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Australiana, con l’Italia nel cuore: intervista esclusiva al soprano Jessica Pratt

Il racconto della star della lirica diventata figlia acquisita dello Stivale grazie al Belcanto.

“A fare il primo passo tra me e la musica è stata senz’altro la musica. Mio padre è un tenore, mia madre un’artista. Intraprendere questa carriera non è stata una scelta ma una disposizione naturale”. Questo l’esordio di Jessica Pratt, interprete di caratura internazionale, soprano di coloratura dalla grande agilità e dal timbro inconfondibile. Si può dire che lei, nata a Bristol, cresciuta in Australia e residente da anni a Firenze, sia divenuta la Pratt solo grazie al Belpaese: “ho compiuto gli studi più importanti in Italia e ho vissuto più qui che in altri Paesi”.

Jessica Pratt ha calcato i più grandi palcoscenici italiani, ma ciò che accresce la sua carriera è la partecipazione a produzioni operistiche, festival e concerti nei teatri provinciali e comunali da nord a sud (Martina Franca, Treviso, Rieti, Ancona, Sassari, Como): “in ogni città ci sono frequentatori fissi ma il pubblico dei teatri grandi è più facile perché in genere è di passaggio, composto anche di turisti e occasionali. Quando si va in quelli di provincia dapprima si sa di dover cantare per melomani e ascoltatori esperti”.

Il soprano mantiene da sempre un rapporto speciale con la Campania, in termini  professionali – finora si è infatti esibita per il San Carlo di Napoli, per il Verdi di Salerno e per l’Orchestra Filarmonica di Benevento – ma anche di vita: “Mio marito è di Napoli e lì abbiamo molti amici di famiglia. Prima di incontrarlo pensavo di prendere casa a Salerno, ora però viviamo a Firenze. In Campania c’è una bella energia”.

In qualità di mirabile interprete belcantistica Jessica Pratt cita le iniziative che i grandi festival da tempo pongono in essere: “a Pesaro e Bergamo con i loro festival (Rossini Opera Festival e Donizetti Opera Festival, ndr) stanno realizzando grandi progetti di ripresa e messa in scena di opere secondarie. Il pubblico è stanco di ascoltare solo melodramma e oltre ai grandi del Belcanto ci sono anche Cimarosa, Mercadante.  È musica che vale!”. Da tempo si sente infatti discutere della necessità di una seconda renaissance del Belcanto e del repertorio operistico italiano seicentesco e settecentesco. “Ho iniziato innamorandomi di Rossini. A Roma assistetti a una rappresentazione del ‘Tancredi’ con Mariella Devia”.

“È condivisibile che i Teatri inaugurino le stagioni con drammi o tragedie, ma non bisogna sottovalutare il repertorio buffo e comico così come le commedie tragiche. A me quel repertorio piace ma è anche molto difficile: serve dare l’anima per cercare di far ridere il pubblico con la propria performance e quando non ci si riesce è bruttissimo”.

In materia di Belcanto non si può non parlare del signature role di Jessica Pratt: “la mia prima opera da protagonista è stata ‘Lucia di Lammermoor’. In Donizetti mi sento a mio agio sia vocalmente che musicalmente. C’è una grande adesione tra personaggio e interprete”. Basti dire che del capolavoro del compositore bergamasco, la Pratt ha preso parte a più di 30 produzioni per un totale di più di 100 recite.“In me di Lucia Ashton c’è la forza, la sua capacità di non piegarsi al volere altrui. Lei impazzisce perché non riesce a essere indipendente. Per l’animo forte che la caratterizza l’epoca in cui vive le sta stretta”.

Il prossimo 23 settembre Jessica Pratt sarà protagonista nella “Beatrice di Tenda”, alla sua prima volta nell’opera belliniana e al 190° Giubileo dalla prima assoluta.

“Io debutto come minimo due/tre ruoli all’anno. Dopo Beatrice a Napoli debutterò Konstanze nel ‘Ratto dal serraglio’ (di W. A. Mozart, ndr). Ogni anno faccio ‘Lucia di Lammermoor’ in giro per il mondo e talvolta l’ho ripetuta in produzioni consecutive. Quanto al resto si tratta di altri ruoli. Preferisco entrare in nuovi mondi musicali piuttosto che ripetere troppo. Beatrice, come Lucia, è una donna che non si piega mai e rimane onesta fino alla fine. Così cercherò di renderla nella mia performance”.

Ad affiancarla interpreti di calibro internazionale, quali Matthew Polenzani e Andrzej Filonczyk, diretti dal Maestro Giacomo Sagripanti per un’opera che sarà eseguita senza scene: “in forma di concerto le luci, gli abiti, i movimenti sul palcoscenico aiutano. A primeggiare è sempre la musica. In fin dei conti mancano davvero solo le scene”.

In chiusura la Pratt ricorda l’ultima occasione in cui ha cantato Bellini al San Carlo, vale a dire la “Sonnambula” (2022) uno degli spettacoli più acclamati degli ultimi tempi al Massimo Napoletano: “è stato uno dei momenti più belli in assoluto – ammette, ripercorrendo le emozioni di quella serata – mi sentivo di essere come agli inizi della mia carriera, c’era un entusiasmo diverso. È stato anche un momento di liberazione dalla pandemia, un rimedio a quei due anni orribili”.

A cura di Giuseppe Scafuro – Immagini www.it.jessicapratt.com

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Redazione StreetNews.it
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