martedì, Aprile 30, 2024
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Revolution

Alcune persone sono indimenticabili, forse non per tutti, ma, sicuramente per molti.

“Rivoluzione di un bambino di campagna”, figlio di un bianco, nato, nero, da madre giamaicana. Sto parlando di Bob Marley, vissuto a Trenchtown, un quartiere con tredici strade, quelle della schiavitù e della povertà: “La prima strada” è quella della musica. “Una cosa buona della musica è che quando ti colpisce non fa male”. Così Marley parla della sua adorata musica in una canzone. Lui, “Il mezzosangue”, “Il reietto”, né bianco né nero, “Il rifiutato” sia dai neri, perché figlio di un bianco, che dai bianchi, perché figlio di una nera; trasformatosi in un uomo libero, e, come amava definirsi, in un conquistatore di spiriti.

Ascoltando e riascoltando le sue canzoni mi è sembrato che Bob Marley abbia scritto un’unica lunga canzone, ossia, quella della sua vita e della nostra, per certi versi.

Dopo averlo considerato il leader mondiale della musica reggae, divenuta con lui un inno alla libertà, bisogna riconoscere la sua immensa responsabilità, per l’influenza che ebbe sulle persone di tutto il mondo. Perciò tentarono di ucciderlo prima di un suo concerto, per la pace, ma questo non lo spaventò e si esibì nonostante fosse rimasto ferito. Quando gli chiesero, perché avesse cantato quella sera, lui rispose: “Perché le persone che cercano di far diventare peggiore questo mondo non si concedono un giorno libero. Come potrei farlo io?”.

Chi è veramente l’uomo che ha detto: “La mia vita non conta, per me, quella delle altre persone sì. La mia vita è importante solo se posso aiutare tante persone, se la mia vita riguarda solo me o la mia sicurezza non la voglio la mia vita”.

Era un ribelle con una dolcezza infinita, basta guardare il video originale: “Three little birds: don’t worry about a thing, cause every little thing gonna be all right.” Tre uccellini: non preoccuparti di niente, perché ogni piccola cosa andrà bene.

Un uomo consapevole quando in “Concrete jungle” canta: “L’oscurità ha coperto la mia luce e ha mutato il mio giorno in notte. Dove si può trovare l’amore?”.

Bob Marley era anche un uomo duro, come hanno raccontato due dei suoi figli in un’intervista, ma del resto, lui, non l’ha mai nascosto, tant’è vero che ebbe a dire: “Io personalmente so che il mio cuore può essere duro come la pietra, ma anche morbido come l’acqua”. Infatti, era estremamente generoso, regalava molti soldi alle persone, a tutti quelli che glieli chiedevano, per iniziare qualcosa, e mai faceva l’elemosina. Una distinzione, questa, alla quale teneva molto. Inoltre la sua fiducia era estrema, al punto che non chiudeva mai a chiave la sua automobile, perché, secondo lui, avrebbe significato non fidarsi della gente. E a chi gli chiedeva se era diventato molto ricco rispondeva: “Cosa intendi per ricco? La mia ricchezza non sono i beni o i soldi. No, la mia ricchezza è la vita”.

Aveva scoperto quali fossero i suoi diritti e imparato a difenderli, così incitava la gente ad “Alzarsi” e a fare la stessa cosa. “Non smettete di lottare. Io non smetto mai.”

Mise la sua arte al servizio del cambiamento e della vita. Non gli importava chi avesse di fronte; “Bisogna essere padroni di sé stessi. Fai quello che vuoi senza pensare ai giudizi altrui. Io vivo per la gente. Questa è la mia filosofia. Il reggae è il ritmo della gente. Noi facciamo la musica non per accontentare la critica.” Esiste un modo migliore di essere al mondo? Bob ha incarnato l’ideale dell’uomo libero di pensare, parlare e agire, era fedele a sé stesso, sincero. E tutto questo lo esprimeva mettendo a frutto il suo talento e la sua creatività. Il massimo, per vivere un’esistenza felice.

Lo scopo della sua arte era spirituale, pur avendo come conseguenza: fama, successo e soldi. In lui si percepiva la vibrazione del suo spirito, un suono profondo. Era come se “Cogliesse” e “Restituisse” e ciò diveniva proficuo, per sé e per gli altri.

Semplicità, essenzialità, sicurezza e umiltà, la sua vita vanta episodi che raccontano queste qualità.

Ha cantato il suo amore, per l’unità: “Dobbiamo unirci e sistemare tutto. Non ho alcuna ambizione, mi piacerebbe vedere una cosa sola: gli uomini vivere insieme: neri, bianchi, cinesi. Tutti. Tutto qui!”. Anche perché lui rappresentava tutte le unioni possibili: metà quartieri bassi, metà quartieri alti e metà bianco, metà nero.

È stato poco tempo con noi, fisicamente, è morto a 36 anni, ma in realtà vive ancora attraverso la sua musica. E le sue parole riscaldano ancora il nostro cuore. Durante l’ultimo concerto, nonostante fosse provato dalla malattia, cantò con l’energia che gli regalò il suo adorato pubblico. La sua è stata una vita generosa. La vita di un artista che ci ha donato i suoi pensieri, i suoi sentimenti più profondi, e spirituali, attraverso la musica.

La forza del suo “Grande spirito” è ancora viva attraverso la sua “Grande arte”.

E come ha cantato in “Revolution”: “Ci vuole una rivoluzione, per trovare una soluzione. Troppa confusione, così tanta frustrazione. Non voglio vivere nel parco. Non riesco a fidarmi delle ombre quando viene l’oscurità. Così, amico mio, vorrei tu potessi vedere come un uccello sull’albero, i prigionieri devono essere liberi… Lascia che il Bene riempia la terra, così come l’acqua riempie il mare”.

Grazie Bob!

Amo ricordare che Il 27 giugno 1980 Bob Marley venne in Italia e allo stadio di San Siro ad accoglierlo c’erano cento mila persone. Pino Daniele era tra coloro che aprirono il concerto.

Un mese dopo la morte, gli fu conferito l’Ordine di Merito della Giamaica (Jamaica Order Of Merit), un riconoscimento al suo grande contributo, per la crescita culturale del suo paese.

A cura di Maria Grazia Grilli

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Redazione StreetNews.it
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