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CAFIERO: IL NUOVO BLUES PARLA ITALIANO

Già dall’aspetto, si intuisce la musica che faccia; ma Salvatore, in arte Cafiero, vanta un’invidiabile esperienza in diversi generi e soprattutto nei live. Ha lavorato con Grignani, Dolcenera, Ramazzotti e tanti altri. Intraprende la carriera da solista nel 2011, dopo l’esperienza nei Super Reverb. Tanta esperienza, dicevamo, soprattutto all’estero. Chitarrista affermato, cantautore per scoperta, intraprende il tour con Raf e Umberto Tozzi, che però si blocca con l’arrivo della pandemia. Fin da bambino ascoltava Chuck Berry, Elvis e ama Jimi Hendrix. Con i Logo, una band salentina come lui, ha vinto il Jack Daniel’s live Tour in Tennessee, poi quando ha pubblicato i suoi lavori da solista, citiamo a caso Suck my blues del 2014, ha fatto scoprire il suo carattere innovativo combinando ritmi blues e sonorità elettroniche che quasi quasi fanno pensare ad un rock molto più spinto. Nel 2017 esce l’album Cafiero, per certi versi una reinterpretazione del glam degli anni ‘70; l’anno dopo è la volta di Rebirth, poi nel 2020 il singolo Ti guardo ancora un po’ anticipa il lancio di Cafiero Music Pen Drive.

Il rock è molto restìo all’elettronica, tu intanto combini le due cose con successo. Da che parte stai?

Sto dalla parte della musica che per natura è libera. Le fusioni tra generi e suoni sono sempre interessanti e mi piace creare matrimoni atipici come tra il blues più sanguigno e l’elettronica che può sembrare più fredda, ma il bello è quello, così come è bello essere liberi dai limiti nei generi. Se proprio devo fare delle distinzioni, personalmente le faccio solo tra la musica fatta bene e quella fatta male. 

Quanto vale per un cantautore maturare esperienze con artisti internazionali e per di più in molti casi distanti dal genere che fai tu?

Sono esperienze fondamentali per poter crescere ed imparare cose nuove; diffido da chi si dice pronto subito o da chi viene etichettato già maturo musicalmente a 20 anni. Piuttosto vedo una costruzione. Io il cosiddetto “mercato” musicale non l’ho mai considerato, per me la musica è una forma d’arte che si coltiva nel tempo, che non può non avere una sua evoluzione attraverso le esperienze e soprattutto attraverso la conoscenza nel tempo di se stessi.

Per quanto riguarda Blues e Rock, quali sono le tue impressioni in relazione allo scenario musicale attuale? C’è davvero il diktat commerciale oppure è una scelta artistica “di comodo”?

Il Blues è un genere che si basa sulla personalità e a livello mondiale è sempre rimasto libero da brand commerciali. Vorrei dirlo anche per il rock, ma a prescindere dal fatto che in Italia è ormai scomparso da tempo, quel poco che c’è mi pare molto preconfezionato a causa della difficoltà a farsi strada in un meccanismo condizionato dalle radio che passano sempre la stessa musica e da case discografiche incompetenti che hanno come unica risorsa i talent delle televisioni, creando quindi dei prodotti a breve scadenza e non progetti che possano influire sulla storia della musica italiana, indipendentemente dal genere, pop o rock che sia. 

Cosa succederà dopo questo periodo di sosta obbligata?

Io credo che se davvero questa pandemia finirà grazie ai vaccini e alle cure, ci sarà un boom musicale fatto anche di tantissimi live. L’umanità ha bisogno di musica dal vivo, di concerti in cui ritornare a gioire e sicuramente anche chi oramai aveva perso quella voglia ritornerà ad apprezzare tutto ciò che oggi, di fatto, non c’è. 

di Clemente Scafuro

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Redazione StreetNews.it
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