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Il caso Lavorini di scena ieri sera alle Stufe di Nerone

Con “Il bambino con la bicicletta rossa” Giovanni Meola, regista e direttore artistico del Teatro alla Deriva, dà pieno risalto alle doti e alla bravura dell’attore Antimo Casertano.

Correva l’anno 1969. Il 31 gennaio, alle 14.30, il dodicenne viareggino Ermanno Lavorini esce di casa per non farvi più ritorno. Il suo corpicino senza vita viene ritrovato, poco più di un mese dopo, sulla spiaggia di Marina di Vecchiano. È il primo caso di rapimento-omicidio di un bambino. Si percorre a lungo la pista sbagliata, quella della pedofilia, alimentata dalle dichiarazioni, sia pure incongruenti e continuamente ritrattate, di due ragazzi, Marco Baldisseri e Rodolfo Della Latta. Le loro denunce condannano alla gogna e al linciaggio pubblico vittime innocenti, ingiustamente accusate: Adolfo Meciani, che in carcere, dopo vari tentativi inizialmente falliti, alla fine muore suicida; il sindaco socialista di Viareggio, costretto alle dimissioni, come pure il presidente dell’ente per il turismo; Giuseppe Zacconi, figlio dell’attore Ermete, morto di infarto nel 1970. La pista della pedofilia, sostenuta inizialmente dai carabinieri e rilanciata a suon battente da gran parte della stampa, non convince tuttavia il coraggioso Marco Nozza, cronista de “Il Giorno”, che, sulla base di indizi precisi, solleva il sospetto della pista politica: Marco e Rodolfo fanno parte del Fronte monarchico giovanile di Viareggio, guidato da Pietrino Vangioni. Tutti e tre avrebbero deliberatamente depistato le indagini con le loro dichiarazioni. La magistratura, dopo 8 anni di approfondite ricerche e interrogatori, arriverà a condannare in via definitiva i tre giovani per il rapimento del bambino – finalizzato ad ottenere un riscatto, utile a finanziare un’azione sovversiva di estrema destra – e per omicidio preterintenzionale. Proprio il caso Lavorini, in certo senso, precorre la cosiddetta strategia della tensione degli anni di piombo, come sottolineato dal compianto Sandro Provvisionato, che ha ricostruito in un libro tutta la vicenda.

Al caso Lavorini è liberamente ispirata la pièce teatrale “Il bambino con la bicicletta rossa” (Virus Teatrali – Compagnia Teatro Insania), di scena ieri sera, nell’ambito della rassegna “Teatro alla Deriva”, presso le Stufe di Nerone (Bacoli). Il direttore artistico della manifestazione, arrivata alla sua X edizione, Giovanni Meola, firma anche questo impegnativo lavoro, che mette a dura prova le capacità attoriali dell’interprete unico, Antimo Casertano, il quale dà magistralmente voce a 9 personaggi coinvolti nella vicenda. Tra gli altri: Adolfo, il playboy della Pineta di Ponente, luogo degli incontri pedo-sessuali, all’inizio spavaldo e sicuro di sé, poi – nel momento in cui si vede braccato da pesanti accuse che hanno fatto di lui un “mostro” agli occhi dei più – totalmente mortificato nella sua dignità; il sindaco socialista, alle prese con una situazione difficile da gestire, situazione che mina psicologicamente la sua lucidità; il comandante dei carabinieri, imperterrito nel sostenere una tesi che non regge; il giudice istruttore, che, per andare avanti dritto alla verità, compie con diligenza le sue indagini, valendosi delle “soffiate” del cronista Nozza, convinto com’è che “i fatti sono fatti”. Ben rimarcato è il dramma dei calunniati – presenti o meno che siano sulla scena – la cui innocenza impietosamente “era stata sporcata”. La pièce, in una sorta di struttura ciclica, si apre e si chiude con l’intervento di Lavorini, che oggi avrebbe poco più di 60 anni; messa da parte la sua Aquila, la bicicletta rossa – rossa come la sinistra parlamentare ed extraparlamentare, geneticamente contrapposta ai “neri”, rossa come il sangue versato dal bambino e da altri innocenti nelle future stragi che macchieranno l’Italia – con la quale era solito andare in giro in cerca dell’amicizia di ragazzi più grandi di lui, Ermanno si prepara con orgoglio alla sua prima virtuale intervista. Il versatile Antimo Casertano impersona con grande perizia i diversi personaggi – la cui alternanza è scandita dal cambio di luci di scena –, sembra a suo agio in uno spazio pur limitato, quale quello della zattera ubicata al centro del laghetto delle Terme, recita senza soluzione di continuità per 70 minuti, inchiodando lo spettatore alla sedia, snocciola versi a rima baciata (l’opera in gran parte è in versi) che fanno da contraltare alle rime del brano di sottofondo del cantastorie Franco Trincale, dedicato a suo tempo alla vicenda. Una performance davvero emozionante, un pezzo di bravura del regista Meola.

La manifestazione di quest’anno si chiude domenica prossima, 1 agosto, con “Stellaria – Celeste” di Fabio Pisano.

Massimiliano Longobardo

Le foto sono a cura di Nina Borrelli
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Massimiliano Longobardo
Massimiliano Longobardo
Giornalista pubblicista iscritto all'ODG Campania, è dottore di ricerca in filologia classica e insegnante di latino e greco, nonché atleta master di nuoto per salvamento. Settori di interesse: territorio flegreo, teatro, scuola e istruzione, nuoto e discipline acquatiche.
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