TIGRI ribalta lo stereotipo della donna e dell’uomo con Geisha

TIGRI è il progetto musicale di Giacomo Baroni, nato a Novara nel 1990.

A 23 anni si trasferisce a Roma per studiare musica e, tramite frequenti viaggi accademici in Scozia, approfondisce le tecniche di songwriting. Dopo l’esperienza romana si trasferisce a Milano dove attualmente vive e lavora. Tra il 2019 e il 2020 raccoglie i ricordi di una decade e li registra nel suo primo album, Serenata Indiana, distribuito da The Orchard

Ciao Tigri, cosa ti ha spinto a scrivere e cantare “Geisha”?
Ciao! Geisha per me è come una piccola autoterapia: ci ho messo dentro tutto me stesso, alcuni aspetti che sicuramente non mi mettono sotto una buona luce ma che avevo bisogno di esprimere. Al tempo stesso è anche il tentativo di slegarmi dall’immaginario stereotipato dell’uomo forte e duro, soprattutto nelle relazioni.

Un modo, dunque, per sfatare lo schema rigido dei ruoli dell’uomo e della donna in una coppia?
Sì, ho usato le figure della Geisha e del Samurai perché rappresentano bene il luogo comune dell’uomo forte e della donna debole. Nel caso della mia canzone il copione è invertito, è la Geisha ad essere l’elemento solido della coppia, mentre il Samurai può mostrarsi in tutta la sua fragilità.

Con “Damasco” e ora “Geisha” sembra che tu ti voglia avvicinare nei tuoi testi al mondo orientale. Come mai questa scelta di tema?
Ti dirò: sono molto attratto dal medio oriente e molto meno dall’estremo oriente. Sicuramente mi lascio affascinare dall’esotico perché misterioso, un po’ come succedeva agli orientalisti dell’800 o come a Salgari che scriveva della Maylasia senza averci mai messo piede. Poi non è solo quello, sono anche un po’ concettuale: Damasco ad esempio è ispirata alla folgorazione di San Paolo sulla via, appunto, di Damasco.

Avendo avuto anche esperienza all’estero, riesci a captare le differenze della musica italiana con quella straniera?
Se si parla di musica moderna e “pop”, penso che la cosa principale che noi italiani non abbiamo sono le radici blues, che sono la base di tutto. Alla fine ci sta, la musica è intrinsecamente folk, noi abbiamo la nostra tradizione artistico-creativa che nel corso dei secoli è diventata raffinatissima, ed è una cosa che alle volte secondo me subiamo. La musica anglofona invece ha dei tratti più istintivi.

Hai scelto di truccarti da Geisha: il cantante quindi non è solo voce ma anche immagine?
Per me lo è sempre, anche quando decide di non adottare un’immagine specifica e presentarsi così com’è nella vita di tutti i giorni. L’importante è che quando ascolti una canzone e poi guardi l’immagine dell’artista, e viceversa, ci vedi un legame. Se invece non ci vedi nulla, vuol dire che qualcosa ha fatto cortocircuito.

Come mai il nome Tigri?
Principalmente perché mi piacciono le tigri, così come mi piacciono tutti i felini: sono animali crepuscolari che si muovono in maniera sinuosa. Poi è anche il nome di un fiume, quindi ci senti l’acqua, le cose che scorrono. Insomma, puoi vederci tante cose dentro, lo trovo molto evocativo.

Con chi vorresti collaborare un domani?
Mi piacerebbe collaborare con qualche nome della scena soul/rnb che sta emergendo in Italia, soprattutto perché so che potrei imparare qualcosa di nuovo. Mi piacciono molto Joan Thiele, Venerus. Sempre restando in Italia mi sento molto affine a Colapesce e Iosonouncane. Se dovessi andare all’estero ti direi Perfume Genius, Moses Sumney, Solange, ma nel senso che vado in studio, sto zitto e prendo appunti!

Cosa bolle nella pentola di Tigri oggi e nel futuro?
Sto terminando le registrazioni del mio primo album, che uscirà a settembre. Mi piacerebbe suonare in giro, ovviamente, ho voglia di salire su un palco. Ci sto lavorando, in attesa che finisca questo periodo nero per la musica dal vivo.

Alessandro Testa