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Antonio Rezza dà i numeri al Teatro Elfo Puccini di Milano

Ultime repliche del dissacratorio “7-14-21-28” stasera e domani pomeriggio.

«Così a l’egro fanciul porgiamo aspersi / di soavi licor gli orli del vaso: / succhi amari ingannato intanto ei beve, / e da l’inganno suo vita riceve» (Gerusalemme Liberata, canto I, vv. 21-24). Per indurre un bambino malato ad assumere la medicina amara che può guarirlo, si ricorre ad uno stratagemma: lo si inganna cospargendo l’orlo del suo bicchiere con del miele. Un’immagine eloquente che il genio poetico del Tasso ha tradotto in versi nelle battute iniziali della Gerusalemme Liberata. Ci si può chiedere ora se anche una pièce teatrale, quella di RezzaMastrella dal titolo “7-14-21-28”, di scena al Teatro Elfo Puccini di Milano dal 17 al 22 maggio, dietro l’esplosiva comicità che cattura il pubblico, non contenga il senso profondo di un’amara verità, ossia quel “male di vivere” di cui è vittima l’uomo contemporaneo. Verità dura e cruda, che emerge soprattutto nel confronto con gli altri, e che è tanto più drammatica se non offre possibili vie di uscita: in essa si potrebbe forse intravedere il sottile fil rouge che collega i più disparati frammenti di realtà e i diversi personaggi messi in scena: personaggi che, pur senza agire entro una coerente struttura narrativa, si impongono con la forza dei movimenti e della parola. Il meccanismo sotteso alla performance teatrale è un preciso gioco numerico. E il gioco numerico parte dalla “storia” di una donna matura, giunta al sesto matrimonio, dopo che tutti i suoi precedenti mariti sono morti. La plurivedova tenta di ricostruire l’intricata rete dei suoi legami di parentela e di amicizia, giocando ad una sorta di “campana”, per cui, saltellando in punti precisi del palco, rievoca amiche, mariti, figli legittimi e non, identificandoli con un valore numerico (corrispondente di fatto all’età di ciascuno di essi). Il precario, dopo una faticosa giornata passata in fabbrica, dove, di fronte al rumore assordante delle macchine, per farsi capire è necessario urlare, torna a casa e – poiché tutti vogliono avere «vocione in capitolo» – è costretto a subire i vocioni della moglie e del figlio: quest’ultimo, chiedendo al genitore se gli ha portato un presente (nella fattispecie del cioccolato), suscita il forte risentimento dell’onesto lavoratore, che arriva al punto di inveire con una bestemmia, «unico neo di uno spettacolo che strizza l’occhio ai sacramenti». Affermazione chiaramente ironica, dal momento che, come la politica, la religione viene ripetutamente stravolta e parodiata persino nella più comune ritualità sacra: l’esortazione a levare in alto i cuori al Signore, ad esempio, si trasforma in un esercizio ginnico, mentre due personaggi, Gigino e Gigetto, dopo ambigue schermaglie amorose, si cimentano nella rappresentazione di una improbabile Pietà del Mantegna (proponendo peraltro sia la versione originale, semi-statica, che quella falsa, dinamica). Ma c’è spazio praticamente per tutto e il contrario di tutto: dal matrimonio di Luciano e Luciana (che non riescono a trovare una posizione confortevole durante la celebrazione del rito solenne) agli incredibili progressi dello spray nasale; dal teatro giapponese al ministro della ricerca che va appunto alla disperata ricerca di un misterioso straccetto; dai candidati delle competizioni elettorali ad Otello che torna superstite dalla crociata, ma è accolto dalla fredda indifferenza di Desdemona, impegnata a svincolarsi dai fili dell’habitat allestito da Flavia Mastrella. E infine suoni o frasi ossessivamente ripetute a mo’ di mantra (come ad esempio «è bona l’acqua?»), che producono un effetto ipnotizzante. Rezza, affiancato dall’infaticabile Ivan Bellavista, è in grado di sprigionare un’inesauribile energia creativa e fisica: riesce a dare forma e sostanza a personaggi che cercano di conquistarsi disperatamente il proprio spazio sulla scena – e metaforicamente il proprio posto nel mondo –, utilizzando al meglio tutti gli strumenti messi a disposizione dall’habitat (tra gli altri altalene, lacci, una pedana mobile). Il pubblico, con il quale il performer interagisce anche estemporaneamente, spiazzato dall’indiavolata successione di scene prive di consequenzialità logica, non può far altro che capitolare ridendo. Ultime repliche dello spettacolo stasera alle 20.30 e domani pomeriggio alle 16.

Massimiliano Longobardo

7-14-21-28

di Flavia Mastrella Antonio Rezza, con Antonio Rezza e con Ivan Bellavista, (mai) scritto da Antonio Rezza, un Habitat di Flavia Mastrella; assistente alla creazione: Massimo Camilli; luci e tecnica: Daria Grispino; organizzazione generale: Marta Gagliardi, Stefania Saltarelli; macchinista: Andrea Zanarini; produzione: RezzaMastrella – La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello.

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Redazione StreetNews.it
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