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La Festa della Donna e le sue grandi conquiste nel tempo

Una celebre leggenda narra che la Festa della Donna sia stata istituita nel 1908, in memoria delle operaie morte nel rogo di una fabbrica di New York, la Cotton ma non tutti concordano su quest’origine . Esiste, infatti, anche un’altra versione che racconta che la Festa sia legata alla vicenda dell’incendio divampato, nel 1908, in una fabbrica di Chicago, occupata, nel corso di uno sciopero, da 129 operaie tessili, che morirono tutte bruciate vive, perché rinchiuse all’interno dell’edificio dal loro datore di lavoro. La Giornata Internazionale della Donna nasce però, ufficialmente, negli Stati Uniti, il 28 febbraio del 1909. Ad istituirla fu il Partito Socialista americano, che in quella data organizzò una grande manifestazione in favore del diritto delle donne al voto. Un tema già a lungo discusso negli anni precedenti. A Stoccarda infatti, già nel 1907, si era tenuto un importantissimo Congresso durante il quale venne affrontato il tema della questione femminile. Nel medesimo anno, vi fu la Conferenza internazionale delle donne socialiste, e venne istituito l’Ufficio di informazione delle donne socialiste e venne eletta come segretaria, Clara Zetkin, un’esponente socialista che visse battendosi per l’indipendenza femminile e che teorizzò la liberazione delle donne dalla sudditanza maschile quale parte fondamentale dell’emancipazione del proletariato. Negli Usa, l’anno dopo, precisamente nel 1908, la socialista Corinne Brown dichiarò, sulla rivista The Socialist Woman, che il Congresso non aveva “alcun diritto di dettare, alle donne socialiste, come e con chi lavorare per la propria liberazione” Nello stesso anno, sempre la Brown, diresse la conferenza del Partito Socialista, ribattezzata the “Women’s Day” durante la quale vennero affrontati il tema dello sfruttamento operato dai datori di lavoro ai danni delle operaie, in termini di basso salario e di orario di lavoro, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto alle donne. Alla fine dello stesso anno, il Partito Socialista decise di dedicare l’ultima domenica del febbraio del 1909 all’organizzazione di una manifestazione per il voto alle donne. La prima “giornata della donna” negli Stati uniti si svolse, quindi, il 23 febbraio 1909.

In Italia la prima “Festa della Donna” fu celebrata nel 1944 quando, a Roma, venne istituita l’UDI, l’Unione Donne Italiane. Con la fine della seconda guerra mondiale, l’8 marzo 1946 fu celebrato in tutta l’Italia e vide la prima comparsa del suo simbolo, la mimosa. Ma perché proprio questo fiore è divenuto il simbolo di questa festa? Perché le mimose fioriscono a marzo e sono fiori che riescono a crescere anche su terreni difficili. Sono molto forti, pur sembrando fragili, ed al tempo stesso, belle e gioiose. Simboleggiano, quindi, perfettamente le donne e la loro difficile lotta per l’emancipazione. La Giornata internazionale della Donna, infatti, si festeggia proprio per riflettere sulla condizione femminile, sulla sua difficile posizione nel mondo del lavoro e sulla necessità di portare avanti una battaglia che, quindi, non si è ancora conclusa, contro la discriminazione e la violenza di cui è spesso vittima. Questa festa deve essere considerata anche simbolo delle conquiste economiche, sociali e politiche fatte nel tempo dalle donne. Ma quali sono state queste conquiste che hanno fatto e che hanno, in Italia, cambiato la vita alle donne? Sicuramente la prima grande conquista è stata il diritto di voto, nel 1946, con il quale questa larga fetta del popolo italiano venne ufficialmente ammessa a partecipare alle decisioni e alle scelte che riguardavano la vita politica del nostro paese. Un’altra grande battaglia ha riguardato il mondo del lavoro; importantissima, in quanto il lavoro costituisce per ognuno la via maestra per raggiungere l’indipendenza economica. Nel 1948, la Costituzione repubblicana oltre a sancire, nell’articolo 3, il principio di uguaglianza formale e sostanziale ha esteso alle donne il diritto di accedere, in condizioni di uguaglianza, a tutti gli uffici pubblici e alle cariche elettive. Già negli anni 50 e 60 hanno cominciato a svilupparsi alcune importanti norme sulla tutela della lavoratrice madre, come il divieto di licenziamento durante la gestazione e l’astensione obbligatoria prima e dopo il parto. Solo con la legge n. 66, del 1963, ha trovato pienamente applicazione l’articolo 51 della Costituzione ammettendo la donna a tutte le cariche, professioni o impieghi pubblici. Questa fu una svolta epocale. Infatti, fino all’approvazione di questa legge, le donne non potevano svolgere alcuni lavori ed erano escluse dai pubblici uffici e da alcune professioni. (per esempio, non potevano entrare in magistratura). Ma bisognerà aspettare il 1981 per vederle nella Polizia e il 1999 perché? entrino nelle Forze armate. Solo più tardi si apriranno le porte della carriera diplomatica, ma ancora oggi le ambasciatrici sono pochissime…

L’introduzione della legge n. 66/63 ha, di fatto, rimarginato un vulnus enorme al principio di eguaglianza. Importantissima è stata anche l’introduzione delle “quote rosa”, ovvero la previsione della presenza obbligatoria di un certo numero di donne nei consigli d’amministrazione (legge 120 del 2011) Questa legge, infatti, ha, da un lato, certamente aperto alle donne i vertici di alcune carriere ma ha, dall’altro, riportato la meritocrazia e la competenza al centro dei percorsi professionali. Mancava, inoltre, il riconoscimento e la tutela della parità nell’ambito familiare, sebbene questo fosse previsto dall’articolo 29 della Costituzione, fino agli anni 70, quando, finalmente, vennero approvate leggi importantissime. In primis, la riforma in senso paritario del diritto di famiglia, con la modifica del codice civile, realizzata con la legge 151/75, che abolendo la potestà maritale ed istituti, come quello della dote, che toglievano alle donne la loro dignità di esseri umani pensanti, sancì giuridicamente l’uguaglianza dei coniugi, anche come genitori. Si eliminò la figura del capofamiglia e venne dato un valore al lavoro, quotidianamente svolto dalle donne, introducendo, per regolare i rapporti economici di coppia, il regime legale della comunione dei beni. Importantissima, anche, la legge 898 del 1970, che legalizzò il divorzio, consentendo alle donne di rifarsi una vita senza dover restare imprigionate in matrimoni sbagliati. Nel 1978 venne reso possibile anche l’aborto e vennero introdotte, con la legge 194, tutele sociali per una maternità? responsabile. Fino a quel momento, infatti, era in vigore un regime che puniva chiunque incitasse a pratiche contro la procreazione impedendo, pertanto, ai ginecologi persino di dare informazione alle donne sui mezzi anticoncezionali! Questa legge permise, invece, alle donne di esercitare un potere che spetta loro in maniera esclusiva: quello di decidere se e quando diventare mamme, autonomamente e di vivere, quindi con libertà, la scelta della maternità. La procreazione mette in campo interessi, qualche volta contrapposti, facenti capo a soggetti diversi, quello della madre, quello del padre e quello del bambino. Questi interessi però, di fatto, non si trovano sullo stesso piano, in quanto si “gioca” sul corpo della donna alla quale, proprio per questo motivo, dovrebbe spettare l’ultima parola.

Ma le donne nella nostra realtà sono anche, e troppo spesso, vittime di soprusi e violenze contro le quali, fortunatamente, lo Stato si è cominciato a muovere. Nel 2009, per esempio, lo stalking è entrato nel codice penale, con la legge n. 38. Si è trattato di una riforma importante che ha definito come reato molte forme di violenza psicologica alle quali le donne sono sottoposte da parte degli uomini.

Nel 2013, invece, con la legge n. 119 sono state introdotte misure contro la violenza di genere arricchendo il codice penale di nuove aggravanti ed ampliando le misure a tutela delle donne vittime di maltrattamenti e di violenze domestiche. Perché oggi, come ieri, le donne talvolta subiscono violenza proprio nella loro casa ed ad opera delle persone che dicono di amarle: mariti, padri, fratelli e riportano ferite inguaribili o addirittura finiscono per perdere proprio la vita ad opera di questi ultimi! Si è fatto tanto, sia a livello giuridico che sociale. Grandi sono stati i successi che la dura battaglia portata avanti dalle donne ha fatto registrare ma…molta è ancora la strada che dovrà essere percorsa per dare piena e corretta applicazione dell’art 3 della nostra Costituzione, per «rimuovere, gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza delle donne, impediscono il completo sviluppo della persona umana” e la loro” effettiva partecipazione” come lavoratrici” all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Articolo a cura di Giulia Petillo

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