sabato, Aprile 20, 2024
No menu items!
HomeRedazione StreetNewsComunicati Stampa150 Milioni di Euro per il Real Albergo dei Poveri di Napoli...

150 Milioni di Euro per il Real Albergo dei Poveri di Napoli dal Recovery Plan

Il Real Albergo dei Poveri di Napoli entra nel Recovery Plan. La storia borbonica del primo palazzo del welfare europeo | BonCulture

Il #RealAlbergodeiPoveri di #Napoli è rientrato nel #RecoveryPlan, e sarà interessato da importanti lavori di ristrutturazione che lo riporteranno al suo originario splendore e avrà finalmente funzioni museali, culturali, sociali, istituzionali e di formazione professionale.

Il ministro per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna ha confermato l’accordo raggiunto con il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini per inserire il recupero di una delle più grandi e famose opere monumentali del Mezzogiorno, il Real Albergo dei Poveri di Napoli, tra gli interventi direttamente finanziati nella componente Turismo e Cultura del Pnrr.

La notizia è stata resa nota nel corso dell’audizione in Conferenza Unificata. Per il restauro e la restituzione alla città dell’edificio settecentesco saranno investiti circa 150 milioni di euro. “Rendere visitabile e viva questa meraviglia – ha detto Carfagna – è un atto doveroso verso la città e la sua storia , ma anche una scelta strategica per lo sviluppo culturale e turistico di Napoli“.“

La sua costruzione, voluta da Carlo III di Borbone, cominciò nel 1751 su progetto dell’architetto fiorentino Ferdinando Fuga. Nonostante le sue dimensioni, con oltre 100’000 metri quadri di spazi utilizzabili che lo rendono una delle più grandi costruzioni settecentesche d’Europa, l’opera rimase incompiuta e quello che si vede è solo una parte di quello che era stato pianificato.
Infatti, appena arrivato in città, il re volle cominciare a rammodernare con una serie di opere pubbliche il tessuto urbano, che, ormai da un secolo, era sconfinato fuori le mura. Tra questi interventi, il progetto più grandioso era appunto quello del Real Albergo dei Poveri che, nelle idee del sovrano, avrebbe dovuto ospitare i poveri, i diseredati, gli sbandati e gli immigrati di tutto il regno, per un totale di almeno 8000 persone.
Il progetto prevedeva una facciata principale di 600 metri (alla fine ne vennero realizzati 354) e quelle laterali di 135, con all’interno cinque cortili (che poi furono solo tre) tra i quali quello di mezzo doveva contenere una chiesa. Inoltre, la zona destinata all’edificazione era situata nel quarti eredi borgo Loreto, ma, vista la natura del terreno poco adatta ad ospitare una costruzione del genere e dell’aria poco salubre, si decise di cominciare a costruire il palazzo nella sua attuale collocazione. I lavori procedevano a singhiozzo e si alternavano periodi di frenetica attività ad altri di inoperosità per mancanza di fondi.
L’achitetto Ferdinando fuga venne coadiuvato nel suo lavoro da Giuseppe Galbiani (sostituito dal figlio Ferdinando nel 1778) fino al 1781 quando, a causa del a morte dell’architetto fiorentino, la direzione venne affidata per un breve periodo a Mario Gioffredo e, successivamente, a Carlo Vanvitelli. Quest’ultimo, essendo impegnato anche nel cantiere di Palazzo Reale, delegò un suo fidato collaboratore, Francesco Maresca, di occuparsi dell’Albergo dei Poveri. Quest’ultimo, vista la mancanza di fondi, ridimensionò l’originale progetto del Fuga e, nel 1803, i lavori vennero sospesi, anche se la struttura cominciava ad espletare le proprie funzioni.
Inizialmente, la struttura ospitava, divisi in categorie, donne, uomini, ragazze e ragazzi, ai quali venivano offerti, oltre che vitto e alloggio, un’istruzione e la possibilità di imparare un mestiere. Vista la mancanza di risorse, molti degli uomini presenti nell’Albergo vennero assunti come muratori per completarne la costruzioni, mentre a molte donne vennero regalate le fedi nuziali affinchè potessero trovare marito e lasciare velocemente il palazzo. I lavori ripresero nel 1819 grazie ad una donazione di re Ferdinando I, per essere definitivamente interrotti nel 1829, lasciando incompiuta la chiesa e la facciata principale che presenta numerose file di finestre e, nella parte centrale, una scalinata a doppia rampa anticipa i tre archi d’ingresso; i due laterali presentano un fregio con le iscrizioni “Regium Totius Regni” e “Pauperum Hospitium”, mentre nel frontone del timpano centrale è posto un orologio. All’interno, altre iscrizioni identificano le due porte del vestibolo, un tempo adibite ad ingresso per le donne e per gli uomini: su di esse era scritto rispettivamente “Pro Feminis et Puellis” e “Pro Viris et Pueris”. Questa divisione permetteva di raggiungere le sale in cui si svolgevano le varie attività: i maschi si dedicavano allo studio della grammatica, della matematica, della musica, del disegno o all’apprendimento di mestieri manuali come il sarto, lo stampatore, il calzolaio, il tessitore e il meccanico; le donne, oltre che allo studio, venivano formate nel campo della tessitura e della sartoria sartoria.
In seguito, nel 1838, alle varie scuole, tra cui anche una per sordomuti, si aggiunse un istituto di correzione minorile che fede guadagnare alla struttura anche il nome di Reclusorio.
Purtroppo, col passare degli anni, le cose non andarono secondo le previsioni. Nel 1857, la struttura ospitava più di 5000 persone, ma a causa della diminuzione di fondi, le condizioni di vita al suo interno peggioravano sempre di più. Chi vi lavorava non riusciva più a far rispettare le regole e gli “ospiti” cominciarono ad abbandonarsi, quando andava bene, all’ozio, mentre molti altri si dedicavano a piccoli furti e alla prostituzione. Con il passare del tempo la situazione continuò a peggiorare, finche il 21 agosto del 1866 venne organizzata una rivolta che costrinse le autorità ad istituire una commissione d’inchiesta che accertasse le responsabilità dell’accaduto.
Nel 1981, in seguito ai danni subiti durante il terremoto dell’anno precedente, l’ala destra dell’edificio crollò. In seguito numerosi progetti ne tentano il recupero, soprattutto a partire dal 1995, cioè da quando l’Unesco lo ha inserito tra le opere appartenenti al Patrimonio Mondiale.

Quella che dall’esterno può sembrare una reggia, in realtà è un immenso edificio studiato da re Carlo di Borbone nel 1749 per andare incontro a tutti i poveri del Regno e poterli accogliere. Il progetto originale era pensato per coprire una superficie di circa 100.000 metri quadri. Nel corso della sua storia, comunque, l’Albergo dei Poveri è stato anche un carcere (da qui il nome “Serraglio”, coniato dal popolo), una scuola di musica e una per sordomuti. Più recentemente era stato trasformato in un centro di rieducazione per minorenni e un Tribunale per minori.

Finalmente a Napoli grazie ai Fondi del Recovery Plan questo palazzo meraviglioso riprenderà a vivere e diventerà finalmente un punto attrattivo e di riferimento Culturale e Sociale per i cittadini e per tutti i visitatori.

(Articolo a cura di Antonella De Novellis)

image_printStampa Articolo
Rosalba Lisbo Parrella
Rosalba Lisbo Parrella
Giornalista per caso, economista per professione, scrittrice per hobby…. Connubio perfetto per una realtà in progresso… Ebbene mi chiamo Rosalba Lisbo Parrella, laureata in amministrazione e legislazione d’ impresa, professoressa di scuole secondaria di secondo grado, commercialista. Impegnata nel sociale e non solo… e affascinata dalla politica.
RELATED ARTICLES

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

- Advertisment -

articoli popolari

commenti recenti

- Advertisement -