Non si finisce mai di ringraziare

In che stato d’animo si trova una persona quando pratica la gratitudine? E quando vive di ingratitudine, cibandosene tutti i giorni?

La gratitudine è una qualità dell’Essere? Sì, ma allora l’ingratitudine è una pecca della pianta erbacea delle Crocifere?

Tante parole possono raccontare la gratitudine, ma certamente viverla è un’esperienza da augurare a tutti e specialmente al peggior nemico, così da non riconoscerlo, incontrandolo. Sì perché la gratitudine cambia la vita interiore delle persone, tutto il corpo si rilassa, si diventa biondi, con i boccoli e gli occhi verdi o come si gradisce. Un po’ d’ironia è sempre un buon condimento, anche per un argomento importante come la gratitudine.

Non si finisce mai di ringraziare, frase fatta e persino un po’ rifatta, ma soprattutto veritiera. E ora lo dimostro: basterà chiudere gli occhi e immaginare che sparisca tutto e quando dico tutto intendo dire proprio tutto, tutto. Dopodiché si aprono gli occhi, sia fisicamente che  spiritualmente o con tutta la propria essenza, se si preferisce.

La gratitudine è impegnativa e non c’è tempo per cincischiare. 

Volendo si può ringraziare per la forchetta con cui si tira su il cibo dal piatto, per le scarpe, i vestiti, le mutande, il cellulare, il rubinetto, l’acqua, la borsa, l’ombrello, la carta su cui si scrive, la penna, il cuscino, i libri, i fiori, l’aria, le mani, i piedi, ecc.

Potrei scrivere milioni di articoli facendo, soltanto, una lista di ringraziamenti.  

Non è scontato avere ciò che abbiamo, lo hanno detto in molti, altrimenti tutti avremmo tutto, dico io.

Senza dimenticare di aggiungere, a questa mini lista, chi pulisce le strade e raccoglie l’immondizia, perché l’alternativa sarebbe fare tutto da soli e non sto parlando di bollire l’acqua per la pasta, non somiglia neanche un po’.

Ma come nasce la gratitudine? Mi sono domandata. Per rispondere ho dovuto impiegare tutti i neuroni a mia disposizione, pochi, tanti, non lo so, ma sicuramente tutti, miliardo più, miliardo meno.

Nasce ricordando, portando nel cuore ciò che si è ricevuto e poi il resto viene da sé, il sentire che si manifesta porta il nome di gratitudine.

Quand’è che la gratitudine “Muore”? Qui i neuroni hanno avuto problemi a carburare, lenti, di una lentezza che non sto a raccontare e la risposta potrebbe apparire tiepidina, ma non lo è, certamente, invece, lo è l’ingratitudine: una pietanza scotta e senza sale, in sostanza, insipida.

Muore quando il cuore dorme, perché inascoltato. Sì, continua a battere, però, è solo e abbandonato. Ed è così che l’ingratitudine si presenta come un ospite indesiderato, l’unico modo per liberarsene è risvegliare il cuore. La possibilità c’è e ognuno può trovare quella che calzi, meglio, al proprio vissuto.

La gratitudine è un’attitudine del cuore, che la attua spontaneamente.

Sarebbe bello potersi nutrire di gratitudine, a colazione, pranzo e cena o addirittura vivere immersi nella gratitudine in ogni istante, sicuramente il corpo e la mente vivrebbero nella beata armonia.

A cura di Maria Grazia Grilli