Si esibiscono tutti i big. Dedica speciale al Presidente della Repubblica Mattarella e il ricordo dei Giudici Falcone e Borsellino
Il bello della terza serata in questa kermesse sanremese è la meritata serenità con cui si esibiscono gli artisti e (attenzione attenzione!) con un audio finalmente più performante ma ancora lontano dall’ottimale. Addirittura anche Drusilla Foer si accinge a cantare ma Amadeus prontamente la blocca, richiamandola (relegandola?) al ruolo di presentatrice della serata numero 3 del Festival di Sanremo. Inizia così, in scioltezza, tanto ormai i record d’ascolto sono battuti. Prima dell’avvio ufficiale della gara, una dedica al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che nel pomeriggio ha pronunciato il suo secondo giuramento in veste di Capo dello Stato.
Le prime due serate hanno confermato uno share superiore al 50 percento e quasi sempre costante, per tutta la durata dello spettacolo. Sarà perché Fiorello e Zalone sono dei mattatori, perché Laura Pausini emoziona e travolge con la sua voce, o anche perché i Maneskin e i Meduza fanno una certa musica e poi ancora… e ancora. Ma anche stasera l’omaggio di Cremonini al pubblico dell’Ariston ha il suo perché; è un appuntamento quasi intimo: Cesare entra silenziosamente, con le dolci note dei suoi brani che raccontano l’amore, poi prende vigore con un pop più vivace, quello di “Logico #1” e immediatamente si placa, di nuovo, con le note di “La nuova stella di Broadway” ed è tutto un susseguirsi di emozioni, su ritornelli noti a tutti, che hanno fatto la storia della musica (e dei palinsesti radiofonici) italiana.
Gli artisti in gara iniziano a sfilare con i loro brani sul palco dell’Ariston: Giusy Ferreri, che con il suo “Miele” ha quasi conquistato tutto il pubblico; Highsnob e Hu, Fabrizio Moro, Aka 7Even alla ricerca di un improbabile riscatto sanremese; Massimo Ranieri, l’eterno giovanotto, stavolta decisamente più intonato ma non al top. Dargen d’Amico, poi Irama. Proprio lui dimostra che questa è la sera in cui ci si esprime al meglio: conquista il palco con passi e movimenti quasi teatrali, una voce quasi liquida; una performance di tutto rispetto.
Ditonellapiaga e Rettore, sempre abbigliate in modalità Yin/Yang, riproducono i colori con la musica nevrotica e a tratti punk di “Chimica”. La voce di Michele Bravi non riesce a prevalere sull’impatto scenico del personaggio e questo non va bene, quandoi sei a Sanremo. Rkomi esalta il vigore dei riff di chitarra elettrica con i suoi bicipiti in bella mostra, ma “Insuperabile” non guadagna granchè. Ecco poi sul palco il duo più atteso: il pubblico accoglie l’ingresso di Mahmood e Blanco con i “Brividi” e stavolta non è solo il titolo del loro brano. Chissà come andrà a finire questa loro avventura sanremese… Tocca a Gianni Morandi, anche lui eterno ragazzino, icona della musica italiana: sembra stia per iniziare a cantare un tormentone di qualche decennio fa, che aveva a che fare con del latte, ma invece il brano è quello firmato Jovanotti, “Apri tutte le porte”. La standing ovation del pubblico dell’Ariston lo consacra a vincitore morale della kermesse. Ricompare Tananai, ma non la sua voce. “Sesso occasionale” non convince, comunque. Dopo di lui, va in scena la dolcezza di Elisa e della sua “O forse sei tu”, diretta avversaria della più streammata “Brividi” e alla fine sarà probabilmente questo il duello più agguerrito.
Altra ondata emozionale nel ricordo da parte di Amadeus di Falcone e Borsellino, dato che quest’anno ricorre il 30mo anniversario dalle stragi ad opera di cosa nostra; Roberto Saviano pronuncia un monologo dedicato non solo ai due Giudici, ma a tutte le vittime di mafia.
La leggerezza sanremese ritorna con l’outfit di Orietta Berti dalla nave Costa Toscana e, al ritorno in teatro Ariston, La Rappresentante di Lista riaccende il fervore del pubblico, tra sonorità che ricordano a tratti la disco anni’70 e ritmi quasi latini, a far da sfondo ad un testo semplice, quasi banale per molti, ma che coinvolge. “Ciao Ciao”. Al rosa degli abiti del duo risponde il blu dell’Aquila di Ligonchio, Iva Zanicchi, custode di una delle voci più belle di questa edizione del festival. La performance, però, non convince. Achille Lauro e l’Harlem Gospel Choir, con “Domenica” può recuperare qualche posizione: i feedback dal mondo digitale lasciano ben sperare. Matteo Romano ha molta strada da fare, però la direzione è quella giusta: il suggerimento è quello di staccarsi dallo stile (inimitabile) di Mahmood e lavorare sul proprio personaggio. A seguire Ana Mena, con la sua “Duecentomila ore” in chiave neomelodica (grande esperimento di Rocco Hunt, ne riparleremo tra qualche disco di platino), Sangiovanni e le “Farfalle”: anche in questo caso vedremo cosa succederà dopo la kermesse. Emma celebra la figura femminile con “Ogni volta è così”, seguita da Yuman (“Ora e qui”). Chiudono la lista Le Vibrazioni, Giovanni Truppi e Noemi con “Ti amo non lo so dire”.
A votare, stavolta c’è anche la giuria demoscopica, ma quella di stasera conta poco: conquistano il podio l’eleganza, lo stile e l’acuta ironia di Drusilla Foer, vera trascinatrice della serata.
A cura di Clemente Scafuro – Immagini dal web
