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Hybris: nessuna possibilità di redenzione

L’ultimo spettacolo di RezzaMastrella, che ha debuttato lo scorso luglio al Festival dei Due Mondi di Spoleto, è di scena al Teatro Vascello di Roma fino al 22 gennaio.

La porta è la linea di demarcazione tra due mondi: l’interno e l’esterno, il dentro e il fuori. Per quanto essi sembrino mondi incomunicabili e contrapposti, i confini sono solo apparenti. La famiglia si sente protetta all’interno della propria dimora, delimitata da una soglia a prima vista inviolabile. Eppure, anche l’interno – poco importa che lo spazio sia ampio o ristretto – è profanato da convenevoli, false convenzioni, ipocrisie, vuote formalità. Ed è soprattutto all’interno che si consumano tragedie annunciate. Sono questi alcuni motivi di fondo dello spettacolo teatrale Hybris di Flavia Mastrella e Antonio Rezza, che ha debuttato lo scorso luglio al Festival dei Due Mondi di Spoleto e che è attualmente di scena al Teatro Vascello di Roma fino al 22 gennaio. Lo spettatore che non conosce Rezza potrebbe al primo impatto rimanere spiazzato, cercando di rintracciare una logica nel nonsenso (che pure lo porterà ben presto a prorompere in una risata liberatoria). In realtà il significato profondo è tutto nella disperazione dell’individuo che non riesce a relazionarsi con l’altro, se non in modo formale e fittizio. Tonj (sic!) inizia una relazione con Chiara per provare a colmare il suo disagio esistenziale. Quando le rispettive famiglie si conoscono, il trionfo della formalità esplode in una presentazione senza fine dai ritmi vorticosi e di vaga ascendenza burchiellesca, presentazione che in realtà è solo uno dei tanti virtuosismi del performer Rezza. Tonj vuole in seguito legarsi ad Antonetta, ma in questo è osteggiato dalla madre, con la quale, nello spazio architettonico meschino di una dimora angusta, consuma rapporti incestuosi. La morbosità della madre scatenerà il dramma finale in cui nessuno potrà salvarsi, perché l’uomo – cruda verità – alla fine è solo, e in cui la censura di improperi e ingiurie blasfeme è garantita dal suono continuo di un fischietto. Tuttavia proprio nella tragedia più brutale si scatena la comicità catartica: a mo’ di vigile, Tonj, con il suo fischietto, si mette a dirigere il traffico.

Rezza, antieroe tragico, novello Prometeo al tramonto di un’epoca, nello spazio minimale ma funzionale dell’Habitat concepito dalla mente di Flavia Mastrella, con un atto di hybris, sfida i limiti imposti dalla società, nel disperato tentativo di rubare il fuoco della verità, di affermare la propria autentica essenza e comunicarla agli altri, di avere – per citare un precedente spettacolo – “vocione in capitolo”. Tentativo destinato a fallire (del tutto inutile sarà il ricorso all’analisi, quella grammaticale prima e quella logica dopo), dal momento che gli ostacoli contro i quali l’individuo sbatte sono praticamente invalicabili. La stessa vita quotidiana è insidiata da tanti atti sprezzanti di hybris (che però non sono mai percepiti come tali), come quella di chi, con fare inquisitorio, chiede: «Chi è?», quando bussano alla porta (perché non lo si chiede mai a chi è dentro?), o quella di chi interpreta, in modo distorto, la lettura del labiale attraverso i vetri delle finestre come un oltraggio verso i sordomuti. Tracotante è chi giudica, discrimina, esclude. In assenza di una via di uscita, non resta altro che il valore esorcizzante della risata, innescata dall’amara constatazione che la società è deforme e oggettivamente spregevole, se anche un suicidio aspira a diventare un gesto plateale, se le elezioni politiche propongono solo simboli e candidati inutili, se gli americani possono giustificare ogni aggressione militare. Immancabili gli strali veementi contro la religione. Neppure la nudità è una garanzia di salvezza, perché anche in quel caso il varco metal detector continuerà a suonare. Tutti questi elementi dalla carica fortemente perturbante, partoriti da due menti geniali, fanno di Rezza – che, affiancato per la prima volta da un numero corposo di interpreti tra cui l’inseparabile Ivan Bellavista, si sforza di comunicare, urla, intona note (in un mondo capovolto la Primavera di Vivaldi diventa di Donizetti), sbatte incessantemente la porta (che porta con sé), si muove per 90 minuti, con un’energia inesauribile nell’Habitat – e della Mastrella – che quell’Habitat l’ha plasmato in consonanza con la performance di Rezza – due dei più originali esegeti del nostro tempo.

Massimiliano Longobardo

Foto di Flavia Mastrella

Hybris (2022)

di Flavia Mastrella, Antonio Rezza

con Antonio Rezza
e con Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara Perrini, Enzo Di Norscia, Antonella Rizzo, Daniele Cavaioli
e con la partecipazione straordinaria di Maria Grazia Sughi
(mai) scritto da Antonio Rezza
habitat: Flavia Mastrella
assistente alla creazione: Massimo Camilli
luci e tecnica: Daria Grispino
macchinista: Andrea Zanarini
organizzazione generale: Marta Gagliardi, Stefania Saltarelli
produzione: RezzaMastrella, La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, Teatro di Sardegna
coproduzione Spoleto, Festival dei Due Mondi
ufficio stampa: Chiara Crupi – Artinconnessione.

DAL 20 DICEMBRE 2022 AL 22 GENNAIO 2023

dal martedì al venerdì h 21 – sabato h 19 – domenica h 17

Teatro Vascello – Roma

https://www.teatrovascello.it/2022/06/10/hybris/

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Redazione StreetNews.it
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