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Dalla depressione all’approdo ufficiale nel mondo del rap. La filosofia di Relativo

Relativo, pseudonimo di Salvatore Gamardella, nasce a Napoli il 12 Luglio del 2000. Cantautore, rapper, poeta e scrittore, si diploma al Liceo Scientifico partenopeo Vittorio Emanuele II e prosegue la sua formazione nella Capitale, all’Università Roma 3, presso il Dipartimento di “Lettere e Filosofia”.

Sul fronte musicale, approda nei digital stores nel 2019, anno della sua prima release, “Ti insegno a volare”. Nel 2020, è il turno di “Impossibile” e del debut album “Instabile”, un progetto raffinato ed intimista, composto da 8 tracce, che mette in evidenza le poliedriche doti artistiche di Relativo, in particolare, una maturità autorale di non facile riscontro tra i suoi coetanei, un flow diretto ed incisivo ed un’impronta stilistica personalissima, facilmente riconoscibile.

A soli 20 anni, Relativo, è già considerato uno dei maggiori esponenti del nuovo conscious rap italiano, un mix esplosivo, ma al tempo stesso ricercato e profondo, di flow, testi, metrica e capacità comunicativa.

Ciao Relativo, cosa ti ha spinto a scrivere e cantare “Promessa”?
Sebbene io abbia scritto il testo della canzone in un tempo relativamente molto breve (circa un’oretta), le mie intenzioni, mentre scrivevo, erano chiare: volevo parlare della depressione in un modo che non fosse né troppo pesante né troppo tragico.

Nel tuo testo parli di depressione: riguarda qualche esperienza del tuo passato? 
Si, se devo essere sincero…riguarda anche il presente.

Per te la musica è una valvola di sfogo per trasmettere messaggi ai tuoi coetanei?
Sì, assolutamente. Rifletto tutto su me stesso per trovare delle chiavi di lettura ai problemi comuni, per aprire più porte possibili a più persone possibili.


Il tuo è uno stile di rap lento e ciò consente a chi ti ascolta di afferrare meglio il concetto. E’ questo l’intento o c’è dell’altro?

In questa canzone ho puntato su questo stile, soprattutto per sottolineare e trasmettere la monotonia e la desolazione tipiche della depressione. Per lo stesso motivo, ho optato per un unico flow nelle strofe.

Quanto conta ad oggi l’autotune per i rapper?
Dopo l’avvento della trap, conta sempre di più. Ormai anche se ti rechi in uno studio e chiedi di non mettercelo, te lo mettono comunque.

Qual è la canzone, tra quelle composte e cantate fino ad oggi, che ti rappresenta maggiormente e ti ha dato più soddisfazioni?
Sono tre: “La mia relatività”, “Dimmelo” e, guarda caso, “Promessa”.
“La mia relatività” è stato il mio primo testo rap, nato come uno sfogo, senza beat, o meglio, con un beat che sentivo risuonare nella mia testa. Abbastanza simile il discorso per “Dimmelo”, che ben sintetizza il mio romanticismo adolescenziale. “Promessa”, infine, è quella che sta rendendo meglio in assoluto, perfino più di “Impossibile” e della stessa “Dimmelo”, che fino a poco tempo fa erano le mie canzoni di maggior successo.

Come mai la scelta di questo nome d’arte?
L’unica cosa in cui credo è il potere benefico del dubbio: più dubbi hai, più sarai desideroso di conoscere, di imparare e soprattutto di ascoltare chi la pensa diversamente da te, senza la presunzione di credere di aver ragione a prescindere. Tutto è RELATIVO, compreso ciò che hai sempre dato per scontato.

Affermi che musicalmente sei indipendente. Ma c’è qualche artista che hai avuto come riferimento nella tua crescita musicale?
Fare un elenco sarebbe impossibile, ma dovendone citare qualcuno, andiamo su artisti pop di fama mondiale, quali Ed Sheeran e Justin Bieber e su alcuni dei rapper italiani che hanno segnato, più di tutti, la mia adolescenza, quali Izi, Lowlow e Tedua.

Alessandro Testa

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Redazione StreetNews.it
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