La ristorazione vittima economica della pandemia

E’ giusto, anzi doveroso dover riportare gli effetti devastanti della pandemia da COVID19 in termini di numeri che riguardano contagiati, tamponi effettuati, deceduti, ricoveri in terapia intensiva, asintomatici , ecc.

Ma l‘Italia, detto francamente, non può solo contare le vittime fisiche; deve fare i conti anche con i sopravvissuti che devono evitare di diventare vittime della pandemia in altri modi.

E’ il caso, tanto discusso in questi giorni, dei ristoratori che ad oggi sono coloro che pagano il prezzo più alto delle restrizioni e delle misure di contenimento messe in atto dal Governo.

Il punto è che hanno attraversato i due mesi del (primo) lockdown perdendo le materie prime fresche acquistate per la cucina, personale che è stato messo in cassa integrazione e rinvio (no annullamento) delle solite tasse e imposte da pagare.

Poi con l’avvento dell’estate hanno avuto modo timidamente di riaprire e riprendere la loro attività rispettando una serie di misure, cautele che ci vorrebbe un libro apposito per contenerle. Ricordiamo i famigerati pannelli in plexigas, la segnaletica orizzontale e verticale nelle sale, il galateo da covid19 a tavola o nel locale, ecc…

E dulcis in fundo..…la nuova restrizione che vede loro ancora una volta in affanno per portare il pane a casa perché oramai la gestione è diventata molto angusta.

Piccola osservazione: anche lo smart working ha messo in crisi la ristorazione.

Se prima la maggior parte dei locali a pranzo erano aperti per consentire la pausa pranzo ai lavoratori, ora da quando il lavoro agile è entrato in casa di tutti gli italiani, il numero dei lavoratori in sede è di conseguenza precipitato a tal punto da costringere molte tavole calde a chiudere momentaneamente (i più fortunati e positivi) o persino definitivamente.

Facciamo un bollettino delle perdite economiche per COVID19.

Alessandro Testa