Gaia e Camilla travolte ed uccise in Corso Francia,

ROMA. Era il 22 dicembre del 2019 quando le 16enni Gaia Romagnoli e Camilla Von Freymann furono travolte ed uccise da un Suv in Corso Francia, a Roma. Alla guida del fuoristrada c’era Pietro Genovese, figlio del regista Paolo, che al momento dell’impatto (00:27) aveva selezionato quattro immagini ed un video sul suo cellulare, per poi inviarle a quattro destinatari. Una distrazione fatale, perdurata 19 secondi, a causa della quale il giovane deve rispondere di “duplice omicidio aggravato dalla velocità eccessiva e dalla guida con tasso alcolemico superiore di quasi tre volte a quello consentito dalla legge”, oltre alla violazione dell’articolo 173 del codice della strada vietante l’utilizzo del cellulare alla guida ed all’omissione di soccorso. 

All’udienza, tenutasi presso il Tribunale pena di Roma nella mattinata di lunedì 13 luglio, erano presenti gli avvocati delle parti, le famiglie delle ragazze e le associazioni costituitesi parti civili, tra cui l’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada Onlus, presieduta da Alberto Pallotti. Il giudice ha rifiutato l’iter di un abbreviato condizionato (che prevede l’integrazione di un ulteriore testimone), a favore di un abbreviato ordinario. Il prossimo 28 settembre è prevista la requisitoria del PM, il 16 ottobre verranno ascoltate le parti civili ed il primo avvocato difensore, il 23 ottobre il secondo difensore, il 30 ottobre sono in programma repliche e camera di consiglio del giudice.  

Soddisfatto l’avvocato dell’A.I.F.V.S. OnlusWalter Rapattoni, che ha commentato: “Non era facile ottenere questo risultato. Il giudice, a inizio processo, ha voluto ascoltare il PM che ha posto l’accento sulla proliferazione incontrollata di parti civili e, nell’ammettere come parte civile l’associazione, ha preso in considerazione l’indice di produzioni allegato e l’operato storico associativo. Non a caso il presidente A.I.F.V.S., Alberto Pallotti, è stato ringraziato dal Parlamento e definito dalla stampa ‘padre della legge per l’omicidio stradale’. Cerchiamo di tenere alta l’attenzione al fine di evitare pene blande, vigilando sul rispetto delle regole e sulla sicurezza da garantire agli utenti della strada. Vogliamo contribuire tangibilmente al raggiungimento della verità, saremo puntualissimi in occasione delle prossime udienze”. 

“E’ l’ennesima prova che la nostra associazione è portatrice di interessi generali diffusi e conosciuti anche dal nostro ordinamento giuridico – ha affermato Alberto Pallotti -. Non possiamo che esprimere la nostra soddisfazione per il traguardo raggiunto. Si tratta di un processo molto serio per l’uccisione di due ragazze innocenti, nel fiore dei loro anni, e merita un’attenzione scrupolosa, come previsto dalla nostra legge. Sono state stabilite delle scadenze specifiche. Ricordiamo che i crimini stradali sono rimasti, fino ad oggi, sostanzialmente impuniti. Con la nuova legge sull’omicidio stradale, possiamo finalmente confidare nella giustizia, facendo leva su un senso di fiducia che, negli anni scorsi, abbiamo perso sia come vittime che come cittadini. I giudici possono emettere sentenze più giuste, puntuali e condivise dalle famiglie coinvolte. Non è una questione di vendetta: non desideriamo che i colpevoli marciscano in carcere, bensì che si prendano le loro responsabilità, senza fuggire, senza cercare escamotage, senza cercare scuse. Devono presentarsi al popolo italiano per i fatti gravi che hanno commesso. Chiediamo a Pietro Genovese di presentarsi al processo che lo vede imputato, di rispondere delle sue azioni e di proporre eventuali discorsi difensivi o giustificativi dei suoi crimini. Lo faccia per rispetto nei confronti della legge italiana – conclude -, lo faccia per il rispetto delle vite che ha spezzato”. 

Alessandro testa