CHI ERA SHADEN GARDOOD, LA CANTANTE UCCISA DALLA GUERRA IN SUDAN

Pochi giorni fa, il 12 maggio, nel mezzo di una sparatoria tra fazioni opposte, la cantante sudanese Shaden Gardood è stata uccisa da un colpo di mortaio. A confermare la sua morte è stata sua nipote su facebook scrivendo:

Era come una madre e una persona cara per me, stavamo solo chiacchierando, che Dio le dia misericordia”.

Ennesima vittima di una guerra di un Paese che ormai è alle corde. Se ne contano ormai 700 i civili morti e migliaia i feriti.

Shaden era nata nel 1986 nel Kordofan meridionale, al confine tra il Sudan e il Sud Sudan. Una regione martoriata da guerre civili che dal 1986 al 2005 e dal 2009 al 2011 hanno messo sotto minaccia la tranquillità di un Paese intero. Quest’anno, il 15 aprile, lo spettro della guerra era tornato a far parlare di sé. In pochi giorni la capitale Khartoum, era diventata teatro di violenze e tensioni tra Forze armate sudanesi (SAF) e il gruppo paramilitare delle Forze di Rapido Supporto (RSF). Il 3 maggio perse la vita l’ottantenne Asia Abdelmajid, prima attrice professionista del Sudan. Qualche giorno dopo toccò all’ex calciatore Fozi El-Mardi, morto solamente pochi giorni dopo la scomparsa di suo figlio, a causa di uno scontro a fuoco.

In un paese come il Sudan, fare arte senza fare attivismo, senza parlare della realtà, è impossibile. Shaden ne era consapevole, ed era riuscita ad avere una grande soddisfazione quando le sue parole e la sua musica, ebbero un impatto fondamentale sul movimento di protesta che portò al rovesciamento del dittatore Omar AL-Bashir nel 2019. Si scagliava contro la guerra, parlava di diritti umani e di giustizia sociale. Nelle sue canzoni riusciva a mescolare poesia e ritmi, caratteristici del Kordofan e del Darfur, usando il dialetto per promuovere il dialogo e la pace. Interveniva nei media sudanesi ed era una scrittrice. Riusciva a raccontare attraverso i social la guerra vista dalla finestra di casa sua nel quartiere di Omdurman:

“Siamo intrappolati nelle nostre case da 25 giorni… abbiamo fame e un’immensa paura, ma siamo pieni di etica e valori”

Il 12 maggio circola un video in cui dice al figlio di allontanarsi da porte e finestre. Dopo la sua morte, qualcuno ha persino ipotizzato ad un omicidio volontario a seguito delle sue critiche sui social al SAF.

a cura di Domenico La Marca