Quando ha iniziato a suonare il suo amato pianoforte, Rita non toccava con i piedi a terra, perché aveva circa 9 anni. Ma da allora, di strada ne ha fatta parecchia: nel canto, nel teatro. Perché la sua passione l’ha portata in quella direzione; Rita, infatti, ama il musical e nel 2016 è arrivata alle finali del Tour Music Fest come Musical Performer proprio con quel genere. Da quel momento, ha cercato di acquisire il massimo dell’esperienza da tutto e tutti, partecipando al Tour Music Camp, presso il CET di Mogol, intraprendendo un percorso artistico con il maestro Adriano Scappini e svolgendo diverse masterclass con artisti di teatro, come Noemi Smorra e Valter Sacripanti. Poi ancora: corsi d’arte con Lello Arena, Enzo Avitabile e Maria Bolignano, la partecipazione a spettacoli come il grande evento “Restate a Napoli”, che si è svolto circa un anno fa, proprio a piazza del Plebiscito, nella sua amata città.
Oggi Rita guarda a quello che succederà dopo l’era del Covid e qualche settimana fa ha condiviso con il grande pubblico le proprie sensazioni, lanciando il suo singolo, dal titolo Prendi Fiato, un brano melodico, molto accattivante dal punto di vista emotivo e stilistico.
Quando hai imparato a leggere e a scrivere, hai imparato anche a suonare: la musica è la tua “fata madrina” o piuttosto un mezzo per trasmettere le tue emozioni agli altri?
Io direi entrambe. Come “fata madrina” mi ha accompagnato praticamente dalla nascita. Nei periodi più bui della mia vita era sempre lì, anche se a volte ha messo alla prova la mia dedizione e la mia fiducia verso di lei. È come qualsiasi essere vivente: può dare tanto, ma pretende anche tanto. Soprattutto quando l’obiettivo è trasmettere questo “tanto” alle persone che poi vengono ad ascoltarmi.
La passione per il musical ti porta in un contesto musicale, diciamo, ibrido, perché è in mezzo tra l’arte scenica, quindi di finzione, e quella strumentata e cantata, che deve essere invece “sincera”: qual è la tua idea di musical?
Le emozioni sono sempre vere, sia che si tratti di arte scenica che cantata. L’approccio che ho quando canto una canzone di un musical o la mia canzone è lo stesso: penso ad episodi della mia vita che mi tornano alla mente e li riporto nelle parole della canzone. La differenza sostanziale è che spesso i brani di un musical devono essere descrittivi, in quanto parte di un copione, ma in ogni caso sono sempre sinceri.
Dalla tua bio spunta un aspetto molto particolare: ami il rock e ascolti alcuni tra i massimi rappresentanti del genere. E pur preferendo il musical, sei frontwoman di una band rock: sei ancora alla ricerca di una dimensione o nei tuoi progetti c’è qualcosa che possa coinvolgere entrambi i contesti?
Io penso che un artista sia sempre alla ricerca di una propria dimensione. Questo è il motivo per il quale spesso vediamo che dei cantanti che si sono sempre distinti in un genere preciso all’improvviso cambiano sound. L’arte è sperimentazione, sia di sé che della musica in generale, perché le note sono 7 ma le combinazioni sono praticamente infinite. Il mio obiettivo nella vita è esprimermi e far battere il cuore a coloro che mi ascoltano. Coinvolgere entrambi i contesti sarebbe la perfezione.
A proposito di progetti, come ti vedi tra qualche anno? Ti sposterai ancora da Napoli? Hai un posto preferito in cui vorresti perfezionare le tue esperienze musicali?
Sicuramente mi sposterò da Napoli, ma tornerò sempre nella mia città e dirò sempre fieramente che sono napoletana. Sono convinta che Napoli e i suoi artisti abbiano tanto da dare e credo che il modo per far rifiorire il Sud sia proprio l’arte in tutte le sue forme.
di Clemente Scafuro
