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Una selva oscura 2.0: la Rete e i suoi pericoli

Nel 2004 l’Unione Europea ha istituito una giornata internazionale di sensibilizzazione per i rischi legati ad un utilizzo inappropriato di Internet. Questa ricorrenza cade il secondo giorno della seconda settimana del mese di febbraio di ogni anno, e prende il nome di Safer Internet Day (Giornata per una rete più sicura). In Italia l’iniziativa è coordinata dal progetto “Generazioni Connesse” guidato dal Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca che dal 2012 unisce in un consorzio diverse figure che vanno dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, alla Polizia Postale e delle Comunicazioni. In questa giornata vengono affrontate le problematiche connesse all’altra “faccia” di internet, quella pericolosa e insidiosa, che ci racconta di una selva oscura 2.0 all’interno della quale è possibile imbattersi in bestie più feroci di quelle dantesche, quali cyberbullismo, pedopornografia, sexting, perdita di privacy e dipendenza dalla condizione di always on. Il contesto in cui siamo immersi è caratterizzato da una costante accessibilità a strumenti digitali e reti di connessione che si fondono con i tempi e gli spazi della vita quotidiana. Questa condizioni la si può riscontrare in particolar modo nella dieta mediale degli adolescenti e dei giovani adulti che risiedono in contesti altamente digitalizzati e che sono i protagonisti degli stati di connessione. Cambiano le modalità attraverso cui costruire e comunicare la propria identità, mutano le dinamiche interazionali e di inserimento nel gruppo dei pari. Il concetto di privacy viene surclassato dalla necessità di overexposure, di essere costantemente presente nel flusso interazionale e comunicativo attraverso gli alter ego creati sui diversi social media. Spesso le proprie azioni prendono forma in funzione di ciò che è “postabile” o no, pensando la propria giornata in formato Instagram, Facebook, Tik Tok o Twitter. Cosa voglio che altri vedano o sappiano di me?

Nella maggior parte dei casi si ha bisogno che i propri contenuti ricevano la giusta approvazione che si traduce in like o commenti positivi. Troppo spesso, però, capita che questi ambienti digitali facilitano le pratiche di bullismo, ed ecco che un social può trasformarsi in un’arma potente contro i più deboli che vengono risucchiati in un vortice di odio e cattiveria. Nihil sub sole novum, qualcuno potrebbe sostenere, avanzando l’idea che in Internet non fanno altro che ripetersi le dinamiche più tradizionali. L’elemento di rottura con il passato va ricercato proprio nel macro sistema della Rete, una sovrastruttura all’interno della quale le pratiche più comuni aumentano il proprio impatto e la propria forza. Il bisogno di essere accettati e di emulare i propri pari, ad esempio, su internet può tradursi anche in casi drammatici come quelli causati dalla recentissima “blackout challenge”. Il bullismo, che prima era limitato agli spazi comuni, come quello scolastico, oggi, perseguita i ragazzini turbandoli anche nel loro safety place, braccandoli nel buio delle loro stanze, demolendoli e, talvolta, conducendoli al suicidio. La relazione con il proprio Smartphone o Tablet ormai inizia già alle elementari, periodo di estrema importanza per la formazione della propria personalità e identità in relazione agli altri, percorso deviato dall’utilizzo dei social e dalle applicazioni di messaggistica istantanea che inibiscono le capacità di interfacciarsi dal vivo preferendo l’online per la dimensione comunicativa. Il deep web, inoltre, mostra il lato più disumano della Rete, un luogo in cui la pedopornografia e la pedofilia diventano pratiche ordinarie e in continua crescita. I dati del 2020 riportano che online, ogni 7 minuti una pagina web mostra immagini di bambini abusati sessualmente; negli Stati Uniti oltre 65.000 minori sono vittime di abusi sessuali, di cui circa il 40% sotto 10 anni di età, mentre il 30% ha un’età compresa tra gli 11 ed i 17 anni. Anche stando nella sicurezza della propria stanza, un bambino con uno Smartphone ed una connessione non è al sicuro, anzi, è quasi l’equivalente di lasciarlo per strada da solo. Oggi il Safer internet day assume una valenza particolare, la pandemia, e le restrizioni, infatti, hanno causato lo switch verso le proprie vite online, aumentando il tempo passato in internet e sui social media. Secondo una ricerca realizzata per “Generazioni Connesse” tra studenti e studentesse italiani da Skuola.net, le Università di Firenze e La Sapienza di Roma, sei adolescenti su 10 dichiarano di passare più di cinque ore al giorno connessi. Solo 12 mesi fa erano tre su 10 e un ragazzo su cinque si dichiara always on. Il 64% dei minori italiani tra gli 11 e 14 anni dichiara di utilizzare TikTok, mentre il 60% Instagram.

Tra i Tiktoker emerge anche il 17% dei bambini tra i 6 e i 10 anni, mentre il 14% utilizza Youtube e il 9% Instagram, anche se l’età minima per utilizzare queste piattaforme è di almeno 13 anni. Inoltre, il 6% dichiara di aver scambiato foto personali tramite i social e il 30% di aver dato il proprio numero di telefono a sconosciuti. Dati sconcertanti, che è necessario combattere. L’infanzia è andata perduta insieme alla privacy, e i più giovani sono esposti a rischi preoccupanti per la loro incolumità e la loro crescita. È importante che siano soprattutto i genitori a limitare l’utilizzo dei social e di interne, se non ad impedirlo nel caso di bambini che non giocano più a nascondino, ma anzi, sono in vista come in una vetrina per alimenti.

a cura di Marianastasia Letizia

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