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Il teatro di RezzaMastrella: la ricerca figurativa

A completamento dell’articolo, precedentemente pubblicato, dedicato al teatro di RezzaMastrella (clicca qui), si ripropone di seguito un’intervista concessami da Flavia Mastrella nel gennaio 2014.

Nelle vostre performance manca l’apparato scenografico tradizionale, ma al suo posto compare l’habitat: di che cosa si tratta di preciso, e che differenza c’è tra habitat e scenografia?

L’habitat è un intervento di arte pura, non legato alla drammaturgia, ma all’atto performativo, le cui uniche due regole sono l’improvvisazione e lo spazio articolato. In sostanza non si tratta di teatro, ma di ricerca figurativa e di comunicazione.

L’habitat sembra uno spazio antifunzionale rispetto alla storia messa in scena. Mi spiego: il personaggio si muove in un luogo che cerca di esplorare, anche di “afferrare”, ma che in effetti non gli appartiene, che non sente suo o nel quale non si sente perfettamente a suo agio….

Sì, perché l’insieme che emerge a livello metafisico parte da un meccanismo puramente realistico: la realtà di fatto ostacola la vita. Lo spazio è predeterminato: Antonio deve solo agire al suo interno e decidere ciò che vuole adoperare. Questo rispecchia una poetica: la realtà si può usare in vari modi, ma si arriva ad usarne soltanto il 5%, quello che conviene, quello che serve.

C’è infatti sempre una parte della realtà che sfugge, di cui è impossibile appropriarsi del tutto…

Sì, e quella parte è in generale nel lavoro mio e di Antonio il colore.

A proposito del colore, in “7-14-21-28” c’è una preponderanza cromatica del rosso. Qual è la funzione di questo colore?

“7-14” è uno spettacolo dalla forte maturità espressiva, che manifesta una certa potenza sia nell’habitat, che nel modo di esporre le cose. Il rosso è un colore consonante con il gioco e il fare aggressivo impersonato da Antonio, perché è il colore della passione e del sangue.

Rimanendo a “7-14”, come nasce l’ideogramma che sintetizza la progressione numerica? C’è una valenza simbolica delle linee orizzontali, verticali e oblique che lo compongono?

Ci sono ispirazioni diverse alla base dell’ideogramma. Poche sono le linee orizzontali, il resto è costituito da angoli. Fondamentalmente il tutto si riduce ad un lavoro sul triangolo. La struttura di “7-14” è fatta con il corpo, con le braccia, come se si trattasse di un tratto di china. I fili, i lacci formano dei triangoli. Le linee non sono mai troppo parallele. Uso le linee parallele soltanto per gli equilibri, per lo scarico scultoreo.

A proposito di scultura, ricordiamo il progetto al MAMbo di Bologna…

Sì, la mostra “Sculture in tasca”. Non è altro che il lavoro preparatorio per l’habitat di “Bahamuth”. Un lavoro sui giocattoli che ho trovato presso una spiaggia, consumati dal mare: giocattoli danneggiati, senza testa, senza braccia, sfigurati. Li ho messi insieme per formare un’idea, un concetto artistico.

Per concludere, ti chiedo se il lavoro con Antonio nasce sin dall’inizio come un lavoro in sinergia o si tratta un lavoro individuale con un momento di confronto finale?

Lavoriamo separatamente. Io creo l’habitat, dopodiché incontro Antonio, gli spiego le mie pulsioni, ma non tutte, perché se lui non le intuisce dalla forma, dall’oggetto che realizzo, vuol dire che l’oggetto non funziona a livello di comunicazione. Alla forma che intendo proporre ad Antonio arrivo comunque dopo un percorso di ricerca. In “Fratto_X” ad esempio ho intrapreso un lavoro preparatorio sul condizionamento esercitato in me stessa da un certo tipo di immagine, ossia quella della luce in movimento.

Massimiliano Longobardo

Per ulteriori approfondimenti sul teatro di RezzaMastrella, si consiglia la lettura de La noia incarnita. Il teatro involontario di Flavia Mastrella e Antonio Rezza, a cura di Rossella Bonito Oliva, Firenze, Barbès Editore 2012.

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Redazione StreetNews.it
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