Teatro alla Deriva: è la volta del Don Giovanni

Domenica scorsa lo spettacolo, diretto da Mario Autore, che rivisita il classico di Molière, ha registrato il tutto esaurito, appassionando il pubblico presente.

Terzo appuntamento della XI edizione del Teatro alla Deriva – rassegna, unica nel suo genere, che fa recitare gli attori su una zattera galleggiante, posizionata al centro di un laghetto delle Stufe di Nerone (Bacoli) –, con il Don Giovanni (del limite e della finzione), diretto da Mario Autore (uno dei protagonisti de I fratelli De Filippo di Sergio Rubini), traduzione e adattamento da Molière di Antonio Piccolo, con Mario Autore, Anna Bocchino, Ettore Nigro, Antonio Piccolo e Federica Pirone. La pièce, prodotta da Piccola Città Teatro, che ha debuttato proprio sulla zattera domenica scorsa, 17 luglio, ha riscosso il meritato successo di pubblico con un prevedibile sold-out. Incallito libertino, don Giovanni ama sedurre e abbandonare le sue donne senza provare un briciolo di pentimento. Il suo fedele assistente Sganarello cerca invano di farlo ravvedere, biasimando il suo modus operandi. A nulla valgono le preghiere di donna Elvira che don Giovanni ha circuito, strappandola ad un convento. Tuttavia, la sicura pervicacia del cinico protagonista comincia apparentemente ad essere scalfita prima dall’incontro con un medicante che rinuncia alla sua elemosina pur di non bestemmiare, poi di fronte allo scherzoso invito a cena offerto alla statua di un commendatore che il libertino stesso ha ucciso alcuni mesi prima: la statua, inspiegabilmente, per ben due volte, china la testa a mo’ di consenso. Ma è appunto un tentennamento soltanto apparente. Infatti, malgrado nuove esortazioni a redimersi da parte della madre (che in questa pièce fa le veci del padre don Luigi) e di donna Elvira, la situazione rimane sostanzialmente immutata. Anzi sicuro di sé, quando il convitato di pietra si presenta da lui e, a sua volta, lo invita a cena per il giorno seguente, don Giovanni non si tira indietro, auto-condannandosi – dopo un ennesimo atto empio che consiste nel simulare ipocritamente il proprio pentimento – all’impietoso castigo divino. Un’interessantissima rilettura quella di Mario Autore che enfatizza, in una climax ascendente, il dramma del protagonista che si fa beffe di tutti e tutto (etica e religione in primis) e che non indietreggia di fronte alle sue ferme convinzioni, anche quando queste iniziano palesemente a vacillare. Un dramma a cui, al contempo, non è estranea una garbata vis comica che emerge nelle uscite e nei goffi tentativi di Sganarello di redimere il suo padrone, nella spavalderia insolente di quest’ultimo, nella scena ben riuscita dell’alterco tra le due contadine (forse troppo ben vestite per sembrare realmente contadine!), che si contendono l’amore di don Giovanni, il quale ha promesso a entrambe di sposarle. Ottime le performance di tutti gli attori che, mentre recitavano, erano al tempo stesso impegnati a mantenere gli equilibri su una pedana non del tutto stabile; attori che, pur nelle varianti consentite da una rivisitazione, riescono a rispecchiare fedelmente il carattere dei vari personaggi e a catturare, con la loro bravura, il consenso del pubblico presente. Senza dubbio il migliore, a nostro avviso, tra i lavori finora portati in scena in questa edizione della rassegna del Teatro alla Deriva. L’ultimo appuntamento che chiude la rassegna è fissato per domenica prossima, 24 luglio, con Fattocchiarìe di Marco Sgamato.

Massimiliano Longobardo

Per l’intervista a Giovanni Meola, direttore artistico della rassegna, da lui ideata insieme ad Ernesto Colutta, cliccare: qui

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Foto di Nina Borrelli