direttrice del National Center for Immunization and Respiratory Diseases, istituto dei Cdc, centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, che aveva affermato: “Non è tanto una questione se questo accadrà più, ma piuttosto una questione di quando esattamente ciò accadrà e quante persone in questo Paese avranno una grave malattia”. “Aveva ragione”, scrive l’editorialista di Science. “E Trump lo sapeva. Ma lui l’ha zittita. E ha anche cercato di controllare i messaggi di Anthony Fauci, il principale leader sulle malattie infettive della nazione”. 

“Trump sapeva anche che il virus poteva essere mortale per i giovani. Tuttavia, ha insistito affinché le scuole e le università riaprissero e che il football del college riprendesse”, prosegue Thorp che evidenzia in contrasto il ruolo della scienza nella lotta al coronavirus. “I ricercatori stanno sviluppando instancabilmente vaccini e studiando le origini del virus in modo da prevenire future pandemie. Gli operatori sanitari si sono esposti per curare i pazienti Covid e ridurre il tasso di mortalità”. Trump invece, conclude, “non era all’oscuro e non stava ignorando i briefing. Ascolta le sue stesse parole e ha mentito. Chiaro e semplice”. 

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Willy, “sdegno verso chi ha compiuto gesto inumano” 

[FONTE Adnkronos]

Il vescovo di Tivoli e di Palestrina Mauro Parmeggiani durante l’omelia pronunciata in occasione dei funerali di Willy Monteiro Duarte: “Insegnamento Willy non cada in oblio”. “Angelo coraggioso”, la commozione (VIDEO). Presente il premier Conte, in camicia bianca per rispettare la richiesta della famiglia e degli amici del 21enne. Salvini: “Da papà e italiano chiedo giustizia” 
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Sardegna si blinda, ingresso con certificato di non positività 

[CORONAVIRUS NEWS – Adnkronos]

La ‘stretta’ sugli ingressi in Sardegna era nell’aria e ieri, nella tarda serata, è arrivata la nuova ordinanza del presidente della Regione Sardegna che prevede la certificazione di non positività per chi arriva nell’Isola. Una sorta di passaporto sanitario, a cui il presidente Christian Solinas aveva pensato all’inizio della stagione estiva e turistica e che aveva accantonato travolto da critiche e accuse arrivate anche da esponenti del Governo nazionale. 

Dopo la ripresa del virus -‘arrivato da fuori, a luglio la Sardegna era Covid free’ ha ribadito più volte Solinas – con i contagi registrati ad agosto e i numeri che anche nell’Isola crescono (da giorni la terapia intensiva del principale Covid hospital, il Santissima Trinità di Cagliari, è piena), il Presidente prova a blindare la Sardegna, forte dell’Autonomia regionale che gli consente “anche in qualità di Autorità Sanitaria Regionale, di valutare e ponderare gli interventi necessari per la tutela della salute pubblica”. 

“Le dimensioni sovranazionali del fenomeno epidemico e l’interessamento di più ambiti sul territorio nazionale – si legge nella premessa dell’ordinanza firmata ieri – rendono necessarie misure volte a garantire l’attuazione dei programmi di profilassi elaborati in sede internazionale ed europea, graduando le misure in base alla specificità del contesto territoriale interessato, nel rispetto dei principi di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza al rischio effettivamente presente sul territorio regionale”.  

Da lunedì 14 settembre, quindi, “i passeggeri che intendono fare ingresso nel territorio regionale, provenienti dall’estero e/o dal territorio nazionale, sono invitati a presentare, all’atto dell’imbarco, l’esito di un test – sierologico (IgG e IgM) o molecolare (RNA) o Antigenico rapido – eseguito non oltre le 48 ore dalla partenza, che abbiano dato esito negativo per covid-19. I passeggeri potranno, alternativamente, dimostrare, sempre all’atto dell’imbarco, di aver compilato on line apposita autocertificazione, comprovante di essersi sottoposti, nelle 48 ore antecedenti all’ingresso nel territorio regionale, ad un test sierologico, molecolare o antigenico, il cui esito è risultato negativo, avendo cura di indicare obbligatoriamente: a) il tipo di test effettuato e la data di esecuzione; b) il nome della struttura (pubblica, privata o privata accreditata) presso la quale lo stesso test è stato effettuato”.  

La Regione prevede un regime transitorio per chi ha già programmato un viaggio in Sardegna per i prossimi giorni: “a far data dal 14 settembre 2020, solo in via transitoria, precisa l’ordinanza, i passeggeri che si presentino sul territorio regionale privi della necessaria certificazione accettano di sottoporsi ad un test molecolare o antigenico, da effettuarsi per mezzo di tampone entro 48 ore dall’ingresso nel territorio regionale, a cura dell’azienda sanitaria locale di riferimento ovvero presso una struttura privata accreditata. A tal fine gli stessi passeggeri, anche se asintomatici, sono obbligati a comunicare immediatamente il proprio ingresso nel territorio regionale all’azienda sanitaria competente e, nelle more dell’esito delle indagini di laboratorio effettuate dalla competente Azienda sanitaria, ad osservare l’isolamento domiciliare fiduciario, che verrà meno solo all’atto dell’eventuale esito negativo degli stessi esami e salvo ulteriori diverse disposizioni dell’Azienda Sanitaria competente”.  

Altro punto regolamentato dall’ordinanza riguarda le mascherine, con “l’obbligo sull’intero territorio regionale di indossare per l’intera giornata (H 24) protezioni delle vie respiratorie (mascherine) anche in tutti i luoghi all’aperto in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza di almeno 1 metro”. 

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Esplosione in appartamento, forte boato a Milano  

[FONTE Adnkronos]

Al piano terra di un palazzo di piazzale Libia (Video). Otto persone in ospedale, grave un ferito con ustioni di 2° e 3° grado. Evacuato l’intero stabile 
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Covid, infiammazione cuore in 15% atleti college guariti 

[CORONAVIRUS NEWS – Adnkronos]

E’ una causa significativa di morte improvvisa negli atleti competitivi e potrebbe rappresentare una minaccia silenziosa che si nasconde anche dietro il coronavirus Sars-CoV-2. Si chiama miocardite ed è un’infiammazione del muscolo cardiaco. Studi recenti hanno sollevato preoccupazioni rispetto alla possibilità che questa patologia possa presentarsi dopo la guarigione da Covid-19, anche in pazienti asintomatici o lievemente sintomatici. Uno studio ha provato a far luce su questo fenomeno, sottoponendo a risonanza magnetica cardiaca e altri test 26 atleti di college che si stavano riprendendo dall’infezione. Risultato: il 15% (4 su 26) presentava risultati indicativi di una miocardite. 

Il 30,8% mostrava segni di un precedente danno miocardico che però non può essere preso in considerazione in quanto l’anomalia rilevata potrebbe essere anche solo una spia di un adattamento cardiaco dell’atleta. Lo studio è pubblicato su ‘Jama Cardiology’ ed è stato condotto da ricercatori dell’Ohio State University di Columbus. Gli atleti arruolati praticano calcio, basket, lacrosse, atletica leggera. Nessuno di loro ha avuto bisogno del ricovero per Covid-19 o ha ricevuto una terapia antivirale specifica. Dodici hanno riportato sintomi lievi durante l’infezione (mal di gola, mancanza di respiro, mialgie, febbre), altri erano asintomatici.  

“Abbiamo deciso che oltre alle solite raccomandazioni, un esame clinico e la ricerca dei sintomi, avremmo anche fatto una risonanza magnetica cardiaca per ottenere maggiori informazioni e vedere cosa fa il virus ai cuori degli atleti”, spiega il cardiologo Saurabh Rajpal coautore dello studio, secondo quanto riporta ‘Nbc news’ online. Quello che ha colpito gli esperti è che due dei 4 atleti nei quali la risonanza ha rilevato la miocardite non presentavano alcun sintomo, gli altri due sintomi lievi (mancanza di respiro). 

“Ciò che questo studio mostra è che la miocardite può verificarsi anche dopo casi meno gravi e persino asintomatici” di Covid, evidenzia Brett Toresdahl, medico sportivo dell’Hospital for Special Surgery di New York City, non coinvolto nella ricerca. “Pertanto, il rischio di miocardite di un atleta potrebbe non essere correlato alla gravità dei sintomi”. Il danno miocardico correlato a Covid-19 negli sportivi a livello agonistico rimane poco chiaro, concludono gli autori della ricerca.  

Lo studio ha esaminato l’uso della risonanza magnetica cardiaca negli atleti dei college che si sono ripresi da Covid per rilevare un’infiammazione miocardica che identificherebbe quelli ad alto rischio per un ritorno al gioco competitivo. Anche perché una recente ricerca ha segnalato un coinvolgimento cardiaco in un numero significativo di pazienti guariti. E di recente c’era stata, proprio in virtù di questi timori, una presa di posizione da parte di esperti sulla necessità di una convalescenza di 2 settimane prima del ritorno agli sport competitivi.  

Gli autori del lavoro concludono che “mentre sono necessari follow-up a lungo termine e ampi studi per comprendere i cambiamenti” nel cuore degli atleti competitivi a seguito di Covid-19, “la risonanza magnetica cardiaca potrebbe fornire una valutazione della stratificazione del rischio per la miocardite” e guidare un loro ritorno sicuro alle gare. 

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Milano, esplosione in un appartamento  

[FONTE Adnkronos]

Al piano terra di un palazzo di piazzale Libia. Sei i feriti, uno è grave. Evacuato l’intero stabile 
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